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Verso le Europee – Brutta aria per i partiti europeisti

La classe dominante è sempre più nervosa per gli esiti delle elezioni del 26 maggio. Secondo Susi Dennison, direttrice del programma European Council on Foreign Relations (Ecfr): “Le elezioni europee di maggio rischiano di essere un punto di svolta per l’Unione europea (…). C’è il rischio di una potenziale paralisi. Se le forze anti-europee raggrupperanno un terzo dei seggi (235 parlamentari su 705 posti) avranno una minoranza di blocco. Significa che non potranno bloccare tutto, ma potranno bloccare decisioni su alcuni dossier importanti per i cittadini. Potrebbero anche avere la forza di eleggere commissari europei anti-europeisti.” (La Stampa, 9 marzo 2019).

Lor signori sono preoccupati di non avere più un’ampia maggioranza filoeuropeista, come quella su cui hanno potuto contare in tutti questi anni per imporre tagli draconiani e feroci politiche di austerità. Questo produrrebbe un’inevitabile processo di disgregazione dell’Ue, le cui conseguenze sono imprevedibili, in quanto Usa e Cina si inserirebbero come avvoltoi in questa crisi dell’Ue per aprire nuove alleanze politico-economiche nel vecchio continente.

 

Alleanze a destra?

Nella misura in cui popolari, liberali e socialisti europei non sono più in grado di garantire una maggioranza stabile nel parlamento europeo, si è aperta la discussione sulle possibili alternative. Berlusconi ha proposto al Partito popolare europeo (Ppe) di allearsi con i sovranisti di destra (Ecr, Enf ed Efdd che Salvini sta tentando di unificare) abbandonando le alleanze storiche con i socialdemocratici e i liberali.

Ammesso e non concesso che la Cdu tedesca, sia aperta ad un’ipotesi del genere, dubitiamo seriamente che il tentativo del Cavaliere di “ammaestrare” i sovranisti di destra, alleandosi con essi, possa avere un qualche risultato tangibile. Quello che può accadere al contrario è che si facciano strada posizioni nazionaliste e di estrema destra anche all’interno del Ppe.

Si guardi a Casado (nuovo segretario del Pp spagnolo), che rappresenta un ulteriore spostamento a destra rispetto a Rajoy ed Aznar e che punta a riconquistare la Moncloa attraverso un’alleanza come quella che ha fatto in Andalusia, con Ciudadanos e l’appoggio esterno dei fascisti di Vox. Anche in Francia i gaullisti del Rpr stanno abbandonando la storica discriminante nei confronti del Front National (ora rinominato Rassemblement National). Senza contare poi che i popolari hanno nelle loro file esponenti ultranazionalisti, come l’ungherese Orban che ha confermato di voler continuare a stare nel Ppe e l’austriaco Kurz, che nel 2017 ha rotto l’alleanza con i socialdemocratici e ha formato un governo con gli ultra-nazionalisti della Fpo.

Salvini, che potrebbe entrare a Strasburgo con un drappello di 28 parlamentari (secondo gruppo nazionale nel futuro parlamento europeo dopo la Cdu di Angela Merkel) sa fin troppo bene che l’unico modo per continuare a governare l’Italia, senza perdere consensi in modo rovinoso è “ammorbidendo” i parametri europei, ma da un punto di vista capitalista, questo significa aprire uno scontro senza precedenti con la Germania e la Francia.

 

Lo spauracchio dell’“Internazionale sovranista”

Salvini conta di trovare un appoggio in formazioni come il Front National (Fn) e Alternative für Deutschland (Afd), ma la realtà è che finchè si tratta di prosperare sugli istinti più bassi, sul rancore e le paure, offrendo alle masse un capro espiatorio, può trovarsi d’accordo con Marine Le Pen e Alice Weidel. Ma quando si tratta di sostenere gli interessi dell’Italia in sede europea le cose cambiano completamente.

I nazionalismi sono appunto nazionalismi e per loro natura sono incapaci di trasformarsi in una corrente politica internazionale.

Proprio i partiti di destra in Europa sono stati i più intransigenti contro il governo gialloverde quando si trattava sui conti pubblici o sulla questione dell’immigrazione.

La realtà è che l’Internazionale sovranista non è mai esistita, né mai esisterà. Finirà con l’essere una semplice invenzione giornalistica.

La Brexit aggiunge problemi ai problemi. Al Consiglio Europeo del 10 aprile Teresa May ha chiesto una nuova proroga e l’ha ottenuta fino al 31 ottobre. Questo significa che senza il varo della Brexit, la macchina elettorale andrebbe avanti anche in Gran Bretagna. Solo che bisogna gestire la questione dei seggi inglesi in parte tagliati e in parte attribuiti ad altri. Come fare? La situazione rischia di finire nel caos.

Per giunta mantenere i deputati inglesi nel parlamento europeo, anche se per poco, non rafforza certo il blocco europeista. Né la presenza dei laburisti di Corbyn nel Pse può essere visto con piacere dagli eurocrati di Bruxelles, visto lo spostamento a sinistra che Corbyn sta imprimendo alla politica del Labour.

I problemi come è noto non vengono solo da destra, in quanto le posizioni sovraniste si rafforzano anche a sinistra. A fronte di un Partito della sinistra europea che con Tsipras si mantiene fedele alle istanze europee, c’è il gruppo di Lisbona guidato da Jean Luc Melenchon (France Insoumise) che conta sull’appoggio di Podemos e del Bloco de Esquerda portoghese, che seppure in modo confuso cerca di sviluppare una rottura da sinistra con l’Ue. Queste posizioni sono destinate a rafforzarsi anche all’interno del Gue.

Le previsioni elettorali (vedi riquadro) dicono che i due principali gruppi (Ppe e Pse) che sono stati i perni delle politiche europee di questi anni possono perdere oltre 90 deputati e che per mantenere una maggioranza dovrebbero allearsi non solo con i liberali dell’Alde, che si rafforzeranno grazie all’adesione del partito di Macron, ma potrebbero aver bisogno anche dei Verdi. Non sarà facile tenere assieme quattro gruppi parlamentari con caratteristiche così diverse, soprattutto se si considera che il principale gruppo su cui si appoggia la maggioranza, il Ppe, vede al suo interno una crescita delle posizioni nazionaliste ed antieuropee.

Detto in una frase, per la borghesia tira brutta aria a Bruxelles. A differenza di chi sparge lacrime, consideriamo positiva la crisi del blocco tra la borghesia europeista e i riformisti di destra che da decenni hanno gestito gli interessi del capitale in Europa, compito del movimento operaio è di trarne vantaggio per riaffermare i propri interessi indipendenti, senza accodarsi né ai liberali di centrosinistra né dalla destra reazionaria.

15 aprile 2019

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