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Venezuela: Come sconfiggere il colpo di Stato imperialista?

Ancora una volta l’opposizione in Venezuela tenta la strada del colpo di Stato per scrivere definitivamente la parola fine sulla rivoluzione venezuelana. Il 23 gennaio il leader della Mesa de Unidad Democratica Juan Guaidò si è autoproclamato presidente della Repubblica al posto di Nicolas Maduro.

Il nuovo presidente è stato immediatamente riconosciuto dall’Amministrazione degli Stati Uniti con una dichiarazione così rapida da sembrare pronta da settimane. Non sono tardati ad arrivare il sostegno del presidente del Brasile, il reazionario Jair Bolsonaro e del presidente dell’Organizzazione degli stati americani (Osa), aspirante “ministro delle colonie statunitensi”, che però non ha ottenuto la maggioranza nella stessa Osa, dove il sostegno a Guaidò ha raccolto 16 Paesi su 35.
Nei giorni scorsi il presidente golpista ha incassato anche il sostegno dell’Unione europea e del parlamento europeo che ha approvato una mozione con il sostegno dei gruppi popolare, socialista e liberale. Un sostegno guidato dal socialista spagnolo Pedro Sanchez che, sulle orme del suo padrino politico Felipe Gonzales, attacca la rivoluzione bolivariana ma considera la Monarchia spagnola amica del franchismo come un paladino della democrazia.

Anche in Italia non sono mancate le voci di sostegno bipartisan all’opposizione “democratica” che, così come accadde per il golpe del 2002 contro Chavez, è stata sostenuta dal Pd (allora Ds) e dal centrodestra. Ma se la destra e il Pd sono da sempre dalla parte dell’oligarchia e dell’imperialismo è un grave errore che la Cgil nel suo congresso nazionale esprima una posizione di sostanziale equidistanza tra rivoluzione e la controrivoluzione in Venezuela.
Mettere sullo stesso piano il fronte guidato da Maduro e l’opposizione non tiene conto del carattere reazionario di quest’ultima. Non solo per il golpe del 2002 in cui l’oligarchia mise a capo del suo governo temporaneo il presidente della locale Confindustria, abolendo parlamento e costituzione. Anche nel recente passato l’opposizione di Guaidò si è macchiata di gravi crimini assassinando dirigenti contadini in lotta contro il latifondo, candidati chavisti alle elezioni della Costituente e provando ad impedire con violenze ed omicidi la libera partecipazione a quelle elezioni.
Se non è una garanzia sul piano democratico il programma di Guaidò non lo è nemmeno sul piano sociale. È l’ennesimo programma di privatizzazioni e licenziamenti di massa nel pubblico impiego ma soprattutto vuole svendere il paese, e in particolare il settore petrolifero, alle multinazionali facendo tornare indietro il Venezuela di 20 anni. La speranza di qualche aiuto umanitario in cambio di una nuova epoca di vassallaggio e spoliazione delle ricchezze da parte dell’imperialismo, in particolare quello americano, completa questo progetto reazionario.
Il sostegno relativo di cui gode Guaidò è dovuto fondamentalmente alla grave crisi economica nella quale è sprofondato il paese. Un paese nel quale il pil ha segnato un -15% nel 2018, in cui le esportazioni sono crollate da 97 miliardi di dollari del 2012 a 31 miliardi nel 2017 e dove l’inflazione nel 2018 è stata 1.370.000 % nel 2018, mentresi prevede che arrivi a 10.000.000% nel 2019! La stessa produzione del petrolio è crollata arrivando al punto più basso dal 1990.

Visto l’insuccesso della manifestazioni dell’opposizione di questi giorni che hanno raccolto numeri risicati e che non sono andate significativamente oltre i quartieri di classe media l’imperialismo prova a giocare l’arma delle sanzioni per dare la spallata finale a Maduro. Il 26 gennaio gli Stati Uniti hanno annunciato sanzioni contro Pdvsa , sequestrando i beni della compagnia petrolifera per una cifra di 7 miliardi di dollari. Queste sanzioni rappresentano un ulteriore, durissimo colpo all’economia venezuelana.
Gli Usa sono il principale acquirente di petrolio venezuelano e fonte di utili in valuta, dato che le esportazoni verso Russia e Cina servono a ripagare i debiti contratti dal Venezuela (25 miliardi di dollari con la Russia e 50 miliardi con la Cina). Cina e Russia in realtà tengono in pugno il governo venezuelano, non investono nel paese per una qualche forma di “solidarietà anti imperialista”.

Come in tutti i tentativi di assedio oltre a prendere il popolo venezuelano per fame l’imperialismo sta provando a fare pressioni sui vertici dell’esercito bolivariano minacciando un intervento sul piano militare. Non è casuale che John Bolton, il consigliere per la sicurezza nazionale di Trump abbia fatto trapelare che ci sono 5000 soldati in Colombia pronti a dare vita ad una azione militare.
Trump capisce benissimo che oggi l’ago della bilancia è l’esercito, che pur essendo rimasto fedele a Maduro fino ad ora, non è detto che non voglia salire in cattedra in un secondo momento giocando un ruolo indipendente, magari liberandosi del presidente stesso.
Oggi infatti i vertici militari hanno interessi diretti nell’industria petrolifera e mineraria attraverso una compagnia la Camimpeg appositamente creata per loro da Maduro.
Ancora una volta Maduro invece di basarsi sulla forza delle masse, sul loro istinto di classe e sul sentimento antimperialista continua con i tentativi di accordo con la borghesia, limitandosi a lanciare proclami cui non fa seguito nessuna azione concreta di mobilitazione.
La sua azione continua a basarsi esclusivamente sulla diplomazia internazionale, in particolare quella russa, e sul sostegno dell’esercito, relegando il ruolo delle masse ad un ruolo secondario, nella migliore delle ipotesi di sostegno passivo contro la controrivoluzione. Per questo chi nella sinistra, in Italia e non solo, pensa che sia sufficiente applaudire acriticamente le politiche di Maduro non rende un buon servigio alla classe lavoratrice bolivariana e alla lotta contro l’imperialismo e golpisti.

Nessuna diplomazia e nessun esercito possono salvare la rivoluzione venezuelana in queste ore decisive. L’unica forza che può sconfiggere i golpisti sono le masse rivoluzionarie e in particolare la classe operaia. Per questo non ci si può fermare alle dichiarazioni come fa Maduro ma va creata una “milizia di difesa popolare” in ogni fabbrica e in ogni quartiere. La aziende paralizzate dalla crisi economica vanno occupate e fatte funzionare sotto il controllo operaio, così come vanno occupati i latifondi. Bisogna colpire la borghesia e le multinazionali imperialiste al cuore espropriando le aziende e dando il potere ai lavoratori.

È necessario lanciare un appello al movimento operaio internazionale perché sostenga questa azione rivoluzionaria con manifestazioni e scioperi. Questa è la linea che i nostri compagni della corrente marxista Lucha de Clases stanno difendendo nelle strade di Caracas. La Tendenza marxista internazionale (Tmi)  è assolutamente contraria a questo colpo di Stato imperialista ed è impegnata per costruire un ampio movimento solidarietà contro di esso.

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