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Usa – Esplode il malcontento crescente nell’esercito

La crisi del coronavirus sta creando scontento tra le truppe delle forze armate. Questo è uno sviluppo preoccupante per i capitalisti e il presagio per l’arrivo di sviluppi esplosivi.

È una caratteristica ben nota della storia delle rivoluzioni che soldati e marinai di truppa che compongono le forze armate possano essere influenzati dall’umore generale nella società e svolgere un ruolo chiave nella lotta di classe. Gli spazi angusti delle navi da guerra della Marina sono stati paragonati a “fabbriche galleggianti” e, dato il contesto proletario della maggior parte dei loro equipaggi, queste condizioni possono suscitare un feroce odio di classe.

Aggiungiamo un virus mortale a un mix già infiammabile e la scena è pronta per un’esplosione sociale.

Alla fine di marzo, dopo uno scalo nel porto di Hanoi, un’esplosione di casi di COVID-19 ha iniziato a colpire pesantemente l’equipaggio della USS Theodore Roosevelt, la superportaerei di classe Nimitz della Marina americana. Le misure di sicurezza di routine non potevano far fronte al virus su una nave con 4.500 marinai che interagiscono in maniera ravvicinata. Al 31 marzo, ben 200 membri dell’equipaggio erano risultati positivi al test COVID-19, una cifra che avrebbe continuato a moltiplicarsi nelle settimane successive.

Di fronte a una situazione disperata, il Capitano Brett Crozier, comandante della nave, ha inviato una lettera aperta al Dipartimento della Marina, esortandoli ad autorizzare misure di quarantena a terra e a fornire maggiore sostegno ai marinai della Roosevelt che avevano contratto la malattia. In effetti, la Roosevelt era stata costretta ad effettuare un primo scalo alla base navale statunitense a Guam a causa della diffusione del contagio. La lettera è arrivata al San Francisco Chronicle, imbarazzando e irritando i comandanti militari al Pentagono.

La risposta della Marina non è stata di aiuto. Il 2 aprile Thomas Modly, l’allora segretario alla Marina, ha sollevato dal comando Crozier ordinandogli di lasciare la nave. È stato pubblicato un video online dove Crozier scendeva dalla nave mentre l’equipaggio della Roosevelt era sul ponte ad applaudirlo e cantare il suo nome. Le truppe non avevano mai sentito di un ufficiale che avesse affrontato i vertici militari per difenderli. Quindi, Modly, che in precedenza aveva fatto parte del Defense Business Board per conto di una società di consulenza da 42 miliardi di dollari, è incredibilmente volato fino a Guam, a quanto sembra al costo di 243.000 dollari, per redarguire personalmente l’equipaggio, definito “stupido” e il Capitano Crozier come “ingenuo”. Il suo rimprovero pieno di volgarità è stato denunciato anche dall’equipaggio.

Modly è stato interrotto in continuazione dai marinai in modo provocatorio e, in seguito alle successive proteste pubbliche, si è dimesso il 7 aprile. Al momento della stesura di questo articolo, ci sono stati oltre 1.100 casi di positività al COVID-19 tra l’equipaggio della Roosevelt, incluso lo stesso Crozier . Un membro dell’equipaggio, un marinaio appena arruolato è morto. L’equipaggio continua a restare fermo in porto dato che la preoccupante previsione di Crozier si è avverata. Questa storia di comandanti ai gradi più alti che ignorano gli avvertimenti delle persone “sul campo” è fin troppo familiare alle truppe.

 

Crolla il morale, cresce il malcontento

Il clamore pubblico nei confronti di Thomas Modly è stato un evento significativo. Non importa quanto sia impopolare il comandante, gli uomini in uniforme quasi sempre “staranno al proprio posto in silenzio”, sia per un senso di professionalità, che per paura della punizione. La risposta dell’equipaggio della Roosevelt riflette una popolazione tesa e fornisce un’istantanea del crescente malcontento tra i membri dei “corpi speciali di uomini armati” dell’imperialismo USA.

Il capitano Brett Crozier, comandante dell’USS Roosevelt

Il declino del morale era un processo già in atto prima che scoppiasse la pandemia. Mentre si trascinano all’infinito i lunghi interventi militari all’estero, le guerre per procura e le manovre imperiali impegnative della classe dominante statunitense, tra le truppe è precipitato il sostegno a queste iniziative imperialiste. Uno studio del 2019 ha mostrato che il 51% degli effettivi in servizio voleva lasciare l’esercito e solo il 45% raccomandava ad altri di arrularsi. Il 64% dei veterani statunitensi afferma che le guerre in Iraq e in Afghanistan “non valevano la pena”. Un numero crescente di veterani ed effettivi in servizio attivo stanno cominciando a parlare apertamente contro le guerre e man mano che si aprono nuovi fronti nel gioco a scacchi dell’imperialismo, in Africa come altrove, incidenti come quello sulla Roosevelt non faranno che aumentare.

Attualmente l’imperialismo americano ha oltre 200.000 truppe all’estero, di stanza in circa 800 basi. In tempi normali, ci sono circa 5.260 voli militari giornalieri. Questi includono missioni di combattimento e trasporto merci, ma anche movimenti di personale. Questi sono importanti vettori per la trasmissione di malattie in tutto il mondo e un fattore importante nella crisi climatica.

In effetti, un sorprendente rapporto della Brown University ha concluso che:

Dall’invasione dell’Afghanistan nel 2001, l’esercito americano ha emesso 1.212 milioni di tonnellate di gas a effetto serra. Nel solo 2017, le emissioni di CO2 sono state pari a 59 milioni di tonnellate, più di molte nazioni industrializzate tra cui Svezia e Svizzera … la guerra e i suoi preparativi sono attività ad alto consumo di combustibili fossili e il Dipartimento della Difesa, oltre ad essere il singolo maggior consumatore di energia negli Stati Uniti, è il singolo maggior consumatore istituzionale di petrolio a livello mondiale“.

Mentre sono stati dati ordini per fermare la maggior parte dei viaggi non essenziali e personali, le linee guida attuali non sospendono le operazioni per le missioni essenziali. Ci sono ancora voli e il flusso di nuovi reclutamenti verso le basi di addestramento primario – per tirare acqua al proprio mulino – non si è fermato. Il meccanismo dell’imperialismo continua a macinare.

In un altro incidente meno pubblicizzato, i soldati di stanza presso la base multi-servizio Lewis-McChord nello stato di Washington hanno denunciato all’Army Times che erano ancora costretti a condurre esercitazioni fisiche, formazione e addestramento sul campo – stipati in 20 in una tenda – in violazione alle direttive del Dipartimento della difesa. Alla fine, l’attenzione dei media ha costretto la struttura a sospendere la formazione.

I commenti di soldati e ufficiali di grado inferiore pubblicati nell’articolo dell’Army Times mostrano il diffuso malcontento e la paura che si diffonde tra le fila delle forze armate data l’incapacità dei comandanti militari ad agire efficacemente contro la diffusione del virus:

Non c’è molta consapevolezza della salute qui fuori … Siamo ancora stipati all’interno di tende con centinaia di persone che dormono a una distanza di 60-90 centimetri l’una dall’altra … Usando latrine senza sapone per le mani“.

Qui fa freddo, quindi ci sistemiamo all’interno di spazi chiusi che violano chiaramente la raccomandazione di distanziamento sociale“.

Due dei miei soldati hanno avuto un contatto diretto con qualcuno [il cui] coniuge è risultato positivo e tutto continua come al solito“.

“[I vertici militari sono] paralizzati dall’indecisione … Quindi pochi comandanti sono disposti a prendere decisioni consapevoli e di buon senso per limitare il rischio per i soldati … Si bloccano, sperando che un comando più elevato prenderà la decisione per loro“.

Ho espresso la mia preoccupazione alla catena di comando direttamente superiore ma una volta che passa al livello del [battaglione] non viene proprio considerata“.

L’articolo riportava anche il caso di un’unità aeronautica dell’esercito che si stava preparando per il trasporto aereo di pazienti COVID-19 negli ospedali, senza che fossero fornite maschere, disinfettanti o linee guida mediche:

Al posto delle mascherine, è stato semplicemente detto agli equipaggi di limitare la conversazione quando si è vicino a un qualsiasi paziente e il pilota ha detto di aprire le finestre o i portelloni durante il volo; non è stato nemmeno trasmesso alcun piano per mettere in quarantena gli equipaggi se trasportano ripetutamente pazienti con coronavirus. “

Al momento della stesura del documento, il Dipartimento della Difesa statunitense ha registrato oltre 7000 infezioni tra il suo personale militare e civile. Nell’esercito, le truppe in servizio vengono confinate nelle loro caserme, dormitori, navi o nelle loro case. La dislocazione delle truppe è stata prolungato e le assegnazioni di compiti temporanei sono state annullate poiché le basi mettono in atto maggiori precauzioni sanitarie, ma i casi continuano a crescere.

 

La spaccatura su linee di classe viene alla luce

In queste condizioni di caos e malcontento, i vertici militari sono senza dubbio ossessionati dal recente 45° anniversario della caduta di Saigon, che ha segnato la sconfitta statunitense in Vietnam tra ammutinamenti diffusi e episodi di resistenza dei soldati. Nel corso di quella guerra, il Pentagono ha documentato mezzo milione di casi di diserzione e almeno 900 episodi di “fragging” – l’uccisione deliberata di ufficiali da parte dei soldati.

Intere guarnigioni hanno dovuto essere disarmate dalla polizia militare e la guerra di terra si è in gran parte disintegrata in seguito al rifiuto dei soldati di eseguire gli ordini e la resistenza attiva alla gerarchia militare. È stato un esempio di come le forze armate in specifiche circostanze, possano spaccarsi su linee di classe, data la presenza di fattori come un potente movimento contro la guerra tra la popolazione, combinato con alti tassi di mortalità in combattimento e coscrizione generalizzata.

Di conseguenza, il Pentagono ne trasse una serie di conclusioni e l’intero esercito venne ristrutturato nel tentativo impedire una ripetizione di quegli eventi. Non ci sono più militari di leva, la maggior parte delle missioni di combattimento sono eseguite da forze speciali o droni e le informazioni vengono di fatto depurate e tenute fuori dalla vista del pubblico. Eppure, nonostante queste misure, l’opposizione dei soldati nei confronti delle guerre attuali è in aumento, specialmente tra i veterani. Sebbene si sia ancora lontani dai livelli di malcontento osservati durante la guerra in Vietnam, la rivoluzione è un processo molecolare e cambiamenti graduali nella quantità possono portare a improvvisi cambiamenti nella qualità.

Nonostante i metodi di indottrinamento dei militari – progettati per infondere ai soldati una visione che li distingue dalla popolazione civile in generale – il fatto è che la stragrande maggioranza dei militari nelle forze armate proviene dalla classe operaia. Il 62% degli arruolati proviene da famiglie che guadagnano meno di 60.000 dollari l’anno. Il 40% dei membri delle forze armate statunitensi non è bianco e solo il 9% è laureato o ha una laurea breve, rispetto al 45% della popolazione generale.

In molti casi, i soldati vengono reclutati sulla base predatoria del “progetto povertà”, con la promessa di un reddito stabile, alloggi, assistenza sanitaria, opportunità di istruzione e una fuga dalle privazioni del capitalismo. Ma la natura vuota di queste promesse si mostra dalle percentuali di senzatetto e malattie mentali tra i veterani.

A un militare effettivo in servizio su quattro è stata diagnosticata una malattia mentale. Tra i veterani, questo non è semplicemente il risultato di un disturbo post-traumatico. È anche in gran parte un prodotto dell’essere posti fuori dall’ambiente familiare ed essere aggressivamente “declassati”, alienati intenzionalmente dal corpo civile in generale – per essere trasformati nei più efficienti esecutori del capitale.

La brutalità di questo apparato imperialista trasforma alcune persone in mostri e altre in gusci vuoti incapaci, una volta che lasciano il servizio militare, di adattarsi allo sfruttamento socializzato di un’economia capitalista in crisi. Questo è solo un altro modo in cui gli operai, i poveri e i giovani vengono sacrificati sull’altare dei profitti capitalisti, in patria e all’estero. Ma se c’è una lezione da trarre dalla storia rivoluzionaria del mondo nel secolo scorso, è che una volta che la coscienza di massa è stata infettata dallo spirito rivoluzionario, tutte le istituzioni ne sono influenzate e può succedere di tutto.

 

Un’epoca di rivoluzione mondiale

Più volte il fermento rivoluzionario nella società si è diffuso tra le forze armate, che non possono fare a meno di identificarsi con movimenti di massa composti da persone con cui sono cresciuti, dalle loro famiglie, dagli amici e i vicini. Soprattutto quando la classe dominante sceglie di rispondere a uno sconvolgimento sociale attraverso la repressione violenta, questa può essere la “goccia che fa traboccare il vaso” che provoca un completo crollo nella catena di comando.

Ciò è stato evidente nelle Primavere arabe del 2011 in Tunisia e in Egitto, dove sono stati riportati diffusi casi di fraternizzazione tra l’esercito e la gente nelle strade. In molti casi, l’esercito avrebbe protetto i manifestanti dagli attacchi della polizia. Proprio le stesse scene si sono ripetute lo scorso anno nei movimenti di massa rivoluzionari in Sudan ed Ecuador.

Più che mai, la classe dominante è ben consapevole dell’elevato rischio di un aperto conflitto di classe. Secondo una pubblicazione della società di consulenza strategica Maplecroft, dal titolo “Prospettiva di rischio politico”, l’anno scorso un quarto dei paesi a livello mondiale ha visto un’ondata di disordini civili, proteste di massa e situazioni rivoluzionarie. La sintesi del rapporto si conclude descrivendo il 2019 come la “nuova normalità”:

La rabbia repressa che negli ultimi anni è degenerata in proteste di strada ha colto di sorpresa la maggior parte dei governi. I politici di tutto il mondo hanno reagito principalmente con concessioni limitate e la repressione da parte delle forze di sicurezza, ma senza affrontare le cause sottostanti. Tuttavia, anche se affrontate immediatamente, la maggior parte delle proteste è profondamente radicata e richiederebbe anni per risolverle. Considerando questo, è improbabile che il 2019 sia un fuoco di paglia. I prossimi 12 mesi probabilmente produrranno un numero maggiore di tali eventi e le aziende e gli investitori dovranno imparare ad adattarsi e convivere con questa “nuova normalità“.

Bloomberg ha recentemente pubblicato un articolo dal titolo: “Questa pandemia porterà a rivoluzioni sociali” come monito alla classe dominante di ciò che ci si può attendere dopo la fine della quarantena:

In particolare, il COVID-19 aggrava le preesistenti condizioni di disuguaglianza, non importa da cosa derivino. In breve tempo ciò causerà disordini sociali, fino a rivolte e rivoluzioni … dietro le porte delle famiglie in quarantena, nelle file che si allungano davanti alle mense per i poveri, nelle carceri, nelle baraccopoli e nei campi profughi, ovunque già prima della pandemia le persone fossero affamate, malate e preoccupate, stanno montando tragedie e traumi. In un modo o nell’altro, queste tensioni esploderanno“.

Questa “pressione che sta montando” non è affatto limitata alle parti più povere del mondo, quelle oppresse dall’imperialismo straniero. Il Pentagono sta anche considerando le varie possibilità per affrontare il conseguente ed inevitabile insorgere di disordini negli Stati Uniti, dati gli scenari simili alla Grande depressione che si profilano all’orizzonte. Si parla persino di attivare la Legge sull’insurrezione, approvata dopo l’uragano Katrina, per consentire alle forze militari di far rispettare direttamente l’ordine in situazioni interne in cui viene meno il normale funzionamento delle forze di polizia.

Cosa significa tutto ciò per i socialisti rivoluzionari? ci ricorda che il prossimo decennio non assomiglierà affatto al decennio visto dopo la crisi del 2008. Non possiamo considerare la rivoluzione come se fosse una caratteristica di epoche ormai passate della storia. Viviamo oggi in un’epoca di rivoluzione mondiale e dobbiamo prepararci di conseguenza, costruendo una direzione marxista che affondi le radici nella classe operaia e diffonda un programma socialista a più persone possibile, anche tra i militari, in preparazione per il periodo decisivo di lotta di classe davanti a noi.

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