USA: Brutalità della polizia, razzismo e la politica di polarizzazione
Editoriale dell’ultimo numero dell’edizione USA di Socialist Appeal (socialistappeal.org)
Dalle televisioni e dai social media arrivano incessantemente immagini raccapriccianti: autobombe, massacri in discoteca, poliziotti assassini, e assassini di poliziotti. E’ “l’orrore senza fine” del capitalismo di cui parlava Lenin. Ed è letteralmente senza fine. Non solo in posti “lontani” come l’Iraq, o l’Afghanistan o il Messico ma anche in alcune delle più prospere città del paese più ricco del mondo. Questo è il volto raccapricciante della crisi del capitalismo, la crisi di un sistema che minaccia di portare a fondo con sé l’intera umanità.
A quasi un secolo di distanza da quando la rivoluzione russa ha indicato la strada, la civiltà si trova in un vicolo cieco. Per usare le poetiche parole che Marx ha usato nel Manifesto, l’umanità ha evocato dal grembo del lavoro sociale le meraviglie prima insondabili della tecnologia e della produttività. Un mondo di sovrabbondanza per tutti è a portata di mano. Milioni di persone sentono ormai nelle proprie ossa la contraddizione tra quello che potrebbe essere e la realtà di fatica e umiliazione che siamo costretti a sopportare. L’ostacolo che abbiamo di fronte per poter costruire una società veramente umana è strutturale, istituzionale, sistemico. L’ostacolo che abbiamo di fronte è il capitalismo.
Alla base della crescente polarizzazione della società c’è l’allargamento costante della frattura tra le classi. Ma senza una chiara prospettiva, questa pressione crescente ha prodotto solo frustrazione, sempre più sferzante, e violenza. La polizia ha ucciso più di cinquecento persone solo dall’inizio dell’anno. Nonostante l’indignazione dilagante, nessun poliziotto è stato ancora condannato da quando, due anni fa, è nato il movimento Black Lives Matter (“la vita dei neri è importante”) dopo gli omicidi di Mike Brown e Eric Garner. Gli atroci omicidi di Alton Sterlin a Baton Rouge e di Philando Castile a Twin Cities, sono state le tragiche scintille che hanno ridestato il movimento. Manifestazioni spontanee hanno di nuovo invaso le strade in tutto il paese, e centinaia di persone sono state arrestate.
A Dallas, un veterano dell’esercito americano che aveva prestato servizio in Afghanistan, furente di fronte all’ennesimo omicidio impunito da parte della polizia, ha ucciso cinque poliziotti e ne ha ferito diversi altri mentre seguivano la chiusura di un corteo pacifico di BLM. Ma il terrorismo individuale, anche in risposta al terrorismo organizzato dello stato capitalista, può suolo rafforzare la reazione. Non cambia nulla nei rapporti di forza tra sfruttati e sfruttatori, tra oppressi e oppressori. Come spiegava Trotskij, “la vendetta individuale non ci soddisfa. Il conto che dobbiamo presentare al sistema capitalista è troppo grande per poter essere presentato ad un singolo funzionario”.
Il massimo che i politicanti liberali e filistei possono offrire sono le loro lacrime di coccodrillo e dei vuoti appelli all’unità e alla nonviolenza. Si lamentano perchè si è creata una frattura nella nazione, implorano perchè la divisione tra la polizia e le persone che “proteggono” possa finire, e spaventati descrivono il paese come una polveriera pronta ad esplodere. Armati fino ai denti, guadagnando miliardi in profitti dalle vendite di armi, bombardando civili in tutto il mondo, e sostenendo una legislazione sempre più volta a disarmare la classe operaia, questi pii personaggi vogliono ricordarci che “tutte le vite sono importanti” – al che George Orwell avrebbe aggiunto “ma alcune sono più importanti di altre”.
La relativa pace sociale del periodo postbellico (molto “relativa” visto che la “guerra alla droga” è stata una guerra civile unilaterale contro i poveri) si basava su una crescita economica senza precedenti. La prosperità aveva smussato gli spigoli della dittatura del capitale per un settore significativo della popolazione. Ma non poteva durare per sempre. Il sistema è marcio nella fondamenta. Il numero delle persone che ne traggono beneficio si restringe sempre di più. Lo strato della cosiddetta “classe media” americana è stato eroso drasticamente. A difendere in prima linea la proprietà privata dell’1% sono rimasti solo piccoli eserciti di poliziotti militarizzati, cosa non molto utile al fine della pace sociale. Nelle periferie impoverite il regno del terrore dello stato è necessario perchè i lavoratori e i poveri costituiscono la vasta maggioranza. Mano a mano che l’autorità e la paura della polizia diminuiscono, aumenta la paura dei capitalisti per le conseguenze delle loro politiche di “divide et impera” di cui rischiano sempre di più di perdere il controllo. Sono troppo pochi per difendere da sé la loro ricchezza e il loro potere.
Se vengono trattate come ratti affamati in una gabbia, le persone agiscono di conseguenza. Se tutti avessero un lavoro, l’assistenza sanitaria, l’educazione, una casa, le relazioni tra gli esseri umani ne uscirebbero trasformate: senza nulla da rubare, non ci sarebbe bisogno di polizia. Ma con la scarsità sorge la necessità di far rispettare la distribuzione ineguale della ricchezza. La contraddizione assurda che dobbiamo risolvere è che nel capitalismo la scarsità è artificiale. C’è abbastanza ricchezza per tutti. È solo la ricerca incessante del profitto che impedisce di avere un sistema razionale di produzione, distribuzione, e scambio in armonia con l’ambiente.
La classe operaia ha il potere per farla finita con il capitalismo un volta per tutte – purchè abbia un gruppo dirigente in grado di liberare l’enorme energia inespressa della nostra classe. Ma senza tale gruppo dirigente, la situazione di instabilità può prolungarsi per anni, perfino per decenni. La colpa di questa impasse sta, in ultima analisi, sulle spalle degli attuali leader sindacali pro-capitalisti, che sono seduti su di un vulcano dal potenziale rivoluzionario ma si rifiutano di liberare il potere latente dei lavoratori. E’ urgente allora costruire un nuovo gruppo dirigente.
Mentre ci dirigiamo verso delle elezioni che un senatore repubblicano ha definito come “un cassonetto della spazzatura in fiamme”, la polarizzazione e il caos non potranno che approfondirsi. Il tradimento di Bernie Sanders della fiducia dei suoi sostenitori spingerà molti a cercare una soluzione al di fuori del sistema bipartitico, e oltre i confini del riformismo. La percentuale degli elettori che si dichiarano indipendenti è al massimo storico degli ultimi 75 anni: il 39%, una buona parte dell’elettorato. Milioni di persone non riescono a decidere quale candidato sia in effetti “il male minore”. In queste condizioni, un partito socialista indipendente potrebbe crescere molto velocemente.
In quanto marxisti noi capiamo chiaramente che per mettere fine alla brutalità della polizia, al razzismo, alla violenza, alla povertà, allo sfruttamento e all’oppressione, noi dobbiamo mettere fine al capitalismo stesso. E spieghiamo che una lotta politica ed economica, indipendente e di classe, è l’unica strada per vincere la resistenza dei capitalisti e dei loro difensori. Sappiamo che ci sono molte forze centrifughe che spingono alla divisione della classe operaia. Ma fortunatamente, queste forze sono controbilanciate da forze più forti che inesorabilmente ci spingono a unirci insieme per difendere il nostro interesse collettivo. Ma l’unità della classe a tutti i livelli non può solo essere dichiarata, ma si deve forgiare nella lotta. Questo è il compito del periodo che abbiamo di fronte.
Costruire un’organizzazione in grado di fornire i metodi organizzativi e la bussola teorica necessaria non sarà facile né automatico. Ma come dice il buon vecchio pragmatismo americano “ogni problema ha una soluzione”, e “c’è uno strumento per ogni lavoro”. Il problema oggi è il capitalismo e lo strumento per risolverlo è un partito rivoluzionario e di massa che abbia profonde radici in ogni luogo di lavoro, in ogni quartiere, in ogni campus universitario. Aderisci alla TMI e aiutaci a costruirlo!
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