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Tutta la FIOM deve fare come a Sulmona!

Dopo anni di ammortizzatori sociali per buona parte dei circa 630 lavoratori, lo stabilimento Sistemi Sospensioni di  Sulmona, dopo piani di rilancio ed annunci di investimenti, con la prospettiva di destinare la propria produzione al 60% per Sevel ed al 40% a vetture FCA (tra cui l’Alfa Giulia), si trovava lo scorso anno  ad avere ancora più di 100 persone fuori dalla produzione. Ciò nonostante, i ritmi ed i carichi di lavoro venivano progressivamente peggiorati.

da radiofabbrica.it

La pressione sui lavoratori per gestire tali aggravi è aumentata. Del resto FCA in tutti i suoi siti produttivi, a piena o parziale saturazione, sta applicando il concetto di far produrre di più ogni operaio, per farne lavorare in minor numero. Sempre per la riduzione dei costi di produzione sta imponendo un’organizzazione del lavoro che vede produrre la fabbrica per 18 turni di lavoro settimanali. Anche nel sito di Sulmona la Marelli dal 2015, con questa disposizione di turni,  i dipendenti sono in fabbrica anche di sabato e domenica notte, compensando il riposo con giorni infrasettimanali, raramente consecutivi.

Fin dalle prime settimane i lavoratori lamentano una notevole disorganizzazione ed esiguità nei componenti delle squadre nell’organizzazione delle turnazioni. In mancanza di adeguati investimenti le maestranze della Valle Peligna si trovano ad avere il compito di recuperare un volume di particolari che la fabbrica non è organizzata a fornire. Capiscono che sulle loro spalle è stato caricato il peso delle inefficienze produttive ed organizzative, piuttosto che il mero effetto a cascata dell’incremento produttivo della Sevel.

Ad inizio Aprile si palesano le prime crepe al modello FCA di controllo dei dipendenti, fatto di paura e ricatti occupazionali, quando dei lavoratori si rivolgono al tribunale dei diritti del malato. Nel giro di tre o quattro settimane le incrinature si trasformano in squarci: i lavoratori danno mandato alla FIOM di scendere almeno a 17 turni, di aumentare le retribuzioni per tali turni e di “lavorare tutti, lavorando meno” integrando in produzione gli oltre 100 ancora in solidarietà. Quando la direzione aziendale chiude su tutto, gli argini non reggono più. Il rancore, che tanto era scresciuto sotto la cenere, scoppia.

I lavoratori decidono di dire basta!

L’esasperazione si concretizza il 7 Maggio in 8 ore di sciopero con un’adesione del 90%, che arriva, nel tanto odiato lavoro di sabato, a fermare la Sevel senza componenti da montare sui veicoli. La rabbia dei dipendenti si riversa in assemblea prima con dure contestazioni contro delegati e segreterie di FIM, UILM ed UGLM, poi lasciandoli da soli mentre le maestranze discutono sul da farsi in altra zona dell’azienda. Del resto avevano approvato tutte le scelte della direzione senza mai interpellare le maestranze. In pratica alla stregua di qualsiasi dirigente Marelli, con l’aggravante di essere, almeno sulla carta, rappresentanti di chi subisce le scelte aziendali. Gli operai chiedono alla FIOM di essere consultati e poter decidere, prima di prendere qualsiasi decisione. La “situazione di assoluta incapacità gestionale dell’officina”(come definita dai firmatari in un comunicato) costringe i vertici Magneti Marelli a richiamare a tarda sera la FIOM, dopo che questa aveva rigettato un accordo già firmato(nuovamente senza mandato) dagli altri sindacati.

Senza aperture alle proprie richieste i lavoratori, nonostante la presenza intimidatoria di vicedirettori, votano in modo in modo palese altre 4 ore di sciopero. Quando le attueranno il 19 Maggio ci sarà un altro 90% di adesione. Fuori ai cancelli si votano altre 16 ore di sciopero in caso di esiti non soddisfacenti dagli incontri. Di lì con sciopero congelato rimandi ad altri incontri, nei quali la dirigenza dei Sistemi Sospensioni deve concedere di far rientrare i lavoratori in solidarietà e migliorare le condizioni ambientali di lavoro. In altre riunione tecniche si verificano rotazioni migliorative, senza però grossi risultati. In questa settimana si verificherà l’applicabilità di organizzazioni più leggere, tra le quali una a 18 turni migliorativa, evitando per 2 volte di meno sugli 11 casi che capitavano ogni otto mesi e mezzo, che chi smonta dal sabato mattina debba ricominciare la domenica notte.

Ormai FCA in tantissime fabbriche interessate da ripresa produttiva applica, senza i dovuti investimenti di ammodernamento e organizzazione, regimi da 18 o 20 turni settimanali. Ogni mancato investimento in tal senso è un costo per il miglioramento dell’efficienza produttiva degli impianti e dell’organizzazione di cui si sgrava l’azienda e fa ricadere sui lavoratori. In tutta l’industria del gruppo FCA sono aumentati anche i ritmi di lavoro, per ridurre il numero di operai produttivi, con la conseguente diminuzione dei costi di manodopera per l’azienda ed un aumento dei costi collettivi per la società di casse integrazioni e contratti di solidarietà. Strumenti per sostenere lavoratori “trovatisi ad essere in più”, visto che i colleghi sono costretti a produrre anche per chi è fuori.

La FIOM, che non hai mai condiviso il CCSL ed il modello Marchionne, davanti alla forte richiesta dei lavoratori di cambiare le condizioni di lavoro insostenibili, ha fatto la sacrosanta scelta di rendersi loro strumento rappresentativo. Costruendo coi lavoratori un percorso di democrazia assembleare, vero strumento di partecipazione dei lavoratori e migliore alternativa al modello sindacale di imposizione dei firmatari. La lotta compatta dei lavoratori della Marelli di Sulmona ha costretto l’azienda a concedere miglioramenti richiesti dagli scioperanti e incontri col sindacato veramente rappresentativo dei lavoratori, invece che con quelli al servizio del padrone.

Apparentemente piccole concessioni, ma in realtà una grande novità in anni di FCA votata al modello Machionne. I lavoratori della Sistemi Sospensioni stanno dimostrando che i risultati per i lavoratori si ottengono col conflitto. Proprio per questo i vertici aziendali non sono disponibili a concedere modifiche ai pilastri del modello generalizzato della più grande industria privata italiana, che con questi metodi sta indicando la strada alla classe padronale di questo paese. Qualcosa di simili dimensione finirebbe col governare chi si illude di poterlo gestire. Dall’altro lato non può essere considerato sola responsabilità di quei lavoratori e delegati contrastarlo.

A Marzo 2015, alle fortissime contestazioni verso i sindacati firmatari a Melfi,  la FIOM perse l’occasione di provare ad allargare il fronte ad un accordo che era modello generalizzato. Lì vi era un potenziale da provare a capitalizzare. Alla Marelli di Sulmona la capacità effettiva i lavoratori l’hanno già dimostrata con un mese di pressioni, partecipazione e scioperi compatti. Non si può pretendere che la loro generosa lotta possa andare avanti isolata a singhiozzo, per mesi senza che si logori. Sarebbe assurdo se la FIOM non provasse ad unire la rabbia repressa dei lavoratori Sevel per condizioni massacranti, con la lotta già in essere, per le stesse motivazioni, nell’indotto dello medesimo gruppo.

Sarebbe un enorme errore non provare a far discutere, attraverso iniziative quali ad esempio megafonaggi e volantinaggi  fuori fabbrica, i lavoratori Marelli con i compagni di lavoro della Sevel che distano solo un’ora e mezza d’auto. Visto che in Sevel i ritmi sono da tempo oltre il limite delle capacità di resistenza degli operai. Il numero di furgoni prodotti nel 2015 ha superato di gran lunga quello dei veicoli commerciali sfornati negli anni migliori pre crisi del 2008. Tali record produttivi stano avvenendo con meno operai degli anni addietro, dati i tanti pensionamenti e licenziamenti.

Porsi oggi il problema di coordinare una mobilitazione tra i lavoratori di Sulmona e Atessa non è solo possibile, è una necessità. La lotta degli che stanno portando avanti a Sulmona parla non solo ai vicini lavoratori della Sevel, ma alla quasi totalità delle fabbriche del gruppo FCA  che hanno ripreso o stanno riprendendo la produzione. La FIOM tutta deve esserne da amplificatore investendo sul patrimonio di conflitto espresso da questi operai. L’enorme aspettativa delle maestranze FCA, che ha fatto si da far essere la FIOM il sindacato più votato alle elezioni degli RLS non può essere delusa.

A partire dal sito, tra i più produttivi di questo paese, per cui forniscono componenti. La lotta alla Magneti Marelli di Sulmona, di cui l’epilogo deve ancora essere scritto, rappresenta un modello che la FIOM dovrebbe utilizzare per aprire una vera discussione per costruire una vertenza nazionale in FCA.

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