Trieste – Salvare tutti i posti di lavoro, nazionalizzare la Ferriera!
Sinistra classe rivoluzione Trieste aderisce al presidio dei lavoratori della Ferriera indetto da FIOM e Nidil-CGIL venerdì 5 giugno, ore 10:00, in piazza Unità, e diffonderà questo volantino.
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Se fino a qualche mese fa la “questione Ferriera” meritava almeno una certa cautela nella misura in cui alcuni intravedevano la possibilità di salvaguardare salute, ambiente e lavoro grazie alla benevolenza del padrone, oggi bisogna saper parlar chiaro. A più di due mesi dalla chiusura dell’area a caldo i lavoratori entrano nei 24 mesi di cassa in deroga senza uno straccio di garanzia sul proprio futuro occupazionale, mentre ai 50 lavoratori interinali il benservito è già stato dato alcuni giorni fa.
Arvedi sta giocando una partita in cui l’unica squadra a vincere sarà il suo conto in banca.
La mossa dell’azienda è chiara: sbarazzarsi di una fabbrica obsoleta e problematica in una fase di crisi del mercato dell’acciaio usando la minaccia della disoccupazione di massa per alzare la posta in gioco e capitalizzare il più possibile sulla vendita dei terreni.
Un gioco a cui la politica si è piegata volentieri per appuntarsi sul petto la medaglia verde dell’ambientalismo facile e a cui non si sono sottratte nemmeno le sigle sindacali (con l’eccezione della sola FIOM)
Tutte le opzioni per il riassorbimento della manodopera messe sul tavolo all’epoca dell’accordo sindacale (Fincantieri,acciaierie a Pordenone, ecc) si sono rivelate per quello che sono: balle clamorose per illudere i lavoratori e guadagnare l’assenso delle loro organizzazioni.
Grazie a quell’accordo oggi Arvedi ha le mani libere per difendere i propri interessi, chiedere allo Stato soldi per le bonifiche (si parla di circa 100 milioni di euro) e poi procedere con la vendita dei terreni a favore di Icop e di Piattaforma Logistica. Una vera e propria speculazione privata con soldi pubblici che rischia di trascinare nel baratro anche il laminatoio e l’area a freddo che potrebbero, a riflettori spenti, fare la stessa fine dell’altoforno.
E’ sotto gli occhi di tutti la sproporzione numerica tra il bacino di forza lavoro potenziale che Arvedi ha messo in CIG e le effettive esigenze del laminatoio e dell’attività di logistica legata alla portualità. Arvedi concentra nelle sue mani un vero e proprio “esercito industriale di riserva” pagato dall’INPS e che l’azienda potrà utilizzare non solo per i propri scopi produttivi ma anche come massa di manovra verso la politica e per l’abbassamento generale dei salari in ciò che resta della manifattura industriale a Trieste.
Quello che sta accadendo oggi sulla pelle degli operai del gruppo Arvedi (e delle aziende dell’indotto) costituisce un precedente pericoloso per tutti i lavoratori e le lavoratrici della città.
Stiamo entrando in una fase di offensiva padronale a 360° nella quale gente come Arvedi (per non parlare di Flextronic, Wartsila, ecc..) getterà la maschera e mostrerà il suo vero volto: bisogna abbandonare ogni illusione sulla possibilità che i padroni possano o vogliano recuperare i propri utili nel rispetto del lavoro e dell’ambiente.
- Sabotare i piani di Arvedi presidiando la fabbrica! Neanche un bullone in più deve uscire finché non ci sarà chiarezza sul futuro di TUTTI i lavoratori.
- Nessuna decisione può essere presa senza l’accordo dei lavoratori. Assemblea di lotta unitaria dei lavoratori dell’area a caldo e del laminatoio per condurre la vertenza alla luce del sole, non nelle stanze della politica serva del padrone.
- Portare la vertenza fuori dai cancelli di Servola. Unità e solidarietà sono le nostre armi più forti: “Un’offesa a uno è un’offesa a tutti!”
Da Taranto a Trieste, dalla FIAT alla Ferriera: basta soldi pubblici per garantire profitti privati!
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