Trieste – Lettera aperta: Rispondere alle intimidazioni fasciste e al razzismo antisloveno con un programma di massima unità della classe lavoratrice
Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa lettera aperta, rivolta ai vertici sindacali, in primo luogo della Cgil, affinchè prendano una posizione chiara sulla restituzione del Narodni Dom, incendiato 100 anni fa dai fascisti, alla comunità slovena di Trieste.
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La restituzione del Narodni Dom alla comunità slovena, un atto di giustizia storica arrivato con 100 anni di ritardo, ha aperto le porte ad un dibattito nel quale la destra più o meno estrema sta entrando a gamba tesa.
Riemergono così, come spazzatura a galla tra le onde della Storia, le più becere parole d’ordine del neofascismo antislavo a cui pochi stanno avendo il coraggio di rispondere.
Sentenze del Tribunale speciale fascista vengono sbandierate come giurisprudenza, rivendicazioni irredentiste su Fiume e l’Istria spacciate come “storia”, razzismo antisloveno spacciato per onesta posizione politica.
Questo sarà il programma che vedrà unite le organizzazioni nazionaliste e neofasciste di Trieste venerdì 10 luglio nel presidio lanciato da Trieste Pro-Patria.
Per spiegare qual’è il ruolo storico del fascismo nel difendere i privilegi dei pochi alimentando le divisioni tra gli oppressi (su base nazionale, etnica, religiosa o di orientamento sessuale) il merito della chiarezza ce l’ha avuto il comunicato di Forza Nuova.
“Un regalino che tra perdita dell’immobile, costi di trasferimento della scuola interpreti e riadattamento di una nuova sede, costerà svariati milioni di euro di perdita per i contribuenti, una mare quindi di denaro pubblico. Denaro che, piuttosto, sarebbe potuto essere destinato alla costruzione di appartamenti a tassi agevolati per giovani coppie italiane sposate, per creare strutture pubbliche di ricovero decorose per i nostri anziani, sostenere le associazioni che aiutano i disabili….” Si tratta, senza mezzi termini, di un tentativo di soffiare sulle braci dell’odio nazionale spiegando che i soldi spesi per la restituzione del Balkan potrebbero essere spesi per aiutare le coppie italiane, i “nostri” anziani, ecc…
Se in questa città mancano alloggi ad equo canone, se le strutture ospedaliere si sono trasformate da centri di cura a focolai di contagio, se mancano o scarseggiano servizi territoriali per disabili, bambini, anziani (di qualsiasi nazionalità) non è certamente colpa della comunità slovena a cui il Narodni Dom verrà restituito.
E’ il frutto di anni di tagli ai servizi pubblici, privatizzazioni e speculazioni edilizie portate avanti anche dai partiti della destra istituzionale (attualmente al governo della città e della Regione) a cui i neofascisti sono da sempre legati e che hanno lo scopo dichiarato di difendere il profitto di pochi sulla pelle del lavoro, del salario e della qualità della vita di molti.
Davanti a questa propaganda divisiva , che in epoca di crisi economica può certamente avere un seguito tra i settori di popolazione più colpiti dalla precarizzazione del lavoro, dai licenziamenti e dalla mancanza di servizi pubblici gratuiti, laici e di qualità, crediamo si debba rispondere con un programma ed una proposta all’altezza della crisi in corso e dell’attacco politico.
Come attivisti sindacali, lavoratori/trici antifascisti/e, cittadini antirazzisti, crediamo che solo l’intervento cosciente del movimento operaio e sindacale organizzato possa mettere ai margini queste organizzazioni e le loro idee velenose, razziste, omofobe e sessite.
Chiediamo quindi alle organizzazioni sindacali ed in particolare alla CGIL, la più grande organizzazione sindacale della provincia, forte di un radicamento storico tra i lavoratori e le lavoratrici di ogni nazionalità, di prendere una posizione chiara nel dibattito pubblico e di spendere le proprie forze per la riuscita del presidio antifascista organizzato dal Comitato Danilo Dolci sabato 11 luglio.
Solo il movimento operaio, che per storia e tradizioni a Trieste è plurinazionale ed internazionalista, può fornire un programma unificante di difesa del lavoro, dei servizi pubblici e dei diritti democratici che i neofascisti di oggi vorrebbero calpestati come 80 anni fa.
Non si tratta solo di difendere la restituzione formale di un edificio, ma di rispondere agli attacchi e alle intimidazioni (numerose sull’Altipiano) della destra neofascista rilanciando una mobilitazione che sappia unire gli oppressi di ogni nazionalità attorno ad un programma chiaro:
– Estendere il blocco dei licenziamenti.
– Riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario necessaria per abbattere la disoccupazione e i carichi sempre maggiori.
-Difesa della contrattazione collettiva come strumento di solidarietà e unità. Abolizione del JobsAct.
– Difesa e rilancio della sanità pubblica. Nazionalizzazione della sanità privata, stabilizzazione del personale precario, rinnovo del CCNL del personale sanitario.
– Servizi sanitari e socio-assistenziali territoriali pubblici, gratuiti e laici.
– Requisizione degli alloggi sfitti a scopo speculativo. Per un piano di edilizia pubblica accessibile e tutti.
– Pari diritti tra lavoratori stranieri e italiani. Abolizione decreti sicurezza, legge Bossi – Fini e reato di immigrazione clandestina.
– Stesso lavoro, stesso salario. Per la parità di genere nei luoghi di lavoro.
– Proprietà pubblica e controllo dei lavoratori per garantire salari dignitosi, sicurezza e diritti.
– Difesa del bilinguismo e dei diritti democratici delle comunità di lingua non italiana.
– Contro fascismo, razzismo e omofobia. Chiudere le sedi delle organizzazioni neofasciste.
Morte al fascismo, libertà ai popoli
Davide Fiorini – disoccupato – direttivo provinciale Nidil CGIL
Andrea Chenic – operatore call center – Slc CGIL
Vincenzo Senzatela – giornalista scientifico – Nidil CGIL
Angelo Iorio – operatore call center – Slc CGIL
Giancarlo Ferro – RSA QuerciAmbiente – USB Trieste
Tanja Canciani – direttivo provinciale FIOM CGIL
Erika Innendorfer – direttivo provinciale FIOM CGIL
Fabio Tamburini – direttivo provinciale FIOM CGIL
Enrico Benedet – direttivo provinciale FIOM CGIL
Giacomo Bonetti – operatore sociale
Michela Zamataro – educatrice
Brian Pirrone – operatore museale
Pietro Bellino – professore
Danjel Zaccaria – operaio Flextronic
Massimo Sanson – musicista
Elena Guercia – impiegata
Roberta Paoletti – impiegata
Furio Perini – psicologo
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