Trieste, il 25 aprile torna antifascista
Quattrocento persone alla cerimonia ufficiale, 2000 alla contromanifestazione: sono questi i numeri del 25 Aprile di Trieste che segnalano una netta cesura col passato. La festa della Liberazione del capoluogo Giuliano infatti era soprattutto una cerimonia funebre, ma quest’anno qualcosa è cambiato.
Durante l’occupazione nazista dal ‘43 al ‘45 la città ospitò nella Risiera di San Sabba l’unico forno crematorio sul territorio italiano. L’edificio, in cui furono uccise circa 3500 persone tra perseguitati e oppositori politici, fu anche un luogo di detenzione e un campo di smistamento per i lager tedeschi. Per questo motivo nel 1965 la Risiera fu dichiarata monumento nazionale e nella festa della Liberazione è diventata sede di una cerimonia commemorativa alla presenza di autorità civili e religiose.
In questo modo però la celebrazione della vittoria contro il nazifascismo, la cui portata fu potenzialmente rivoluzionaria, si è trasformata in una cerimonia funebre che negli anni si è fatta sempre più imbalsamata e ipocrita, sempre meno antifascista e sempre più improntata alla cosiddetta memoria condivisa. Va da sé che in questo clima asfittico non si potesse neanche parlare di 25 aprile come giornata di lotta. La crescente ipocrisia dell’evento ufficiale è stata testimoniata negli anni da contestazioni alle autorità sempre più forti e di massa, culminate lo scorso anno con 5 minuti di boati di contestazione ininterrotti volti ad impedire l’intervento del sindaco di Trieste Roberto Dipiazza – in quota e Forza Italia ma con chiare simpatie fasciste. Lo svilimento della festa della Liberazione che si è avuto negli ultimi anni – quando non contestazione aperta – ha così portato a una rottura che non possiamo che considerare che salutare. Il casus belli è stato il rifiuto del sindaco di Trieste di concedere un intervento all’ANPI con l’accusa di essere troppo divisiva. La risposta di ANPI e CGIL questa volta è stata netta con la proclamazione insieme ad altre sigle e associazioni di un corteo in concomitanza dell’evento ufficiale con successivo arrivo in Risiera e cerimonia separata. Assenti invece gli altri sindacati con CISL e UIL che hanno contestato la rottura, mentre il PD si è sdoppiato con un’esigua rappresentanza senza bandiere in entrambi gli eventi.
Se da parte di Dipiazza lo strappo era voluto – bruciavano ancora troppo i fischi dello scorso anno – lo è stato probabilmente anche da parte dell’ANPI, visto che già altre volte in passato aveva faticato a trovare spazio senza però arrivare a rotture ufficiali. La decisione potrebbe essere stata influenzata anche dall’ottima riuscita delle recenti manifestazioni cittadine contro Casapound del 3 novembre e del 2 Febbraio. Soprattutto la prima con quasi 10.000 partecipanti e uno spirito molto combattivo ha dato origine al corteo più partecipato almeno degli ultimi 10 anni, mostrando come in città ci sia un ampio spazio per una politica attivamente antifascista. La rottura dell’ANPI si potrebbe inquadrare quindi come un segnale della progressiva radicalizzazione politica in cui il discorso della memoria condivisa fatica ormai a trovare una sua espressione nelle piazze.
L’episodio ha reso platealmente evidente il vuoto di significato della cerimonia ufficiale con solo 400 persone presenti al discorso di Dipiazza e del governatore leghista della Regione Fedriga. Se poi la speranza di questi ultimi era quella di prendersi totalmente la scena ufficiale ed eliminare le contestazioni, gli è andata comunque male. Ci ha pensato infatti il sindaco del vicino comune di San Dorligo/Dolina a criticare le posizioni dei due politici e ad appoggiare la contromanifestazione con tanto di stoccata sull’aberrante carattere revisionista delle celebrazioni sulle foibe.
Detto questo rimane il fatto che le posizioni espresse dagli organizzatori della contromanifestazione sono risultate in ogni caso moderate e ben lontane da quel carattere di lotta che 25 Aprile dovrebbe avere, ma rispetto alla situazione degli scorsi anni la festa della Liberazione a Trieste ne ha sicuramente guadagnato, ritrovando finalmente un corteo partecipato, malgrado una proclamazione molto tardiva, e una connotazione più antifascista rispetto al passato. Ci si augura che questa novità non si riveli effimera e sia solo il primo passo verso una celebrazione della Liberazione più convinta e combattiva. Organizzato quasi in extremis, infatti, il corteo è stato silenzioso e quasi senza slogan, col coro partigiano in testa a cantare canzoni e solo le contestazioni a Dipiazza e Fedriga, incrociati mentre uscivano dalla Risiera, ne hanno interrotto il tono solenne.
La presenza di Sinistra Classe Rivoluzione è riuscita a essere molto evidente con bandiere, banchetto e gli unici slogan del corteo a ricordare che il 25 aprile non è una ricorrenza ma una giornata per ritrovare lo spirito rivoluzionario della Resistenza.
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