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Sindacati di base divisi allo sciopero

Emergenza occupazionale, contratti da rinnovare al palo, nuova stretta sulle pensioni, salari e condizioni di lavoro che peggiorano, aumento dei morti sul lavoro. Questo è il quadro con cui i lavoratori si trovano a fare i conti anche questo autunno nonostante la propaganda ufficiale si sbraccia a dirci che la crisi è finita. Per questi motivi la mancanza di iniziativa, il ruolo di freno alle mobilitazioni dei lavoratori da parte dei vertici di Cgil, Cisl e Uil, è a dir poco imbarazzante.

A smuovere le acque questo autunno, per ora, provano i sindacati di base che convocano ben due scioperi generali di 24 ore in quindici giorni. Il primo sarà il 27 ottobre di Cub, Sgb, Si Cobas, Usi e Slai Cobas, mentre il 10 novembre sarà la volta di Usb, Confederazione Cobas e Uni Cobas. Questo proliferare di sigle è il risultato di innumerevoli scissioni e ricomposizioni a cui abbiamo assistito negli ultimi vent’anni e che è destinato a durare ancora a lungo. Infatti l’impasse della Cgil e i pesanti attacchi che continua a subire la classe lavoratrice non sono bastati neanche in questa occasione a far superare ai sindacati di base i propri interessi di bottega e i due scioperi saranno nei fatti contrapposti.

Lo sciopero del 27 ottobre è stato lanciato già in estate da Cub, Sgb, Si Cobas, Usi e Slai Cobas, dopo il successo dello sciopero del trasporto pubblico il 16 giugno. L’adesione dei lavoratori andò ben oltre gli iscritti a questi sindacati paralizzando intere città. Andò così bene che il governo minacciò nuove leggi antisciopero. Gli stessi promotori dello sciopero si convinsero che la situazione era oramai matura per convocare un grande sciopero generale per il 27 ottobre, cioè con quasi quattro mesi d’anticipo. Perché tanto preavviso? Esclusivamente per anticipare sul tempo Usb e Confederazione Cobas che notoriamente in autunno convocano il loro sciopero generale.

Una piattaforma generica

L’Usb dapprima chiede pubblicamente, a fine agosto, alle altre sigle di trovare un’altra data comune; pochi giorni dopo, senza ancora aver ricevuto risposta, blocca la data di novembre. La risposta di Cub, Sgb, Si Cobas, Usi e Slai Cobas, non si fa attendere. Il 23 settembre all’assemblea di lancio dello sciopero d’ottobre rimandano al mittente la proposta unitaria.

Il motivo ufficiale avanzato è che Cub, Sgb, Si Cobas, Usi e Slai Cobas hanno rifiutato gli anni scorsi di firmare il famigerato Testo Unico sulla rappresentanza, accordo siglato da Cgil, Cisl e Uil con Confindustria nel gennaio del 2014, che tra le tante cose sbagliate contiene un significativa riduzione della democrazia sindacale. Usb e Confederazione Cobas invece il Testo Unico l’hanno sottoscritto dopo un’iniziale opposizione, per la verità molto blanda, accettandone così i termini restrittivi ma usufruendo in cambio della possibilità di potersi presentare ai rinnovi delle Rsu nelle aziende, cosa preclusa ai non firmatari.

L’argomento della rottura è però discutibile. Primo, anche chi ha contestato il Testo Unico non ha la forza per rovesciarlo, tanto che le sigle in questione sono costrette, logicamente, a nominare delle Rsa per avere una qualche forma di rappresentanti nelle aziende. Il che significa che si rifiuta un regolamento antidemocratico, ma poi se ne sceglie uno non molto diverso. Secondo, dare a questa divisione un carattere di principio significa che non sarà mai più possibile un’azione comune tra queste diverse sigle? Basta porre la questione per capirne l’assurdità.

Questa divisione, al di là di quale sia il reale radicamento del sindacalismo di base tra i lavoratori, risulterà incomprensibile soprattutto per quelli che a questi sindacati sono iscritti e che vedranno i propri sforzi ulteriormente ridimensionati. A maggior ragione se consideriamo che le piattaforme rivendicative di entrambi gli schieramenti sono molto simili, contro lo sfruttamento, contro i licenziamenti, contro le leggi antisciopero e via discorrendo. Piattaforme più propagandistiche che rivendicative. Qual è l’obbiettivo dello sciopero? Costringere i padroni della logistica e delle merci a firmare un contratto nazionale bloccato da 22 mesi? In fin dei conti tra i sindacati di base il Si Cobas ha un vero radicamento nel settore. Costringere il governo a firmare un buon contratto del pubblico impiego? Usb in particolare e diversi dei sindacati che scenderanno in campo hanno una presenza nel pubblico. Abolire la Fornero? Fermare il nuovo tentativo di leggi antisciopero? Quando non si individua un obbiettivo preciso agli occhi dei lavoratori inevitabilmente prevale un senso di astrattezza e quindi di poca credibilità.

Prevale la concorrenza fra le sigle

La realtà è che la concorrenza tra sigle ha prevalso sulla necessità di un paziente lavoro di costruzione azienda per azienda con una campagna capillare che possa creare al momento giusto la possibilità di convocare uno sciopero che diventi l’inizio di una mobilitazione più estesa. Gli scioperi del 27 ottobre e del 10 novembre rischiano di ridursi a poco più che delle manifestazioni di alcune migliaia di attivisti. Non è questo che migliaia di lavoratori che sostengono i sindacati di base si aspettano dai propri dirigenti. In questo modo l’unico vero risultato sarà quello di aver imitato gli scioperi testimoniali che giustamente spesso si è criticato alla Cgil.

Un vero sciopero generale che blocchi realmente il paese è interesse di tutti, dei lavoratori che vedrebbero finalmente l’inizio di un cambio di rotta dopo anni di pace sociale imposta e anche i tanti lavoratori e delegati della Cgil che combattono contro l’opportunismo e il moderatismo dei propri vertici e non vedono un’alternativa credibile fuori dalla Cgil.

Ma per fare questo è necessario che gli iscritti e i lavoratori che guardano al sindacalismo di base chiedano conto ai propri dirigenti. La rissosità dei vertici non cesserà se non per un intervento diretto dei lavoratori. La mancata unificazione dei due scioperi è più che un’occasione persa e rischia di aprire una crisi anche più profonda. Se i promotori del 27 ottobre avessero fatto un passo in dietro e avessero accettato di convocare una data comune avrebbero nello stesso tempo dato prova ai lavoratori, anche delle altre sigle, di avere più a cuore l’unità dei lavoratori che le proprie ambizioni.

Avrebbero, infine, parlato anche a tanti iscritti alla Cgil che non ne possono più della paralisi totale imposta dai loro dirigenti

 

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