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Si spalancano le divisioni del PD

Si consumeranno da qui al 26 febbraio le settimane finali del congresso del Partito Democratico. Le elezioni del 25 settembre hanno lasciato il PD in una crisi profonda. Non solo una crisi di consensi, peraltro ulteriormente aggravatisi con il M5S ormai stabilmente sopra nei sondaggi, ma soprattutto una crisi di prospettiva politica.

Oggi il partito è sotto scacco da due fronti. Alle ultime elezioni la base elettorale del PD è stata incalzata al centro dal terzo polo di Renzi e Calenda, e soprattutto è stata depredata a sinistra dal M5S, opportunamente riposizionato da Conte alla luce del vuoto lasciato in quel campo.

La divisione nel congresso è direttamente espressione di questo bivio.

Bonaccini, attuale governatore dell’Emilia Romagna, vuole approfondire lo spostamento verso destra già avvenuto con il sostegno a Draghi, presentando il PD come il più maturo amministratore degli interessi generali della classe dominante italiana, precisamente sul modello emiliano-romagnolo.

Una prospettiva che sta raccogliendo l’appoggio del grosso dell’apparato del PD (partendo ovviamente dagli ex renziani), e in particolare degli amministratori, a partire dai governatori di Campania e Puglia, De Luca ed Emiliano e da un lungo elenco di sindaci.

Una linea che sogna di ricalcare il modello Macron di un centro borghese che riconquisti il governo, ma che nelle condizioni sociali di crisi odierne potrebbe invece condannare il PD a un declino paragonabile a quello del PASOK greco o dei socialisti francesi, ridotti all’irrilevanza.

Dall’altra parte la candidatura di Elly Schlein propone un profilo più a sinistra, per arginare il M5S. La Schlein cerca il sostegno della CGIL, dalla quale ha ricalcato ampie parti del suo programma, e ha il sostegno delle correnti di sinistra che erano uscite durante la gestione Renzi, alle quali si sommano dirigenti come Boccia e Franceschini (la cui corrente si è spaccata). La indebolisce tuttavia la candidatura Cuperlo.

Le due linee oggi si fronteggiano anche alle elezioni regionali: nel Lazio D’Amato ha avuto l’endorsement dal Terzo Polo e il PD ha rotto con i 5 Stelle; in Lombardia al contrario Majorino (“il mio cuore batte per Elly”) ha chiuso l’accordo con i 5 Stelle e rotto con Calenda, con entusiastica adesione di CGIL e Sinistra Italiana.

È evidente il vuoto di rappresentanza politica a sinistra. Tuttavia la campagna della Schlein è ben lungi dal fornire un riferimento all’altezza, con un programma che stenta ad andare oltre alcuni titoli generici (“lavoro, disuguaglianza, clima”) e una totale assenza di proposte di mobilitazione sul terreno politico, sindacale e giovanile, che sarebbe l’unico vero modo per opporsi al governo Meloni (oltre che per creare una mobilitazione nella base del PD che possa rovesciare i rapporti di forza oggi sfavorevoli).

Con la Schlein si delinea quindi nello scontro interno al PD una nuova incarnazione della sinistra riformista, che però ad oggi ha messo in luce soprattutto i limiti (politici, programmatici e di iniziativa) che hanno scavato la voragine nella quale è sprofondata la sinistra in Italia. Nuove scissioni, che appaiono quasi inevitabili se il congresso farà una scelta netta (quale che sia), potrebbero essere in questo senso un elemento di chiarificazione e di ulteriori definizioni politiche tanto a destra come a sinistra.

 

25 gennaio 2023

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