Russia – Il fallimento dell’avventura di Prigozhin
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Se Mosca piange, Kiev non ride

L’editoriale del nuovo numero di Rivoluzione

Da tempo il conflitto in Ucraina si è trasformato in una guerra di logoramento di lungo periodo, combattuta su un fronte statico dove gli avanzamenti o gli arretramenti sono minimi, ma le perdite sono elevate. Questo livello di logoramento sta avendo precisi effetti sia in Ucraina che in Russia.

Da una parte il tentato golpe di Prigozhin ha rivelato in maniera plateale le spaccature esistenti all’interno dell’oligarchia al potere in Russia. Dall’altra questi avvenimenti non possono far passare in secondo piano – come è avvenuto sui media occidentali – il fatto che la tanto strombazzata controffensiva ucraina fino a quel momento aveva ottenuto risultati irrisori.

 

Il fiasco della controffensiva ucraina

Finora gli attacchi ucraini si sono infranti sulla prima delle linee di difesa del sistema di fortificazioni allestito dall’esercito russo. Lo stesso Zelensky ha dovuto ammettere: “I progressi sono più lenti di quanto vorremmo.” Le perdite tra le truppe ucraine in compenso sono state numerose e parecchi mezzi militari forniti dai paesi NATO sono andati distrutti. Il governo di Kiev assicura che ci sono numerose forze di riserva intatte per alimentare la controffensiva, ma il punto è la qualità di queste forze.

Dopo che alcuni dei reparti più sperimentati erano stati impiegati per prolungare la resistenza nel corso della battaglia di Bakhmut (che poi è comunque caduta nelle mani dei russi), alla controffensiva hanno preso parte soprattutto brigate formate da soldati inesperti, che avevano ricevuto scarso addestramento. Questo problema si è riscontrato soprattutto tra gli equipaggi dei carri armati occidentali, sempre più riluttanti ad entrare in azione senza un’adeguata preparazione. Queste truppe improvvisate sono state mandate allo sbaraglio contro le ben munite linee fortificate russe, il che ha avuto un effetto deleterio sul loro morale.

 

L’ammutinamento dei mercenari in Russia

Mentre il fronte russo teneva, nelle retrovie scoppiava l’ammutinamento della “compagnia militare privata” Wagner. Prigozhin è un oligarca che ha fatto i soldi con le catene di ristoranti e ha espanso il suo giro di affari anche in campo militare. I suoi mercenari sono intervenuti in Siria e in una serie di paesi africani per tutelare gli interessi dell’imperialismo russo. Recentemente sono stati massicciamente impiegati anche nella guerra in Ucraina: nella lunga battaglia di Bakhmut sono stati loro a sostenere il grosso dei combattimenti e delle perdite.

Questo ha accresciuto il peso della Wagner nelle forze armate russe e ha inevitabilmente portato ad uno scontro sempre più acceso tra Prigozhin e i vertici dell’esercito regolare. Lo scontro di potere si è trasformato in ribellione armata quando Putin ha approvato una legge che sottoponeva tutte le compagnie militari private al controllo del ministero della Difesa, ponendo di fatto termine all’autonomia e alla posizione speciale di cui la Wagner godeva. La “marcia su Mosca” si è però esaurita nel giro di poche ore e quasi senza spargimento di sangue. Nessun settore della classe dominante, dei militari o della popolazione ha sostenuto questa avventura.

Sul breve termine Putin potrebbe cercare di avvantaggiarsi da tutto questo, accentrando ancora di più sulla sua persona il controllo delle forze armate e invocando “misure speciali” contro le minacce interne. Tuttavia il suo regime ha dimostrato di non avere il pieno controllo della situazione e ne esce indebolito.

 

La pace si allontana

Questi avvenimenti riducono ulteriormente le già scarse possibilità di una pace negoziata, in quanto nessuna delle due parti vuole sedersi al tavolo delle trattative da una posizione di debolezza. Il segretario della NATO Stoltenberg, alla vigilia della controffensiva di Kiev, aveva dichiarato: “La controffensiva può spingere alla pace. Più conquiste [l’Ucraina] farà e più sarà forte al tavolo dei negoziati.” Peccato che sia accaduto l’esatto contrario. D’altro canto nemmeno Putin può mettersi a trattare dopo aver subito un serio colpo al prestigio del suo regime.

Sia la NATO che la Russia proseguiranno con la guerra, nella speranza di guadagnare una posizione più vantaggiosa con la forza delle armi. L’unica forza in grado di fermare il massacro rimane la classe lavoratrice, in Russia come in Ucraina e anche nei paesi NATO impegnati a prolungare la guerra con forniture di armi sempre più sofisticate.

È questa peraltro la principale preoccupazione di Putin: nel discorso in cui ha denunciato pubblicamente Prigozhin e i suoi come “traditori”, ha fatto un paragone con la Rivoluzione d’Ottobre del 1917, secondo lui “una pugnalata alle spalle” contro la Russia impegnata nel massacro della Prima guerra mondiale.

Durante il tentato golpe della Wagner, i lavoratori russi sono rimasti spettatori passivi, ma più di una volta nel corso della storia le divisioni al vertice di un regime hanno anticipato un movimento delle masse contro il regime stesso. Il potere di Putin non può davvero essere messo in crisi da un oligarca scontento, ma solo da un movimento rivoluzionario della classe lavoratrice russa che riscopra le tradizioni del 1917!

27 giugno 2023

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