Scontro sul Green pass – Vaccini Sì, discriminazioni No!
Il Green pass è stato introdotto con la consueta promessa che avrebbe consentito un ritorno alla normalità, obiettivo che doveva giustificare le restrizioni per i non vaccinati.
La speranza di milioni di persone è stata usata in modo cinico dal governo Draghi per consolidare il proprio sostegno nella società e per coprire le insanabili incoerenze del provvedimento con una propaganda martellante.
La chimera dell’immunità di gregge
Prima di entrare nel merito è bene considerare alcuni dati di fatto. Il grafico n. 1 mostra un confronto tra i morti da Covid in Italia nell’estate 2021 e quelli dell’estate 2020. Il n. 2 mostra lo stesso confronto per gli ospedalizzati. Mostrano in maniera inequivocabile come la situazione di quest’anno sia sensibilmente peggiore. Altri paesi, pur nelle differenze, mostrano andamenti simili.
Questi dati testimoniano innanzitutto la forza delle varianti. Per quanto riguarda l’Italia è fin troppo facile prevedere un nuovo aumento con la riapertura delle scuole.
Queste cifre riconducono al fatto basilare che il virus continua a circolare, sia per l’ineguale tasso di vaccinazione nel mondo, sia per il fatto che i vaccini non azzerano il contagio, sia perché permane un settore di popolazione non vaccinata.
Questi dati di fatto, ribadiamolo una volta di più, non sono un argomento contro i vaccini, che come abbiamo detto fin dal principio, sono uno strumento importante di contenimento dei rischi. Ma chiamano in causa le scelte dei governi, a partire da quello italiano, che hanno di nuovo imboccato la strada della colpevolizzazione individuale e della guerra fra poveri, additando coloro che non si vaccinano come gli untori responsabili dei problemi presenti e futuri.
La verità è che la cosiddetta immunità di gregge non è più un obiettivo credibile, ammesso che lo sia mai stata. Siamo, come abbiamo scritto già mesi fa, entrati a pieno titolo nella fase “endemica”: il virus continuerà a circolare e ad oggi non ci sono in vista misure “definitive” che possano stroncarlo.
Non a caso Israele, forse il paese che ha perseguito con maggiore determinazione questa politica, oggi ne riconosce l’implicito fallimento. In Israele è stato cambiato il criterio di immunità, dichiarando che la copertura vaccinale non sarà più valida dopo 5 mesi (6 dalla guarigione per chi ha contratto il virus) e che si deve quindi andare verso la terza dose e forse oltre.
“Sembra che se apprendiamo le lezioni della quarta ondata, dobbiamo considerare le ondate di nuove varianti, come quella recente dal Sudamerica. E pensando a questo, e allo svanire degli anticorpi, pare che ogni pochi mesi – potrebbe essere una volta all’anno, o ogni sei mesi – necessiteremo un nuovo richiamo”. Queste le parole di Salman Zarka, coordinatore della lotta al Covid per il governo israeliano, che invita a prepararsi anche alla quarta dose su basi generalizzate.
Al momento non esistono tuttavia chiare evidenze che la terza dose possa aumentare significativamente il grado di copertura, come sottolineato anche dal virologo Galli.
Una scelta strumentale
La strumentalità del governo italiano diventa palese nel fatto che mentre si parla di nuove restrizioni, con l’ipotesi di obbligo della certificazione per andare anche al lavoro, si estende la durata del Green pass prima a 9 e poi a 12 mesi, proprio mentre, come detto sopra, i dati di fatto indicherebbero che la durata della copertura vaccinale è minore. Lo spiega senza giri di parole il direttore dell’Istituto Mario Negri di Milano: “Questo è un problema concreto da affrontare: o si decide di offrire la terza dose di vaccino agli operatori sanitari a partire dalle prossime settimane oppure in maniera pragmatica si stabilisce che il Green pass ha una durata maggiore di quella inizialmente prevista. È una conclusione che forse non ha molto a che vedere con i dati scientifici, ma è una scelta pratica, per far fronte al fatto che ancora non si è sciolto il nodo terze dosi”.
Questo solo fatto è sufficiente a mostrare come nella posizione assunta dal governo le considerazioni sanitarie sono del tutto subordinate all’obiettivo politico di polarizzare lo scontro nella società, di approfondire le divisioni e null’altro. Sulle conseguenze nei luoghi di lavoro si riferisce in queste pagine: lavoratori esclusi dalle mense, dai trasporti aziendali, minacciati di essere messi a casa, ecc. Ma se l’obiettivo primario del governo e di Confindustria è di sfruttare la situazione per una stretta nei luoghi di lavoro, le conseguenze si estendono anche a mille altri aspetti della vita quotidiana, dalla possibilità di accompagnare i figli alla scuola materna, all’accesso a servizi di diverso tipo, ecc.
Quanto alla scelta tra obbligo legale o inasprimento delle restrizioni relative al Green pass è solo la scelta tra due diverse forme di ipocrisia.
Per cosa lottiamo
Ribadiamo una volta di più il nostro invito a vaccinarsi per chiunque possa farlo senza correre ragionevolmente dei rischi.
Questo tuttavia non significa che non ci possano essere motivi legittimi per non volersi vaccinare, o non volerlo fare subito. Gli effetti avversi per quanto poco numerosi esistono e al momento solo pochissime patologie danno diritto a un’esenzione per motivi medici. In particolare gli studi sui giovani e giovanissimi (12-19 anni) mostrano, al momento, incidenze non trascurabili di eventi avversi a livello cardiaco, nettamente superiori alle medie normali.
Lo stesso Galli già citato, certo non un no vax, sottolineava che piuttosto che una terza dose generalizzata sarebbe necessario differenziare, estendere di molto i test immunologici sia sui vaccinati che sui guariti, insomma non andare verso ulteriori misure a tappeto e imposte a forza, ma fare quello che la famosa scienza da sempre fa: distinguere e scegliere di conseguenza.
Pertanto:
1) Va rilanciata la lotta per vaccini pubblici, per l’abolizione dei brevetti e perché tutta la ricerca sia in mano pubblica e sotto il controllo dei lavoratori e dei cittadini.
2) Ogni cittadino deve avere accesso a tutti i tamponi di cui necessita, gratuitamente.
3) Rafforamento del Ssn, delle cure e della prevenzione.
4) No a discriminazioni e rappresaglie nei luoghi di lavoro. Devono essere i lavoratori stessi e le loro rappresentanze (Rsu e Rls) a discutere come gestire la sicurezza sanitaria nelle aziende e quali misure adottare per tutelare tutti.
5) No a discriminazioni e rappresaglie verso chi non è vaccinato. No a restrizioni selettive rispetto ai trasporti, accesso a luoghi e servizi pubblici, ecc…
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