Sanità privata: 5000 giorni senza rinnovo del contratto
Sono 13 anni che il contratto nazionale della sanità privata è fermo. Circa 300mila lavoratori del settore hanno gli stipendi bloccati al 2007, quasi 5000 giorni. Anni in cui la crisi economica e un’inflazione complessiva superiore al 15% hanno eroso i bilanci familiari.
Ci riferiamo a un settore, secondo l’ultimo report di Mediobanca, da circa 40 miliardi di euro l’anno, pari quasi al 24% della spesa sanitaria nazionale totale, formato da grandi gruppi economici e finanziari, come Gruppo San Donato, Humanitas, Gvm, Kos, Ieo, Servisan, Multimedica, Giomi-Fingemi, Eurosanità, Raffaele Garofalo & Co. Un giro d’affari che consente l’accumulazione di lauti profitti, nonostante il 90% circa delle strutture sanitarie e delle prestazioni rientri nel servizio sanitario nazionale mediante il sistema dell’accreditamento. In altre parole, viene quasi interamente pagato dai bilanci regionali, in ultima analisi dalla fiscalità generale. Questi gruppi, assieme ad altre proprietà minori, sono organizzate in due associazioni datoriali, Aiop, collegata a Confindustria, e Aris, associazione cattolica.
Solo nell’ultimo anno sono stati proclamati scioperi e presidi in diverse regioni d’Italia, da parte di Cgil Cisl Uil, a cominciare dal Lazio fino alla Lombardia, tra le ultime ad essersi mobilitata. Le regioni citate, assieme a Veneto, Campania e Calabria sono tra quelle che vedono una presenza del privato più alta, attorno al 50% dell’offerta sanitaria territoriale.
In 13 anni non è stato proclamato nemmeno uno sciopero generale nazionale di tutta la categoria. O meglio, era stato proclamato il 20 settembre scorso ma due giorni prima è stato revocato (“sospeso”) di fronte alla semplice disponibilità padronale riprendere la trattativa.
Nel mese di novembre, dopo l’intervento del ministro Speranza, la Conferenza Stato Regioni, mediante il suo presidente, nonché presidente della Regione Emilia Romagna, Bonaccini, si è impegnata nei confronti di Aiop e Aris, sottoscrivendo un’intesa, a sovvenzionare attraverso il finanziamento regionale, il 50% del costo complessivo del rinnovo contrattuale attraverso un aumento del budget delle prestazioni. Tradotto, vuol dire che per aumentare (ma di quanto?) gli stipendi con 13 anni di ritardo a lavoratori e professionisti della sanità privata aumenterà la “produzione” a favore del privato, garantita da risorse pubbliche.
L’annullamento della giornata di sciopero nazionale ha indebolito ulteriormente i lavoratori del comparto. In questi anni nulla si è fatto, da parte sindacale, per unificare le vertenze, a partire da quelle dei lavoratori della sanità pubblica e privata. Una volta di più è sotto i nostri occhi la più lampante delle verità: senza lotta non c’è nulla di buono per i lavoratori, per il servizio pubblico e per il diritto alla salute, ed è dalla lotta che si deve ripartire.
Tra i lavoratori c’è un misto di rassegnazione, di chi non ci crede più, e di (tanta) rabbia di chi, giustamente, vuole che questo rinnovo contrattuale ridia tutto ciò che si è perso in questi anni. È con questo spirito che ne andrà valutato l’esito da parte di chi, come noi, non intende accettare passivamente un rinnovo a perdere per i lavoratori.
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