“Repubblica” e l’attività rivoluzionaria dei marxisti britannici a Napoli durante la Seconda guerra mondiale
L’edizione digitale di Napoli del quotidiano “Repubblica” ha pubblicato ieri, 29 maggio, un articolo dal titolo “Napoli 1944: la storia del trotzkista inglese che raccontava la libertà agli antifascisti italiani”.
L’autore, Marco Patucchi, ha il grande merito di raccontare una storia volutamente dimenticata dalla storiografia ufficiale: l’attività rivoluzionaria che i militanti rivoluzionari che aderivano alla Quarta internazionale svolsero negli eserciti alleati.
La storia di Harry Shindler rappresentava un lavoro nelle forze armate discusso e pianificato dalla Workers International League, la tendenza politica da cui la Tendenza marxista internazionale fonda le sue radici, che divenne poi la sezione britannica della Quarta internazionale.
La descrive Francesco Giliani, citato nell’articolo, nel suo libro “Fedeli alla classe” ma soprattutto Ted Grant, principale teorico della Wil nel suo “Storia del trotskismo britannico”:
“Avendo numerosi compagni nelle forze armate, l’organizzazione condusse un’energica attività all’interno dell’esercito. L’esercito era composto in prevalenza schiacciante da giovani di leva. Avevamo rifiutato di assumere la posizione pacifista dell’Ilp (Independent Labour Party) e di proporre l’obiezione di coscienza. Al contrario, insistevamo che tutti i compagni, tranne quelli necessari per il funzionamento dell’organizzazione, avrebbero dovuto andare nelle forze armate con la loro classe. Questa politica di attività rivoluzionaria nell’esercito ottenne risultati davvero importanti.
Per esempio, per sollevare il morale dei soldati i capi militari organizzarono quello che chiamarono l’Army Bureau of Current Affairs o Abca, che veniva utilizzato dai capi militari per spiegare ai soldati di leva cosa accadeva esattamente sui diversi fronti, per informarli sugli avvenimenti politici del momento e così via, e per ispirarli nella lotta militare contro il fascismo. In molti casi, dove i nostri compagni erano di stanza, prendemmo il controllo di diversi di questi Abca. I nostri compagni parteciparono al parlamento delle truppe al Cairo con effetti tali che i capi dell’Esercito dovettero chiuderlo. Nella Cirenaica, Arthur Leadbetter venne eletto Primo ministro e Ministro dell’Interno nel Parlamento delle truppe di Bengasi, ma venne rispedito al Cairo e l’esperimento del “Parlamentarismo” nelle forze armate fu concluso. (…)
Ovunque andassero [i nostri compagni] portando avanti la nostra agitazione rivoluzionaria, riuscivano a “bolscevizzare” le truppe, con grande costernazione degli ufficiali.”
Ted Grant e i militanti della Wil cercarono di applicare i consigli di Trotskij e di costruire il partito rivoluzionario all’interno delle Forze armate, per essere pronti a intervenire nelle situazioni rivoluzionarie che sarebbero scoppiate come in Italia, in diversi paesi dell’Europa come prodotto delle vicende belliche.
Peraltro, il timore per gli effetti politici del lavoro dei trotskisti all’interno delle forze armate di stanza in Italia è confermato anche dal rapporto sulle relazioni tra trotskisti britannici e statunitensi “in uniforme Alleata” e trotskisti italiani cui si fa riferimento nell’articolo di Patucchi.
Quello spesso dossier, commissionato da Kim Philby, capo del Secret Intelligence Service, ricostruisce minuziosamente, e con allarme, la rete di relazioni costruita nel 1943-1945 da quei soldati trotskisti con le principali organizzazioni che si opposero da sinistra alla politica interclassista togliattiana di unità nazionale, dalla CGL rossa di Enrico Russo alla Frazione di Sinistra dei Socialisti e dei Comunisti Italiani, passando per gruppi minori come il Centro Marxista d’Italia di Antonio Cecchi. Oltre a questo, il “dossier “Kilby” attesta l’interesse degli apparati di sicurezza britannici per il dibattito interno alla Quarta Internazionale, parzialmente ricostruito anche attraverso un sistematico controllo della corrispondenza dei soldati trotskisti in Italia con Jean van Heijenoort, allora residente a New York e segretario della Quarta Internazionale, e con Ted Grant, allora principale dirigente e teorico della sezione britannica della Quarta Internazionale. Kim Philby, all’epoca, lavorava già come “agente doppio” per Stalin: non è affatto improbabile, dunque, che questi rapporti finissero sulla scrivania del capo del Cremlino oltre che su quella del primo ministro britannico Winston Churchill.
La debolezza e la successiva degenerazione della quarta internazionale, il rafforzamento della socialdemocrazia e dello stalinismo alla fine della seconda guerra mondiale vanificarono gli sforzi dei trotskisti britannici, e fecero cadere nello sconforto e lasciare il movimento tanti militanti come Shindler.
L’articolo di Repubblica testimonia che ci furono lavoratori e giovani che cercarono e si batterono per una linea diversa da quella dello stalinismo e della collaborazione di classe. La nostra organizzazione conserva viva quella memoria, per essere pronta a svolgere un ruolo di primo piano nelle rivoluzioni future.
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Rick Atkinson, nel suo ‘Il giorno della battaglia’, ha raccontato la Reggia di Caserta di quei giorni di fine ’44 e inizio ’45: “Una moltitudine poliglotta entrava e usciva a tutte le ore: tommy e GI; piloti della RAF e crocerossine; carabinieri in marsina e tricorno; indiani inturbantati; polacchi con la divisa da campo britannica e le spalline rosse e bianche; coloniali francesi con il fez e nipoti dello zio Sam in verde oliva. Ogni tanto transitava anche qualche goumier marocchino con il burnus a strisce, che i fanti americani avevano soprannominato ‘il grembiule della nonna’. Le milleduecento stanze erano state convertite in dormitori, sale da pranzo, uffici, panetterie, lavanderie, c’era anche una barberia dove un servizio di barba e capelli costava quattro centesimi. Uno spazioso salone fungeva da campo di basket; una suite di tre camere era riservata ad una mostra sulle malattie veneree”.
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