RECENSIONE – “Nelle notte ci guidano le stelle”, di Valerio Evangelisti
Non è frequente leggere libri coraggiosi come Nella notte ci guidano le stelle, ultimo capitolo della trilogia di Valerio Evangelisti, Il sole dell’avvenire, dedicata alla storia dell’Emilia Romagna tra la seconda metà dell’Ottocento e la seconda guerra mondiale.
Arrivato col secondo volume alle soglie del ventennio fascista, Evangelisti avrebbe potuto imboccare la via “facile”: fascisti e antifascisti, partigiani e repubblichini, e così via. Ha scelto invece di calarsi fino in fondo nelle contraddizioni, di sporcarsi le mani nelle divisioni, nelle responsabilità, nelle ombre più che nelle luci, conducendo i suoi personaggi sul terreno scivoloso del dubbio.
Anche la scelta dei punti di vista è significativa. La visuale del fascista Tito Verardi, forse il personaggio più riuscito dell’intera trilogia, ci pone in prima fila davanti alle responsabilità del partito socialista nell’ascesa delle camicie nere: nel sottovalutarne la pericolosità prima, poi nel disarmare coscientemente le masse di fronte alle loro azioni, confidando nelle istituzioni, e infine nell’incapacità di organizzare una resistenza all’altezza dell’attacco. Il contrasto tra la bestiale determinazione dei fascisti e l’immobilismo dei socialisti di fronte alla distruzione di tutte le precedenti conquiste sociali, è un dolorosissimo pugno nello stomaco.
Un effetto simile lo provoca, nella seconda parte, la ricostruzione della guerra civile spagnola attraverso le vicende di Destino, spettatore inizialmente inconsapevole del tradimento della rivoluzione perpetrato dagli stalinisti in nome della “teoria delle due fasi”. Ancora una volta l’attenzione di Evangelisti, più che all’eroismo degli anarchici o del Poum (ovviamente non in discussione), si concentra ancora una volta sulle responsabilità della sconfitta.
È questa una delle chiavi fondamentali con cui viene interpretata, nella terza parte, anche la Resistenza: più che la vittoria contro il nazifascismo, la sconfitta della rivoluzione. Qui la scelta dell’autore è davvero controcorrente, e tanto più apprezzabile. Certo, non mancano gli episodi eroici, la resistenza civile, la solidarietà, di contro alla violenza e alla meschinità di fascisti e nazisti; non manca neppure il riconoscimento del ruolo fondamentale del partito comunista nell’organizzare le brigate partigiane. Ma al netto di tutto questo, rimane la percezione, nelle parole e nei gesti di tanti degli umili protagonisti della storia, che l’obiettivo per cui hanno scelto, o sono stati messi nella necessità, di rischiare tutto, non fosse semplicemente la fine della dittatura e la proclamazione di una democrazia borghese, ma molto di più, e che questo obiettivo è stato perduto per l’intervento intenzionale dei dirigenti del PCI.
È un punto di vista che, da marxisti, condividiamo in pieno: nel nostro documento La resistenza, una rivoluzione mancata e nel libro di Francesco Giliani, Fedeli alla classe, si trovano, in forma teorica, molte delle tesi esemplificate nel romanzo.
Noi che, a differenza dei personaggi, sappiamo che il Sole dell’avvenire, dopo settant’anni, non è ancora sorto, non possiamo accontentarci di una celebrazione, ma abbiamo bisogno di capire quali scelte compiere per diradare le nubi e da quali stare in guardia. Nella notte ci guidano le stelle è una lettura intensa e preziosa non solo per la qualità della scrittura, ma soprattutto perché ci invita a trovare delle risposte e a organizzarci per metterle in pratica.
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