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Per un Pride di liberazione e rivoluzione!

Quest’anno il Pride ha un significato particolare, perché si svolge sotto un governo guidato da una destra oscurantista e reazionaria, che non ha perso tempo a lanciare attacchi contro i diritti delle persone LGBT, attacchi che presumibilmente non faranno che intensificarsi e contro i quali urge una risposta militante e di massa.

 

 

L’offensiva del governo Meloni sui diritti LGBT

L’attacco più subdolo e ignobile ha colpito a marzo le famiglie omogenitoriali, con lo stop alla registrazione dei figli nati all’estero da coppie dello stesso sesso, che crea bambini di serie A e di serie B, questi ultimi sottoposti a una odiosa discriminazione.

Ora stanno partendo gli attacchi contro i Pride. Quello friulano, il FVG Pride, si è visto negare il patrocinio non solo dal Comune di Pordenone, dove si svolgerà, ma anche dalle università di Udine e Trieste: fatto che dà chiaramente il senso del clima politico alimentato dal governo e da Fratelli d’Italia. Se ne accorge pure il Parlamento europeo, che il 20 aprile ha accusato l’Italia (insieme a Ungheria e Polonia) di “retorica anti-diritti LGBT” (non che alle ipocrite parole dell’UE seguano i fatti).

Intanto, favorite da questo clima, continuano le aggressioni omotransfobiche nel nostro paese, contro le quali mancano ancora tutele specifiche. La transessualità rimane per molti manuali e associazioni una malattia mentale, nonostante l’OMS non la consideri più tale. L’intersessualità è ancora patologizzata. Matrimonio egualitario e diritto alla genitorialità sono nel dimenticatoio. Su questi e altri problemi dal governo non possiamo aspettarci che ulteriori passi indietro, non solo per la sua visione del mondo retrograda e conservatrice, ma anche perché attaccare i diritti LGBT fa parte del suo arsenale reazionario per distrarre dalla politica filo-padronale che sta realizzando sul piano economico.

Dio, patria e famiglia patriarcale

Questi attacchi vanno letti nel quadro dell’offensiva più generale del governo Meloni per riproporre il modello di famiglia tradizionale, con le mogli relegate a casa a fare le madri a tempo pieno, realtà che riguarda quasi la metà delle donne con figli tra 25 e 49 anni in Italia e aggravata dal taglio dei sussidi. Un recente rapporto di Save the Children certifica che precarietà e mancanza di diritti per l’infanzia sono le ragioni principali del basso tasso di natalità.

Su questi temi il governo si fa dettare la linea dalle associazioni “pro-life” e antiabortiste. Valditara ha ricevuto una “indagine” di Pro Vita sulla “teoria gender” nelle scuole, per prendere di mira, tra le altre cose, la carriera alias che riconosce l’identità degli studenti trans. Roccella ha dichiarato “perfetto accordo” con il Family Day sulla “famiglia costituzionalmente definita”, cioè uomo-donna, e sulla “difesa della vita”, ossia contro l’aborto.

 

Per un Pride di lotta!

L’altro motivo che rende particolare il Pride di quest’anno è che si svolge in una fase di durissima crisi del capitalismo. Una crisi che comporta tagli ai fondi sociali, maggiori ostacoli per l’apertura di centri antiviolenza, peggioramento delle condizioni salariali rendendo più difficile anche per le persone LGBT uscire da situazioni di violenza o sopraffazione, siano esse in famiglia, nella prostituzione o altri contesti. Una crisi che le misure economiche del governo di destra, come la riforma del fisco con l’obiettivo della famigerata flat tax, aggraveranno soltanto.

Oggi più che mai la lotta contro le discriminazioni e per i diritti civili è inseparabile da quella per i diritti sociali. Non sappiamo che farcene di diritti più o meno paritari sulla carta se poi non abbiamo le condizioni materiali ed economiche per poterli godere. E non basta dare una riverniciata “arcobaleno” a qualche azienda, istituzione, partito o corpo delle forze armate per cancellare l’oppressione sistemica che caratterizza la società in cui viviamo. La lotta di classe è il terreno comune dove le lotte contro lo sfruttamento del lavoro e tutti i diversi tipi di oppressione (di genere, sessuali, razziali…) possono unificarsi in un programma rivoluzionario di rottura col capitalismo. Capitalismo di cui questo governo cura gli interessi ed esprime il volto più reazionario, tanto nelle scelte economiche quanto nella bigotteria morale.

Ce n’è da vendere perché il Pride assuma un tono ancora più politico, più combattivo, rivoluzionario. Dalle piazze arcobaleno può e deve partire un grido potente e assordante: Meloni vattene!

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