Pavia – Quattro morti in una vasca di liquami: una tragedia inevitabile?

Lo scorso 11 settembre quattro lavoratori indiani sono morti asfissiati dopo essere cadute in una vasca di liquami in un allevamento di bovini di Arena Po, nella provincia di Pavia. Erano i due titolari dell’azienda, i fratelli Prem Singh e Tarfem Singh, e i dipendenti Harminder Singh e Manjinder Singh. I due fratelli erano titolari dell’azienda da poco più di 5 anni. Per la Procura di Pavia il reato ipotizzato è omicidio colposo plurimo: una delle vittime sarebbe entrata nella vasca durante l’operazione periodica di spurgo che viene effettuata con una cisterna trainata da un trattore. L’operaio sarebbe svenuto a causa dello CO2 prodotto dalla fermentazione dei liquami. A quel punto in una drammatica “catena”, tipica di questo tipo di incidenti, gli altri si sono avvicinati cercando di salvarlo. Ma l’anidride carbonica esalata dai liquami non ha odore, né colore. La persona crede di respirare aria normale, ma siccome manca l’ossigeno, lo svenimento arriva in pochi secondi.

Ora vediamo la disperazione delle famiglie, i titoli dei giornali che parlano di “tragedia” e “morti bianche” nel tentativo di considerarle diverse, quasi senza responsabili… Ma come stanno le cose?

Gli incidenti sul lavoro si devono sempre alla mancanza di prevenzione e di formazione. Ogni attività lavorativa ha dei punti critici, che vanno individuati perchè in certi casi possono comportare seri pericoli. Il movimento operaio fin dalle sue origini ha rifiutato la definizione di “tragedie inevitabili” , esigendo che ogni punto critico nel lavoro deve essere studiato per cancellarlo o fare in modo che la possibilità che qualcosa vada storto sia minima. Ma la presa in esame dell’insieme del ciclo lavorativo e soprattutto le decisioni da prendere per ridurre alla radice la possibilità di incidenti comportano delle spese, in alcuni casi molto importanti. Perciò spesso il padronato preferisce ignorare i pericoli e cinicamente mettere in conto la possibilità di incidenti…Vi ricordati dei sette compagni bruciati vivi alla Thyssenkrupp di Torino, perché la direzione aveva scelto di lavorare senza adeguate condizioni di sicurezza visto che l’impianto stava per chiudere a breve? Tocca a chi lavora difendersi e pretendere che dal lavoro si torni sempre a casa sani e salvi.

Ciò è sempre più facile quando il movimento operaio è forte, i lavoratori sono organizzati e sono capaci di difendersi. Cosa accade invece in realtà come l’azienda di Arena Pò?

Vediamo un’azienda con due titolari e tre dipendenti, dove ovviamente tutti i cinque lavorano sodo per accudire almeno 300 mucche. Sappiamo che esiste lo sfruttamento dei dipendenti, ma esiste anche l’autosfruttamento dei cosiddetti “padroncini”. Produrre latte ai prezzi stabiliti dalle centrali del latte e dai grandi caseifici comporta lavorare da mattina a sera senza perdere un minuto. Quando il primo lavoratore si è avvicinato alla vasca dei liquami non lo avrebbe dovuto fare senza una maschera di ossigeno che li permettesse di sopravvivere allo CO2. Era stato avvertito che questa misura era una questione di vita o di morte? Lo sapevano i due titolari e l’altro dipendente che sono morti?

Crediamo che tutti e quattro avevano presenti soprattutto le scadenze (bancarie, di consegna del latte…) piuttosto che regole “salvavita” che avrebbero fatto la differenza.

D’altronde i morti sul lavoro in Italia sono stati più di 13.000 negli ultimi 10 anni. E sono in crescita. L’Osservatorio indipendente sulle morti sul lavoro di Bologna segnala che queste tragedie mostrano che sul lavoro si muore sempre allo stesso modo. Disgrazie prevedibili. Sulla carta facili da evitare.

Il 2019, fino ad ora, sta registrando un nuovo aumento degli incidenti rispetto al 2018, che aveva già segnato un rialzo di oltre il 6% di morti rispetto all’anno precedente. Lo scorso anno le denunce di infortunio mortale sono state – secondo dati Inail – 1.218, contro le 1.148 del 2017 e le 1.154 del 2016.

Chi scrive ha avuto l’onore di accompagnare un minatore dello Yorkshire in una campagna di solidarietà con il loro storico sciopero, durato quasi un anno, nel 1984-85. E ricordo bene il mio stupore quando mi ha spiegato che con più di 160 mila minatori erano riusciti ad eliminare gli incidenti mortali dal 1964! Come avevano fatto? Con una sindacalizzazione molto alta erano riusciti ad individuare tutti i punti critici della loro attività e a sostituire gli uomini con macchine o a metterli in condizione di non subire incidenti. Il tutto era costato ingenti investimenti, in alcuni casi lo sviluppo di nuove macchine (come quelle che facevano la escavazione e la coibentazione alla stesso tempo) ma il risultato di nessun morto in un ventennio era valso la pena. Sicuramente per i lavoratori, ma non per il padronato e i capi del partito conservatore che volevano a tutti i costi finire con la forza organizzata del N.U.M. (Sindacato nazionale dei minatori).

La lezione di questo esempio storico crediamo sia evidente. Le condizioni di lavoro (intensità, pericolosità, salario) dipendono del rapporto di forza tra chi lavora e chi li paga (direttamente o indirettamente, come quando formalmente i lavoratori sono “autonomi”). Perciò i lavoratori non possono fidarsi delle leggi, del senso comune o della buona fortuna. Per avvicinarci all’obiettivo di finire con gli incidenti sul lavoro serve organizzarsi e lottare. Contro i ritmi forsennati, contro i salari da fame, per la dignità di chi lavora e infine per sostituire questo sistema che usa al 90% dell’umanità per arricchire al 10% di ricchi e super ricchi.

Articoli correlati

Corrispondenze Operaie

Reggio Emilia: le coop sociali attaccano i lavoratori

Alla fine del mese di settembre è stato disdetto da parte di Lega Coop e Confcooperative il contratto integrativo territoriale per i lavoratori delle cooperative sociali di Reggio Emilia e provincia. È un atto molto grave, considerando il già elevatissimo sfruttamento che pesa sulle spalle dei lavoratori del settore.

Corrispondenze Operaie

Milano, 19 gennaio – Sciopero e manifestazione contro le morti sul lavoro

Non c’è questione più politica di questa: se contino di più fatturato e profitto o la vita e la salute dei lavoratori. E se anche inchieste e processi potranno forse stabilire la dinamica dei fatti, la vera risposta non verrà nelle aule di un tribunale o dai vertici in prefettura, ma da una chiara e cristallina ripresa del conflitto di classe, nei luoghi di lavoro e in tutta la società.

Corrispondenze Operaie

Alcatel-Flextronic – Una sconfitta per i lavoratori interinali

I lavoratori di Alcatel-Lucent Trieste hanno detto sì all’accordo di acquisizione proposto dall’americana Flextronics il 23 giugno. 459 sì contro 34 no, una vittoria apparentemente schiacciante. Mancano però all’appello 278

Corrispondenze Operaie

Flex (Trieste) – Rompiamo il silenzio! Per la salute e per il lavoro!

Il volantino che i compagni di Sinistra classe rivoluzione Trieste stanno distribuendo davanti alla Flex, una delle principali aziende metalmeccaniche della provincia, al centro di una crisi sanitaria e occupazionale.

Corrispondenze Operaie

Il Red Friday dei lavoratori Amazon

Cgil Cisl Uil e Ugl hanno convocato nel giorno del Black Friday uno sciopero di 24 ore dei dipendenti Amazon del sito di Castel San Giovanni a Piacenza. Lo sciopero ha aperto una nuova era, e non è che l’inizio!

Corrispondenze Operaie

Il lockdown non ha protetto i lavoratori

C’è una crisi che sembra essere passata in secondo piano durante lo scorso anno: i morti sul lavoro, le cosiddette “morti bianche”. Con una media di 3,17 morti al giorno per la decade 2009-2019, di cui si parla troppo poco, vuol dire che c’è un’altra emergenza che non è finita. Questa emergenza è la lotta di classe.