Parma – Pizzarotti e l’omogenitorialità: ma esiste davvero una “famiglia tradizionale”?

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Parma – Pizzarotti e l’omogenitorialità: ma esiste davvero una “famiglia tradizionale”?

Lo scorso 21 dicembre, il sindaco di Parma Federico Pizzarotti ha annunciato sui social network di avere con entusiasmo concesso lo status genitoriale a due famiglie di orientamento omosessuale e di voler continuare sulla linea del riconoscimento del diritto all’omogenitorialità. Nei giorni immediatamente successivi, le voci accusatorie e critiche non hanno tardato a farsi sentire.

Con grande risalto mediatico, numerosi sono stati gli attacchi alla giunta Pizzarotti: prima tra tutte l’estrema destra ha dichiarato il proprio dissenso affiggendo davanti a casa del Sindaco di Parma uno striscione che recitava “mamma e papà, tutto il resto è omofollia”, firmato da Forza Nuova.
Tempestivo è stato anche l’intervento dei vertici del clero locale: il vescovo di Parma Solmi ha affermato che esiste solo un modello familiare, quello eterosessuale, e che ogni altra forma di unione non può essere degna di essere chiamata famiglia.

I giornali locali hanno dedicato numerosi articoli e svariate pagine a mostrare le posizioni del vescovo, alle quali, alcuni giorni dopo, si sono aggiunte le dichiarazioni del parroco parmigiano Don Rossolini, che ha senza mezzi termini esortato il primo cittadino alle dimissioni e rilevato che “non esistono altre forme familiari al di fuori di quella tradizionale”. Laicità delle istituzioni? Forse formale, ma di certo non sostanziale.
Infatti, all’indomani della presa di posizione omofoba degli esponenti del clero cattolico, anche alcuni esponenti politici locali si sono inseriti nel dibattito: tra questi due dei quattro consiglieri comunali del Partito Democratico hanno diffuso un comunicato stampa nel quale si dimostravano scettici verso le scelte di apertura ai diritti civili della giunta Pizzarotti.
Questo sconcertante quadro dimostra ancora una volta che, sebbene la bandiera dei diritti degli omosessuali sia spesso sventolata non solo da partiti di sinistra ma persino da alcuni settori della borghesia – i quali di certo traggono un notevole vantaggio economico dallo sviluppo di un settore di mercato legato all’apertura ai diritti civili – , nella realtà materiale la mentalità diffusa è nutrita da profondi pregiudizi che trovano le loro radici nelle dinamiche del sistema capitalista.

Un secolo e mezzo fa Engels, ne L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, ha magistralmente spiegato ciò che ora anche molti studi antropologici e scientifici dimostrano con certezza: la famiglia è un istituto dinamico, che cambia in base agli stadi della storia umana. Anche la famiglia eterosessuale e monogamica, tanto valorizzata anche oggi come unica forma possibile di convivenza dalle religioni e dalla borghesia, non è che uno stadio: è la tipologia familiare che si è formata in seno a una società divisa in classi e suggellata dall’oppressione femminile. Dal momento che la famiglia non è sempre esistita e, di certo, si è adeguata alle necessità del sistema economico-sociale delle varie epoche risulta dunque evidente che il concetto di “famiglia tradizionale” sia soltanto una distorsione: la necessità assoluta di concepire l’assetto dei nuclei familiari come entità monogamica, eterosessuale e vincolata biologicamente al rapporto tra genitori e figli è nata dall’esigenza di trasmissione verticale della proprietà ed è concepita come unica forma possibile dalle esigenze del capitalismo stesso.
Salutiamo con entusiasmo qualsiasi acquisizione di diritti , qualunque avanzamento verso la libertà di ciascun essere umano e ogni forma di lotta contro le oppressioni; lottiamo per il riconoscimento dei diritti matrimoniali e genitoriali, ma risulta evidente che su queste basi materiali non è possibile rompere con la morale familiare utile alla borghesia. Per liberarsi completamente del patriarcato e dell’omofobia, delle logiche reazionarie che limitano la piena libertà affettiva è necessario assumere un punto di vista anticapitalista, che non abbandoni mai una visione di classe. Le manifestazioni convocate in molte piazze negli ultimi anni ci hanno mostrato che la voglia di lottare per i diritti civili è forte ed è molto sentita, ma abbiamo notato anche quanto questa sia strettamente connessa alla lotta per un futuro migliore, che dia garanzie di lavoro, casa, istruzione e sanità per tutti.

Sotto il capitalismo ogni conquista rimane provvisoria e di certo non accettiamo che a guidarci nella lotta contro le oppressioni siano i partiti dell’establishment, come il Partito Democratico, che si mascherano di parole progressiste, ma che non si risparmiano di accodarsi alle esigenze della classe dominante attaccando diritti e condizioni di vita delle masse.
È fondamentale dunque che la lotta contro le oppressioni di orientamento sessuale o di genere si integri col movimento dei lavoratori, assuma connotati anti-sistema: una lotta contro la società divisa in classi è il coronamento e il veicolo più saldo contro tutte le discriminazioni.

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