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Palestina di nuovo in fiamme: è ora di una lotta di massa!

Le manifestazioni contro gli sgomberi forzati nel sobborgo di Sheikh Jarrah e nella spianata delle moschee, represse nel sangue dalla polizia israeliana che si è spinta anche all’interno della moschea di Al-Aqsa, hanno rivelato la realtà che si cela dietro la propaganda sionista, ampiamente diffusa anche in Italia, che vuole Israele come un’isola idilliaca dove la vaccinazione di massa ha funzionato a meraviglia e il Covid è stato sconfitto.

La realtà è appunto un’altra e oggi appare in tutta la sua sanguinosa recrudescenza. Il popolo palestinese, oppresso da settant’anni, è quello che ha pagato e continua a pagare di più la crisi pandemica, escluso com’è stato sistematicamente da ogni possibilità di cura decente e dalla campagna di vaccinazione, vessato dalla disoccupazione e dalla povertà, a cui si aggiungono le continue provocazioni della destra israeliana. La linea della sopportazione doveva presto essere superata.

E così è stato con i tentativi di sgombero di alcune case del sobborgo di Sheihk Jarrah, case abitate storicamente da famiglie arabe israeliane destinate da un tribunale a coloni ebrei, in un vero e processo di epurazione etnica. Questa volta però le manifestazioni in difesa della popolazione araba hanno assunto un carattere di massa, ampio, popolare e partecipato da migliaia di giovani, e si sono presto estese a molte altre città.

È stato questo carattere di massa che ha spinto il governo israeliano a una risposta violenta, nel tentativo malcelato di nascondere e superare la propria crisi, che ormai dura da diversi anni e che anche le ultime elezioni non hanno nei fatti risolto. Come spesso accaduto anche in passato, Netanyahu, uscito dalle elezioni senza una maggioranza in grado di formare un governo, si copre a destra scaricando violenza gratuita sui palestinesi. Dal canto loro, Hamas e Fatah hanno colto la palla al balzo per provare a nascondere e recuperare la propria crisi, il primo riprendendo in maniera più intensa che mai il lancio di razzi (razzi giocattolo paragonati alla potenza di fuoco di Tsahal, l’esercito israeliano), le seconda rimandando delle elezioni (di cui abbiamo scritto su Rivoluzione 77)  che con tutta probabilità avrebbe perso.

Nel mezzo le masse palestinesi, come sempre uniche e vere vittime dell’escalation militare. Decine le vittime e centinaia i feriti già nelle repressione delle manifestazione e dell’irruzione nella moschea di Al-Aqsa, decine (mentre scriviamo il numero cresce di ora in ora) le vittime dei bombardamenti dell’esercito Israeliano sui territori occupati, formalmente indirizzati verso obiettivi militari ma in realtà rivolti a creare il terrore tra i civili.

È una nuova Intifada? Presto per dirlo, ma il fatto che le masse palestinesi al momento non abbiano accettato di restare vittime inermi dell’escalation militare, che le manifestazioni stiano continuando in tutti i territori occupati e anche in Israele, è un segnale positivo.

Solo il protagonismo delle masse, che superi i nazionalismi e le divisioni etniche e religiose, che unisca gli oppressi sotto l’unica bandiera dell’internazionalismo proletario, solo la nascita di una federazione socialista del Medio oriente può dare una soluzione a un conflitto altrimenti destinato solo ad allungare la scia di sangue che il sionismo ha disegnato sulla Palestina lungo gli ultimi settant’anni.

A fianco della resistenza delle masse palestinesi a Sheik Jarrah!

Fuori le truppe d’occupazione israeliane!

Per una nuova Intifada, Palestina libera, Palestina rossa!

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