19 Maggio 2022 Roberto Sarti

No all’estradizione di Julian Assange!

Nell’aprile scorso la corte di Londra ha emesso un ordine di estradizione verso gli Usa per Julian Assange. Mentre scriviamo, da un giorno all’altro il governo britannico potrebbe renderlo esecutivo. Il fondatore di Wikileaks rischia negli Stati uniti fino a 175 anni di carcere, sulla base dell’Espionage act, una legge che punisce i “traditori che passano informazioni al nemico”.

Assange è stato arrestato una prima volta nel 2010 e, dopo aver passato sette anni nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra come rifugiato politico, dall’aprile 2019 è detenuto nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh, conosciuto anche come “la Guantanamo britannica”.

Ma qual è il crimine di Julian Assange?

Quello di aver diffuso a partire dall’aprile 2010 centinaia di migliaia di video, diari e documenti riservati del governo e dei servizi segreti americani. In questi documenti si squarcia un velo sulla natura dell’imperialismo statunitense. Si va dalla documentazione delle torture e dei soprusi a Guantanamo e negli altri carceri militari Usa, alle operazioni militari in violazione di ogni convenzione internazionale in Iraq e Afghanistan. C’è il video “Collateral murder” dove gli elicotteri a stelle e strisce sparano su civili iracheni inermi, provocando 18 morti, tra cui due giornalisti della Reuters. La telecamera era stata scambiata per un lanciarazzi! Ma i documenti rivelano anche le stragi nascoste in Afghanistan , con centinaia di morti mai documentati prima.

Altri documenti descrivono le operazioni compiute dai servizi per condizionare i governi, come le intercettazioni telefoniche ai principali capi di governo del mondo (anche “alleati” come Merkel), o per stringere accordi commerciali a condizioni favorevoli agli Usa. “Perché non ci sono golpe negli Usa? Perché non c’è un’ambasciata statunitense”, scherzavano due diplomatici.

Nuova luce viene lanciata anche sugli intrecci fra governi e multinazionali, come l’aiuto fornito dai servizi segreti alla Union Carbide contro gli attivisti che richiedevano giustizia per la strage di Bhopal, dove nel 1984 una fuoriuscita di sostanze tossiche provocò quasi 4mila morti.

Molti di questi documenti furono fatti trapelare da Chelsea Manning, coraggiosa analista dell’intelligence, che ha pagato per questo con 7 anni e 4 mesi di carcere, interrotti solo dalla grazia concessa nel 2019.

La colpa di Assange è dunque quella di aver detto la verità, cosa che non va assolutamente a genio alla classe dominante quando nuoce ai propri interessi.

La “lotta per la democrazia e della libertà” la “difesa dei valori umani”, il “sacro valore del giornalismo”, tutte parole che trasudano di ipocrisia in bocca a Biden o Johnson.

Assange è stato spiato per anni nell’ambasciata dell’Ecuador (e la violazione della sovranità?). Gli Usa hanno promesso al paese latinoamericano la cancellazione di parte del debito, in cambio della fine dell’asilo politico al giornalista australiano. Se tale pressione non fosse riuscita, la Cia sarebbe passata al piano b, quello di rapire o uccidere Assange, per “consegnarlo alla giustizia”, come rivelato di recente da Yahoo News.

La difesa della libertà di espressione e di informazione può vincere solo se legata alla lotta di classe!

Libertà per Julian Assange!

 

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