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Manifesto contro la guerra

 

Mobilitiamoci contro la guerra!
No all’invio di armi, alle sanzioni, ai razionamenti!
Fuori l’Italia dalla Nato! Per l’internazionalismo!

 

A otto mesi dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, la guerra si prolunga e si estende. Nessuna soluzione è in vista mentre aumentano le distruzioni, le morti, la miseria anche ben oltre i paesi coinvolti.

Tutte le roboanti menzogne di guerra, da entrambi i lati, sono messe a nudo.

Ribadiamo innanzitutto che questa guerra è un conflitto che vede contrapporsi due schieramenti ugualmente reazionari, ugualmente responsabili e che non devono ricevere nessun sostegno da parte dei lavoratori, dei giovani, delle masse che in questo conflitto nulla hanno da guadagnare e tutto da perdere.

 

Una guerra reazionaria da entrambi i lati

Ci dicono che è una guerra per la pace, che bisogna sconfiggere l’aggressione di Putin. Certo, la Russia ha invaso l’Ucraina, un atto che condanniamo senza riserve e che sta causando enormi distruzioni e sofferenze. Ma gli Usa e la Nato sono altrettanto responsabili, non solo per tutte le guerre che hanno condotto da decenni a questa parte, ma anche per avere sistematicamente minacciato la Russia, espandendosi a est per migliaia di chilometri, fino a cercare di inglobare l’Ucraina e la Georgia, estendendo la propria presenza militare in tutti i paesi confinanti. La verità è che se la Russia è colpevole di aggressione, gli Usa sono altrettanto colpevoli di condurre una vera e propria guerra per procura, nella quale l’Ucraina è la carne da cannone. Come ha cinicamente detto un ex generale Usa, “stiamo investendo 66 miliardi di dollari, l’1,1 per cento del bilancio Usa, e con questo abbiamo gli ucraini che combattono per noi e possono sconfiggere la Russia”. (Gen. Jack Keane per Fox News, 11 ottobre).

Allo stesso modo l’Economist, uno dei giornali più rappresentativi dei grandi capitalisti occidentali, definisce sistematicamente questa “una guerra per procura” degli Usa contro la Russia.

Le chiacchiere sulla “pace”, la “democrazia”, il “diritto internazionale” vanno bene per ingannare il popolino nei telegiornali, ma i rappresentanti della classe dominante sanno benissimo qual è la realtà: questa guerra è solo un tassello di un conflitto globale tra le grandi potenze per il dominio sul pianeta e in particolare del tentativo degli Usa di difendere la loro posizione di prima potenza capitalistica.

 

Le menzogne su “democrazia e autodeterminazione”

Ci dicono che con la guerra si difende il diritto dell’Ucraina all’autodeterminazione e all’indipendenza nazionale: un diritto democratico fondamentale. Ma l’Ucraina ha sistematicamente represso i diritti nazionali delle popolazioni dell’Ucraina orientale fin dal 2014, con una brutale guerra civile che ha portato a 14.000 morti. E ricordiamo anche che già nel 2014 nelle repubbliche di Donetsk e Lugansk si tennero dei referendum nei quali la popolazione si espresse largamente per l’indipendenza. Allora non c’erano le truppe russe nel Donbass, c’erano invece le sanguinose “operazioni antiterrorismo” del regime di Kiev e delle milizie nazionaliste e neonaziste. Se i governi occidentali sono così preoccupati per il diritto dei popoli all’autodeterminazione possono dimostrarlo in Palestina, in Catalogna, in Irlanda del nord, in Kurdistan…

Ci dicono che in Ucraina si difende la democrazia contro l’autocrate Putin. Ma in Ucraina ben 11 partiti sono stati messi fuori legge da Zelenskij con l’accusa di essere “filorussi”. Partiti che avevano raccolto consensi di massa e che in molte regioni erano anche stati maggioranza, per non parlare del Partito comunista e delle altre forze di sinistra, banditi già nel 2015. Zelenskij ha accentrato tutti i media nelle mani del governo e recentemente ha fatto approvare una legge che demolisce i diritti dei lavoratori ucraini, introduce la settimana lavorativa di 60 ore e minaccia di azzerare tutte le tutele sindacali. Di quale democrazia ci vengono a parlare?

 

Il prezzo lo paghiamo noi

La natura di questa guerra, come di ogni guerra, non dipende da “chi ha cominciato”, ma dalla natura dei governi che la conducono. Gli scopi di guerra non c’entrano nulla con le dichiarazioni della propaganda, ma sono dettati esclusivamente dagli interessi delle diverse classi dominanti che si combattono. Una guerra condotta dalla borghesia, sia quella di Mosca, di Washington, di Kiev o di Bruxelles, non può che essere una guerra condotta per fini reazionari.

L’Italia e l’Europa sono a pieno titolo coinvolte in questo conflitto. Lo dimostrano l’invio di armi, le sanzioni imposte alla Russia, l’accresciuta presenza militare in Europa orientale. Le conseguenze sono già oggi pesanti e destinate ad aggravarsi.

Il sabotaggio del gasdotto Nord Stream (opera, secondo ogni logica, degli Usa e dei loro alleati), l’annessione dei territori dell’Ucraina orientale alla Russia, la mobilitazione parziale decretata da Putin, l’ulteriore invio di armi occidentali all’Ucraina significano che il conflitto si prolungherà ancora a lungo, con minacce di possibile estensione.

E come sempre a pagare sono i lavoratori e le classi popolari. In Italia il 10 per cento della popolazione è in povertà assoluta, il massimo storico. I prezzi sono fuori controllo, mentre si preparano misure di razionamento su riscaldamento, elettricità, servizi pubblici. L’aumento delle bollette per le famiglie atteso in autunno si stima fra il 60 e il 100 per cento. Un numero crescente di imprese industriali sono costrette a fermare o a ridurre la produzione per i costi energetici, si propone di ridurre i giorni di apertura delle scuole per risparmiare sul riscaldamento. E non si vede la fine.

Tutto questo mentre si aumentano le spese militari, mentre le imprese del settore energetico hanno fatto profitti da capogiro e si sono rifiutate anche di pagarci sopra le tasse (un miliardo versato contro 10 miliardi dovuti).

Le sanzioni imposte da Usa e Ue contro la Russia sono tra le cause dirette di questo disastro economico e sociale, peggiorando la situazione già critica degli anni scorsi.

Le conseguenze della guerra si estendono anche alla situazione ambientale. Si rilanciano le fonti energetiche più inquinanti (carbone, petrolio, nucleare), naturalmente in nome della “pace, libertà e autosufficienza energetica”, come recitano le campagne pubblicitarie dell’Unione europea.

Una propaganda martellante vuole convincerci che solo così potremo difendere la democrazia e il benessere del “mondo libero”. Ma questo supposto benessere diventa ogni giorno di più un ricordo del passato. E quanto alla democrazia, notiamo che una larga maggioranza della popolazione è contraria al coinvolgimento italiano nel conflitto, come rilevato anche da numerosi sondaggi. Eppure di questa opinione di massa non c’è stata alcuna rappresentanza nel parlamento e nelle istituzioni borghesi, che si sono compattamente schierate in favore della guerra, accusando chiunque non sia d’accordo di essere vile, cieco o servo di Putin.

 

Cominciano le mobilitazioni

È quindi di enorme importanza che si comincino a organizzare manifestazioni contro la guerra e per la pace, come quella convocata a Roma per il 5 novembre, o le iniziative della Cgil. Facciamo appello a partecipare attivamente a queste iniziative per rompere l’assordante coro della propaganda di guerra.

Tuttavia è necessario essere chiari su quali scopi ci prefiggiamo con queste mobilitazioni, e come vogliamo raggiungerli.

Praga, 3 settembre: in 70mila contro la guerra

Le manifestazioni fin qui convocate hanno al centro la richiesta di una trattativa. Ma stiamo ai fatti: Mosca ha appena decretato l’annessione delle quattro province ucraine dove si sono organizzati i referendum, e ha decretato una mobilitazione parziale, dichiarando che sono disposti a trattare solo sulla base di queste annessioni. Sul fronte opposto, Zelenskij ha fatto votare una legge che proibisce qualsiasi trattativa con la Russia. Da parte sua Biden riconferma di voler sostenere l’Ucraina ad oltranza; il Parlamento europeo ha votato una risoluzione con 504 favorevoli, 26 contrari e 36 astensioni che esorta ad aumentare massicciamente le forniture militari all’Ucraina e propone un tribunale internazionale per processare Putin e tutti i funzionari russi coinvolti nella guerra; il G7 con la partecipazione dell’Ue, nel condannare le annessioni, ha dichiarato il suo “sostegno incrollabile” all’Ucraina e alla sua sovranità integrale non solo sui territori annessi alla Russia in ottobre, ma anche sulla Crimea. L’Ue ha deciso di addestrare fino a 15.000 soldati ucraini, mentre la Gran Bretagna già li addestra. E allora, di quale trattativa vogliamo parlare?

L’unico modo per agire realmente contro la guerra non è continuare a ripetere “tacciano le armi” (che continuano invece a distruggere), o “trattativa subito” (quando tutti i governi coinvolti sono impegnati ad allargare e prolungare il conflitto). L’unica strada è agire concretamente contro i propri governi per costringerli a ritirare la propria partecipazione, diretta o indiretta, a questa guerra. Nel nostro caso, agire contro il governo italiano (e poco cambia se è il governo Draghi o il costituendo governo Meloni) e dell’Unione europea. Quella Unione di cui ci hanno detto per anni che era la garanzia della pace in Europa, che avrebbe posto fine all’incubo della guerra sul nostro continente, e che oggi invece è in prima linea nell’alimentare l’isteria bellicista.

 

Un programma di lotta

Ci vuole una piattaforma chiara, che comprenda in primo luogo questi punti:

1) Blocco immediato delle forniture di armi.
2) Revoca delle sanzioni.
3) Nazionalizzazione integrale senza indennizzo delle imprese di tutto il comparto energetico e blocco dei prezzi al consumo.
4) Scala mobile con adeguamento automatico dei salari all’inflazione.
5) No all’aumento delle spese militari.
6) Ritiro della presenza militare all’estero, a partire da quelli limitrofi al conflitto.
7) Fuori l’Italia dalla Nato, chiusura delle basi Nato e Usa.

È indispensabile partire da queste rivendicazioni se vogliamo fare chiarezza nel nascente movimento contro la guerra e non ridurlo a una farsa in cui chi ci ha portato in questa situazione cerca di coprire le responsabilità parlando a vuoto di pace.

Quegli stessi partiti che hanno votato compattamente l’invio di armi e le sanzioni, oggi cercano di rifarsi una verginità “pacifista”. Se il Pd è stata la forza più guerrafondaia finché c’era il governo Draghi, anche i 5 Stelle sono egualmente responsabili. Conte ha fatto una pantomima in parlamento per poi votare tutti e tre i decreti per l’invio di armi. Non stupisce che oggi parlino di andare in piazza “senza bandiere”…

Ma chi come noi si è opposto alla partecipazione a questa guerra fin dal primo giorno non ha niente da vergognarsi. La nostra bandiera e il nostro programma sono puliti!

 

Mobilitare la classe lavoratrice

Ci rivolgiamo in particolare al sindacato affinché impegni tutta la sua forza in questa battaglia, che riguarda direttamente il futuro della classe lavoratrice. È necessario discutere nelle aziende e nelle fabbriche e creare le condizioni per una seria mobilitazione dei lavoratori per difenderci dalle pesanti ricadute economiche del conflitto, ma soprattutto per creare un chiaro punto di vista di classe alternativo a questo conflitto distruttivo e reazionario.

La nostra alternativa alla Nato e alla isteria bellicista antirussa non può essere quella del cosiddetto “mondo multipolare”, che sotto il capitalismo significa un mondo spartito fra alcune grandi potenze che organizzano i propri blocchi di potere e aree di influenza per meglio combattersi l’una contro l’altra. L’unica vera alternativa è quella dell’internazionalismo, dell’unione della classe lavoratrice al di sopra di qualsiasi frontiera, di qualsiasi divisione nazionale. Solo se i lavoratori si organizzano e rovesciano i governi che hanno portato alla guerra, si possono creare le basi per una pace onesta, che rispetti i diritti di tutti.

Si dirà che è una prospettiva utopistica: ma dire la verità non è utopismo, è la massima espressione di realismo. Utopista è chi pensa di poter fermare una guerra come questa con le preghiere, con fiumi di parole, appellandosi all’Onu o altre amenità.

Si dirà anche che opporsi alla partecipazione del nostro paese alla guerra significa aiutare Putin e legittimare la sua invasione, ma è vero il contrario: un forte movimento contro la guerra, radicato nella classe operaia, che costringesse il governo a ritirarsi, sarebbe un fattore potente di richiamo per i lavoratori e i giovani in tutti i paesi coinvolti, compreso in Russia.

La guerra non è caduta dal cielo, né è nata dalla volontà perversa di un individuo. È il frutto marcio di un capitalismo ormai fallito, in cui ogni classe dominante cerca di uscire dalla crisi scaricandola sui propri concorrenti e avversari con le sanzioni, il protezionismo, le minacce militari e anche la guerra.

Questo è tutto quello che oggi ci offre il capitalismo. Lottare contro la guerra significa lottare contro la borghesia e il suo sistema, per un mondo nel quale le risorse siano gestite dai lavoratori nell’interesse della società, nel rispetto dei diritti di tutti i popoli. Oggi più che mai le nostre parole d’ordine sono:

Socialismo o barbarie!

Lavoratori di tutto il mondo, unitevi!

19 ottobre 2022

 

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