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“Lockdown” del turismo – Dal boom alla crisi, milioni di lavoratori senza diritti!

“Il contenimento forzato dell’epidemia dovuta al virus COVID-19 sta rendendo le nostre economie come in tempo di guerra”, così si esprimeva ieri Mario Centeno, presidente portoghese dell’eurogruppo. Ormai appare evidente come gli effetti economici della pandemia saranno catastrofici.

Tra i settori più colpiti c’è sicuramente quello del turismo. Secondo la ricerca annuale del WTTC (World Travel & Tourism Council) nell’anno 2018 il settore ha dato un contributo all’economia mondiale pari al 10,4% del totale con una crescita del +3,9%, superiore, per l’ottavo anno di fila, all’incremento del PIL mondiale. Nel 2018 il turismo è superato solo dal manifatturiero (+4%) e impiega una persona su 10 nel mondo (319 milioni di posti di lavoro); dopo anni di profitti record per le multinazionali del settore, si comprende l’enorme impatto che la quarantena su scala mondiale avrà in particolare su medie e piccole imprese e su milioni di lavoratori, come spegnere all’improvviso i motori ad un aereo in volo.

Questo è particolarmente vero per l’Italia che negli ultimi anni ha visto un notevole incremento delle presenze internazionali. Soltanto nel 2018 in Italia sono state registrate 428 milioni di presenze. Numeri record di presenze si sono registrati in questi anni in siti archeologici e musei, primi fra tutti Colosseo (7 milioni e mezzo) e Pompei (4 milioni e mezzo).

Già ai primi segnali della crisi in Cina e in varie zone dell’Asia il mondo del turismo in Italia era in fermento per il rischio di calo significativo di prenotazioni, ma a metà febbraio con i primi casi in Italia quello che sembrava semplicemente il rischio di arresto di una crescita inarrestabile si è rivelato subito una valanga. Solo nel primo trimestre sono fioccate le cancellazioni di tour, fino allo stop totale deciso l’8 marzo. Il turismo in Italia rappresenta da solo il 10% del PIL dando lavoro direttamente o indirettamente a 4,2 milioni di lavoratori, in gran parte giovani e precari. La maggioranza di questi sono stagionali e la crisi arriva proprio all’inizio della stagione turistica (che dura, in particolare per le città d’arte, da marzo/aprile a settembre/ottobre).

Allo stato attuale è impossibile stabilire se e quando possa ricominciare la stagione turistica, ma appare evidente che i tempi siamo ben più lunghi del 3 di aprile stabilito dal decreto Conte, mentre possiamo già contare i primi spaventosi danni al settore. Già la cancellazione di tutte le gite scolastiche e viaggi di istruzione dall’Italia e dall’estero ha inferto un duro colpo al settore, per non parlare della stagione sciistica, completamente chiusa dai decreti dell’8-9 marzo. Ed è niente in confronto al crollo del settore crocieristico, al centro della bufera in particolare dopo la vicenda della Diamond Princess. Questa situazione a parte la incredibile quantità di cancellazioni ha portato a decisioni drastiche come il blocco totale delle navi da parte di Costa Crociere (ferme almeno fino al 4 aprile).

Se questo è lo stato dell’arte è facile prevedere chi più di tutti pagherà questa crisi improvvisa e rovinosa, i lavoratori del settore: guide turistiche, tour leaders, operatori di front office, autisti, per non parlare del settore dell’accoglienza e della ristorazione (settori questi ultimi che sono spesso, ancor più degli altri, terreno per precariato e lavoro nero).

Innanzitutto va detto che, come per tutti gli altri settori produttivi, anche nel turismo c’è chi ha approfittato subito degli accenni di crisi per giustificare esuberi e licenziamenti, scaricando la crisi sulle spalle dei lavoratori. È il caso di Expedia, uno dei colossi del turismo online, che già il 25 di febbraio ha annunciato tagli per 3 mila posti di lavoro (pari al 12% del totale) o di Eurostal Hotel che ai primi di marzo ha avviato una procedura di licenziamento collettivo per 898 lavoratori. Ma questo rappresenta solo la punta di un iceberg di un settore fatto principalmente di piccole imprese e di lavoratori autonomi o stagionali,

Capitolo importante è quello che riguarda guide turistiche e tour leaders. Queste figure sono per la maggior parte inquadrate nel mondo del lavoro autonomo a partita IVA (anche se molto spesso si tratta di un vero e proprio lavoro dipendente “mascherato”, avendo uno o due agenzie committenti con cui collaborano durante l’intera stagione). Per questi lavoratori la crisi è ancora più nera, senza alcuna tutela, dato che più si lavora più si guadagna ma se si ferma il lavoro non hanno alcun introito. Inoltre il rapporto di collaborazione con le agenzie o tour operator che usufruiscono del servizio guida non ha alcuna garanzia nella sua regolamentazione.

Se infatti prima del 2009 le tariffe per guide e tour leaders erano stabilite da un tariffario orario regionale, con il decreto Bersani sulla “liberalizzazioni delle tariffe professionali” adesso la tariffazione è libera e soggetta alla contrattazione singola con il cliente o con l’agenzia. Questo provvedimento fu accolto con favore dalle guide turistiche, libere così di poter bilanciare a seconda della quantità di domanda la richiesta di tariffa, ma in molti non hanno considerato l’altra faccia della medaglia.

In questa fase di crisi verticale del settore infatti il potere contrattuale dei lavoratori del turismo rischia di essere schiacciato dal peso della crisi stessa e di dover porgere le spalle per portare la croce. Già il 6 di marzo AGTA (Associazione Guide Turistiche Abilitate) denunciava come in maniera unilaterale e con neanche 24 ore di preavviso molte agenzie hanno comunicato alle guide e agli accompagnatori che le loro tariffe sarebbero state abbassate e invitava la categoria a non accettare abbassamenti di tariffa.

Si tratta della solita retorica del “siamo tutti sulla stessa barca” che viene presentata ai lavoratori nei momenti di crisi, scordandosi ovviamente di dividere gli utili nei momenti di boom ( il settore è in crescita da 8 anni). Sempre AGTA sottolineava come, dopo la crisi post attentato alle torri gemelle del 11 settembre 2001, ci fu un abbassamento generale dei salari, che non ha più vissuto cambiamenti nonostante la straordinaria ripresa. Oltre all’appello a tutti a non accettare tariffe basse, bisognerebbe evitare la corsa al ribasso chiedendo il ritorno alla tariffa minima, evitando così la guerra tra poveri. Il sostegno del governo con il decreto “Cura Italia” che assegna ai lavoratori del settore un contributo una tantum di 600 euro per il mese di marzo e una sospensione del pagamento dell’IRPEF, è poco più di un elemosina per non morire subito di fame e non può per nulla risolvere i problemi strutturali che vivrà il settore nei prossimi mesi. Scandalosa è l’idea, ventilata dal direttore dell’Inps di un “clickday”, che darebbe il bonus solo a chi riesce a fare la richiesta prima degli altri, scatenando una inaccettabile guerra tra poveri

Ancora più complessa è la situazione per le centinaia di migliaia di lavoratori stagionali che salteranno completamente la stagione turistica di quest’anno. La scure della crisi si è abbattuta sul settore in un momento molto particolare; infatti sono proprio le ultime settimane di febbraio o le prime di marzo quelle in cui agenzie e piccoli e medi tour operator avviano i colloqui per l’assunzione di lavoratori stagionali con contratti spesso part-time (ma spessissimo con orari di lavoro decisamente superiori a quelli “in teoria” previsti dal contratto) e che in genere vanno da aprile a settembre/ottobre. Si tratta quindi di lavoratori per la maggior parte inattivi nei mesi precedenti all’emergenza coronavirus e che al massimo percepivano l’assegno di disoccupazione.

Se da una parte bisogna rivendicare assolutamente il blocco dei licenziamenti, va garantito anche a questi lavoratori che, rappresentano una grossa percentuale della forza lavoro turistica, l’accesso a forme di sostegno e devono essere considerati a pieno titolo tra i lavoratori che hanno perso il lavoro.

È assolutamente necessario che i lavoratori dei settore superino le diatribe interne e le battaglie di posizione che hanno caratterizzato questi anni, per formare un’unità di intenti a difesa dei propri diritti e per evitare di farsi dettare le regole da chi proverà ad approfittare della crisi per aumentare in futuro i propri profitti, monopolizzando sempre più il settore a discapito di diritti e salari.

È necessario rivendicare:

  • Salario minimo garantito per tutti i lavoratori fino alla fine della crisi
  • Controllo nazionale sulle tariffe minime dei servizi di guide e tour leaders

  • No alla gara al ribasso

  • Un piano straordinario di sostegno a siti archeologici e musei, la cui sopravvivenza è legata al numero di ingressi

  • Stabilizzazione di tutti i precari

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