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Legge Zan contro l’omotransfobia – I veri diritti si conquistano con la lotta!

Lo scorso 4 novembre il disegno di legge contro l’omotransfobia, nonostante l’alta astensione e la contrarietà di ben 193 parlamentari, ha ottenuto la prima approvazione alla Camera. Tuttavia l’ostruzionismo della destra sta facendo slittare a data sempre più incerta la conferma del Senato. La proposta di legge è nata da un’iniziativa del parlamentare Pd Alessandro Zan. Prendendo spunto da diverse iniziative avanzate dal centro sinistra dal 1996 ad oggi, tutte sfumate in un nulla di fatto, estenderebbe le sanzioni previste dal codice penale rispetto alla discriminazione razziale, etnica e religiosa, ai reati di discriminazione “fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere o sulla disabilità”, punibili con multe fino a 6.000 euro o, nei casi più gravi, con la reclusione.

 

Il boicottaggio della destra e della Chiesa

Mentre il centrosinistra ha gioito per la prima approvazione e si è adagiato sugli allori, a distanza di svariati mesi la legge è ancora ferma al Senato, dove i continui rinvii dipendono dalla forte ostilità di Lega e Fratelli d’Italia, le cui becere argomentazioni sono sostenute anche da associazioni Pro Vita e istituzioni ecclesiastiche: in una lettera aperta dai toni retrogradi che ricorda il sapore delle intransigenti encicliche medievali, la Conferenza episcopale italiana ha dichiarato che “una legge non serve perché l’ordinamento giuridico ha già norme che combattono le discriminazioni, anche quelle di genere” e ha sottolineato di voler evitare “derive liberticide”. Come se non bastasse, qualche settimana fa, la Congregazione per la dottrina della fede (già nota come Santa Inquisizione!) ha ribadito un severo anatema contro la consacrazione delle unioni tra coniugi dello stesso sesso.

Il tutto mentre nel corso del 2020 si sono registrati ben 138 episodi di violenza omofoba, 74 dei quali in Nord Italia (contando solo quelli denunciati), senza alcun calo rispetto agli anni precedenti.

 

Diritti veri e diritti sulla carta

In merito a questi temi, anche il Parlamento europeo, che già nel 2006 votava una mozione contro l’omofobia e oggi dichiara l’Europa “zona di libertà Lgbt”, nel corso di tutti questi anni non si è mai espresso contro le politiche discriminatorie di alcuni paesi membri. Come quelle della Polonia, che ha reso un terzo del paese “zona libera da Lgbt”, o dell’Ungheria di Orban, che ha modificato la Costituzione vietando ogni riconoscimento alle persone transgender e dichiarando guerra alle famiglie “non tradizionali”.

Per quanto nella “libera e progressista” Unione europea esistano leggi che vietano la discriminazione delle persone Lgbt sul posto di lavoro, un recente rapporto del coordinamento Pride Torino, elaborato coi sindacati, testimonia che il 13% degli omosessuali e il 45% dei transessuali dichiarano di essere stati respinti dalla candidatura a un posto di lavoro e che in molte realtà gli omosessuali guadagnano dal 10% al 32% in meno dei loro colleghi eterosessuali, mentre il 70% dei transessuali che hanno un lavoro fisso è costretto a subire mobbing. Si tratta di una palese dimostrazione del fatto che, sotto il capitalismo, un riconoscimento formale sulla carta non determina automaticamente la fine delle dinamiche di oppressione, che vantano delle basi materiali ben radicate.

I diritti che la legge democratico-borghese “concede” si riducono in ultima istanza alla libertà di essere discriminati. Lo dimostra anche il fatto che 3 giovani europei su 4 sono stati vittime di umiliazioni omofobe, il 35% dei quali ha subito episodi di bullismo addirittura a scuola, dove si studia la religione ma manca qualsiasi forma di sensibilizzazione sui temi della sessualità.

Se non è più rinviabile la lotta per il riconoscimento dei diritti civili di tutti, anche sul piano legale, non basta affidarsi allo Stato e alle istituzioni, che avanzano proposte apparentemente progressiste per disinnescare le più radicali esplosioni di lotta sociale e che, pure quando concedono diritti sulla carta, non garantiscono nel concreto un accesso dignitoso alla casa, al lavoro e alla salute.

Omofobia e patriarcato devono finire nella pattumiera della storia e per questo è necessario una lotta congiunta contro il sistema capitalista, che ha proprio nelle diseguaglianze il seme della sua sopravvivenza.

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