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Le elezioni tedesche: un altro terremoto politico

La definizione di terremoto terremoto politico è la più appropriata per descrivere le elezioni federali che si sono svolte in Germania domenica 24 settembre. Per la prima volta nella storia del dopoguerra un partito di estrema destra sarà rappresentato nel Bundestag (il parlamento federale). Allo stesso tempo i partiti che facevano parte della “Grande Coalizione”, guidata dal cancelliere Angela Merkel dal 2003 ad oggi, hanno subito sconfitte storiche.
La leader e cancelliere della CDU, Angela Merkel, che è stata in carica per 12 anni e che probabilmente ci rimarrà per altri 4 anni, sperava che, data la forza relativa del capitalismo tedesco, le cifre ufficiali di disoccupazione abbastanza basse e un presunto “fattore benessere”, la coalizione tra il suo partito, la CDU, e la CSU bavarese avrebbe facilmente riportato un’altra vittoria, arrivando attorno al 40 per cento.

Cdu -Csu e Spd riportano una seria sconfitta

Tuttavia, le cose non sono andate come immaginava. Cdu-Csu hanno perso milioni di voti e hanno subito un calo dell’8,5%, ottenendo il 33% – il secondo risultato peggiore dal dopoguerra. Secondo le prime analisi, la Cdu-Csu ha perso voti soprattutto all’estrema destra, verso la cosiddetta “Alternative für Deutschland” (AfD) e i liberali del FDP. La classe dominante avrebbe preferito una coalizione dei partiti borghesi tradizionali – Cdu-Csu e Fdp – ma alla fine a causa del calo dell’appoggio alla Cdu / Csu questa coalizione non è riuscita a ottenere la maggioranza.
Anche i Socialdemocratici (SPD) hanno subito una sconfitta di proporzioni storiche, dato che sono stati ridotti alla magra percentuale del 20,5 per cento dei voti espressi. Questa è di gran lunga la performance peggiore ottenuta dalla SPD nella storia del dopoguerra e che fa tornare il partito ai livelli raggiunti solo nelle elezioni del 1932 e del 1890! Quando Martin Schulz, l’ex presidente del Parlamento europeo, ha assunto la direzione dello SPD a gennaio alcuni speravano di spostare il partito più a sinistra e di allontanarsi dalla politica di “riforma” del mercato del lavoro che l’ex Cancelliere del SPD Gerhard Schröder aveva portato avanti tra il 1998 e il 2005.

Il risultato di queste “riforme” di Schröder ha rappresentato e rappresenta tuttora una massiccia precarizzazione del lavoro in Germania e un attacco ai disoccupati. Oltre un quarto della forza lavoro ha oggi un’occupazione precaria. Molti di loro ricevono salari poco al di sopra o addirittura al di sotto della soglia di povertà e hanno bisogno di un doppio lavoro per sopravvivere, oppure devono affidarsi alla sicurezza sociale per pagare l’affitto. Questa è, tra parentesi, la spiegazione principale per il presunto “miracolo occupazionale” tedesco e per il boom dell’export dell’industria tedesca.

Si sta sviluppando una crescente differenziazione tra i lavoratori occupati in posti relativamente “sicuri” e il crescente numero di lavoratori precari. Le varianti tedesche delle mense dei poveri (“Tafeln”) dove gli istituti di previdenza e i volontari distribuiscono cibo gratis ai disoccupati e ai lavoratori poveri stanno spuntando fuori come funghi in tutto il paese. Allo stesso tempo la polarizzazione tra le classi, tra ricchi e poveri, sta diventando sempre più ampia.
Schulz lo scorso febbraio ha suscitato aspettative tra molti operai quando ha spiegato che avrebbe modificato alcuni dei peggiori aspetti dell’agenda 2010 di Schröder; la SPD ha guadagnato migliaia di nuovi iscritti e stava crescendo nei sondaggi di opinione. Tuttavia, Schulz, che è un abile parolaio, ma non è mai stato davvero un socialdemocratico di sinistra, sotto la pressione del grande capitale ha annacquato ogni promessa reale. Ciò ha portato ad una diminuzione ulteriore dell’appoggio al SPD, con una progressiva scomparsa dell’immagine pubblica del partito, seguita da sconfitte elettorali in importanti elezioni regionali. L’indebolimento umiliante della SPD nella sua ex fortezza del Nord Reno-Westfalia nelle elezioni locali dello scorso mese di maggio è stato un segnale della sconfitta che si stava preparando a livello nazionale.

La SPD costretta all’opposizione

I leader della SPD sarebbero stati chiaramente disponibili a continuare l’alleanza in posizione subalterna alla Merkel per il prossimo mandato parlamentare, ma alla fine sono stati costretti a rinunciare ai loro propositi. Così, dopo pochi minuti dalla chiusura dei seggi elettorali, hanno annunciato la decisione di ritirarsi dalla coalizione e tornare ad essere il principale partito di opposizione. Questa rinuncia a portafogli ministeriali ben pagati rappresenta da parte loro un’espressione di panico ed è principalmente dovuta al fatto che hanno cominciato a rendersi conto che stavano per fare la stessa fine di altri partiti socialdemocratici in Grecia, Francia, Paesi Bassi e altrove, che sono stati letteralmente distrutti sulla base delle loro politiche di appoggio alle contro-riforme. Un’altra “Grande Coalizione” fra coloro che hanno perso le elezioni avrebbe trovato l’opposizione da parte di molti militanti di base e avrebbe potuto anche condurre a una scissione del partito.
Infatti, durante la campagna elettorale, molti iscritti e simpatizzanti SPD di lunga data avevano confessato che avrebbero dato il loro secondo voto di preferenza sulla scheda elettorale per la sinistra di Die Linke. Così, presentandosi come un’opposizione combattiva – almeno a parole – questi leader socialdemocratici di destra cercano di scampare alla critica sui loro fallimenti e provano di mantenere il controllo dell’apparato partito. È significativo che con un programma di sinistra il Partito laburista britannico sotto la guida di Jeremy Corbyn abbia ottenuto enormi guadagni elettorali, eppure nessuno nella direzione della SPD è disposto seriamente a discutere le lezioni del fenomeno Corbyn, in quanto ciò implicherebbe la messa in discussione del proprio ruolo

L’affermazione della AfD

L’ingresso del partito reazionario di destra AfD nel Bundestag sulla base di quasi 5,9 milioni di voti e una percentuale del 12,6 per cento dei voti espressi, è arrivato come uno shock per molti attivisti di sinistra e dei sindacati. Le roccaforti principali di AfD si trovano nell’ex Germania Est, dove la deindustrializzazione dopo lo smantellamento dell’economia pianificata nell’ex DDR stalinista ha portato impoverimento e demoralizzazione fra la popolazione locale.
L’AfD combina razzismo e slogan contro rifugiati e immigrati provenienti da paesi a religione musulmana con un liberalismo estremo, ma finora è riuscita abilmente a crearsi l’immagine di un’alternativa radicale “anti-establishment” rivolta agli elementi piccoli borghesi e declassati nella società. É stata fondata inizialmente come partito anti-euro da professori “neoliberali” come Bernd Lucke e figure provenienti dalla classe dominante come Hans-Olaf Henkel, ex presidente della Confindustria tedesca BDI, insieme ad alcuni ex- attivisti della CDU.
Tuttavia, da allora Lucke e Henkel hanno lasciato il partito e hanno pubblicamente criticato il recente spostamento a destra e la crescente influenza dei razzisti, e degli elementi semi-fascisti e fascisti all’interno del partito. Pertanto, non è un caso che Alexander Gauland, che è stato una figura importante dell’AFD durante la campagna elettorale, ha recentemente affermato che la Germania ha il diritto di essere “orgogliosa dei suoi soldati che hanno combattuto in due guerre mondiali”.
Sempra possibile un’altra scissione nell’AfD, poiché il presidente del Partito, Frauke Petry, che ha ottenuto il 37 per cento dei voti nella sua circoscrizione elettorale in Sassonia, ha annunciato lunedì mattina (25 settembre) che non sarebbe entrata nel gruppo parlamentare dell’AfD al Bundestag. Ci sono voci che Petry e altri elementi “moderati” e più “liberali” nell’AfD sarebbero disponibili ad entrare nel governo di coalizione a guida Cdu-Csu e stanno esaminando la possibilità di fondare un nuovo gruppo parlamentare, nel caso riuscissero a guadagnare l’appoggio necessario tra i nuovi deputati eletti nelle liste dell’AfD.
Come risultato della nuova composizione del parlamento, non esiste un’altra opzione per la Merkel se non quella di formare una coalizione insieme alla FDP e ai Verdi. Ma la posizione della Merkel è stata indebolita e Horst Seehofer, leader della CSU e primo ministro bavarese, durante la nottata post-elettorale ha invitato la CDU e CSU a spostarsi in modo significativo verso destra.
La CSU ha sistematicamente dominato la Baviera dal 1950 e il suo gruppo dirigente è stato sorpreso per il risultato relativamente basso del 38,8 per cento ottenuto nel proprio Länder Non sarà facile per la Merkel ottenere che la Fdp e i Verdi convivano in armonia all’interno del nuovo governo, ma i Verdi, che negli anni Ottanta erano considerati un’alternativa di sinistra, sono da tempo diventati un partito liberale piuttosto docile e sono già in coalizione con la Cdu in numerose città e negli importanti Länder occidentali del Baden-Württemberg e Hesse.

Die Linke cresce in maniera importante all’Ovest

Die Linke ha ottenuto una modesta crescita elettorale in termini assoluti e relativi, raggiungendo il 9,2% dei voti espressi a livello nazionale. Ma i 4,3 milioni di voti conquistati domenica riflettono solo in parte il potenziale che esiste per un’alternativa combattiva a sinistra. Nel 2009, Die Linke aveva ottenuto 5,1 milioni di voti a livello nazionale.
Uno sguardo da vicino a risultati locali e regionali, tuttavia, rivela che il partito è andato male nelle sue tradizionali roccaforti orientali, dove è presente in tre governi statali, insieme con la Spd e i Verdi, ed è pertanto visto ampiamente come parte dell’establishment. C’era molta rabbia nel partito quando questi governi dei Länder dell’Est, con il consenso dei rappresentanti di Die Linke, hanno approvato la politica di privatizzazione delle autostrade nel Bundesrat (la seconda camera) all’inizio di giugno, provocando un dibattito e una forte condanna alla conferenza del partito due settimane dopo

Alla fine non è stata la destra del partito all’Est, che sarebbe stata a favore di una coalizione con la SPD e con i Verdi a livello nazionale praticamente tutti i costi, ma i settori più radicali di Die Linke all’Ovest che conquistato voti e un lieve crescita percentuale a livello nazionale, salvando così la reputazione e il prestigio del partito. Significativamente, Die Linke è cresciuta soprattutto nelle aree urbane più grandi dell’Ovest, ottenendo percentuali a due cifre in grandi città come Amburgo, Brema, Colonia e Francoforte – segno dell’inizio di una radicalizzazione a sinistra da parte di alcuni settori più avanzati. Sebbene gli slogan e i manifesti del partito erano un po’ timidi e non presentassero una chiara alternativa anticapitalista, la crescita dei voti è un’indicazione del potenziale di Die Linke e della ricerca di una chiara alternativa da parte dei lavoratori e dei giovani. Nella campagna elettorale migliaia di persone, prevalentemente giovani, hanno aderito al partito un po’ in tutta la Germania. Le proteste spontanee di questi giorni contro la presenza dell’AfD nel Bundestag incoraggeranno anche altri giovani ad aderire al partito nel prossimo periodo.

Un processo simile al resto d’Europa

Nel complesso, i risultati delle elezioni dimostrano che la Germania non può sfuggire ai processi ai cui assistiamo nel resto d’Europa. Vi è una polarizzazione e una frammentazione politica crescenti. C’è una diminuzione del sostegno tradizionale per i due blocchi politici tradizionali, il CDU / CSU e lo SPD, che nei “bei vecchi tempi” della vecchia Repubblica federale raggiungevano tranquillamente l’80-90 per cento dei voti complessivi, e sono ridotti a poco più del 53%.
L’avanzata dell’AFD ha causato molta confusione e indignazione tra coloro che vogliono combattere l’estrema destra. Tuttavia, il modo migliore per farlo non è quello di fare la morale a chi vota AfD, ma di minare la base sociale dell’AFD portando avanti la lotta di classe e quindi svelando il carattere ultra reazionario di questo partito di destra. Ci saranno molte opportunità per farlo. Vedremo inevitabilmente movimenti nei luoghi di lavoro rispetto ai salari, alle condizioni di lavoro e all’occupazione, nonché movimenti contro la carenza di alloggi a prezzi accessibili nelle grandi città, mentre le pensioni per milioni di persone saranno tagliate in maniera drastica.
Se Die Linke, in queste condizioni vuole svolgere un ruolo, lo può fare solo spostandosi a sinistra e portando un programma socialista e rivoluzionario audace , che troverebbe una grande eco tra i lavoratori e i giovani in Germania. Esiste tutto il potenziale per trasformare la Germania, che conduce inevitabilmente alla trasformazione di tutta l’Europa e il mondo.

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