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L’Assemblea popolare nella storia del movimento operaio in Bolivia

Quando nel giugno del 1971 fu inaugurata la Assemblea Popolare in Bolivia, organi di stampa mondiali e dirigenti sindacali boliviani non esitarono a definirla “il primo vero soviet della storia dell’America Latina”. Avrebbe potuto esserlo e nonostante tutti i suoi limiti il richiamo di quella esperienza è stato sempre molto forte nelle tradizioni di lotta boliviane.

Precedenti storici

La storia del movimento operaio boliviano non era nuova a queste gesta. In tre giorni di aprile del 1952 un esercito di minatori aveva sconfitto quello regolare, realizzando nel paese a più alta concentrazione contadina, una delle principali rivoluzioni proletarie dell’America Latina. In quell’occasione i minatori erano diretti principalmente dal MNR, partito nazionalista borghese che, per superare l’ostilità dell’imperialismo e delle oligarchie nazionali, aveva contribuito alla formazione di sindacati nei centri minerari difendendo un programma con allusioni a un futuro socialista, pero dopo decenni di sviluppo di un capitalismo nazionale. La dualità di poteri prodotto della rivoluzione fu risolta solo dopo più di una decada, nel 1964, dalla prima di una serie di dittature originate negli ambienti dell’esercito ricostruito.

Nel 1967 il Che paga con la vita l’aver predicato il verbo guerrigliero tra i contadini boliviani che erano invece la base sociale della dittatura. Dopo la sua morte il paese è in fermento. Gli operai duramente colpiti dalla repressione, gli assassinii di loro dirigenti e l’esilio di altri, cominciano a rialzare la testa. Nel Congresso semiclandestino del 1970 la COB (la centrale operaia unica), per una convergenza avanzata tra trotzkisti e stalinisti, divide i suoi destini dal nazionalismo borghese e per la prima volta parla dell’Assemblea Popolare, un organo di potere delle masse sotto la direzione del proletariato che rappresenti la rivincita sul 1952.

Pochi mesi dopo il generale Torres, espressione di una tradizione nazionalista delle forze armate boliviane che ha radici antiche, prende il potere e per difenderlo dalle trame interne all’esercito e l’imperialismo, si appoggia sulla COB. I lavoratori si mobiliteranno a più riprese per Torres esigendogli tra l’altro: l’amministrazione operaia delle miniere nazionalizzate, di armare le milizie popolari contro il golpe, l’Assemblea Popolare. Spaventato dalle prime due richieste, fino al punto di preferire di finire nelle mani dei golpisti, Torres cede sulla terza. L’Assemblea Popolare che difatti esisteva già nell’organizzazione tra lavoratori e contadini, è finalmente convocata a giugno del 1971, solo due mesi prima del golpe.

L’assemblea del 1971

L’Assemblea in realtà potrà riunirsi solo in un paio di occasioni nella sede del Parlamento. La direzione operaia è assicurata nella sua stessa costituzione: la maggioranza assoluta dei 223 delegati sono operai, e di questi la maggioranza sono minatori. Ma sono rappresentati anche insegnanti, contadini, commercianti, studenti e tutti i partiti politici della sinistra rivoluzionaria, mentre è espulso l’MNR. Ciononostante prevarrà un certo verticismo che sarà la sua condanna a morte.

La lotta contro i tentativi di golpe aveva coinvolto tutti i settori cosiddetti popolari della società boliviana. A Tarija e Cochabamba insegnanti, commercianti e studenti occupavano chiese per farne scuole. Ad Oruro, Potosì, La Paz si formano comitati di operai o minatori, studenti ed insegnanti che cominciano ad amministrare aspetti della vita cittadina. I contadini, traditi dai militari, si mobilitano questa volta non solo né tanto per la riforma agraria, ma in quanto indios che rivendicano emancipazione nazionale. Ma invece l’Assemblea Popolare nomina i suoi rappresentati dall’alto, tra le fila della burocrazia sindacale che manovrava per salvare Torres, e questo fa perdere a questo organismo la elasticità e la rappresentatività necessaria a combattere il golpe che lo minaccia.

Nella tradizione

Eppure l’Assemblea Popolare continua ad avere un forte ascendente e potere evocativo tra le masse boliviane, anche tra quelli che le criticano una aritmetica sovrarappresentazione del movimento operaio. Prove di questo sono le lotte che hanno portato al potere il MAS ed Evo Morales, a partire dalla guerra dell’acqua di Cochabamba agli inizi del millennio, fino alla guerra del gas dell’ottobre del 2003 e soprattutto al suo epilogo a maggio-giugno del 2005.

Il coordinamento in difesa dell’acqua che cacciò la multinazionale statunitense Bechetel da Cochabamba era plasmato a immagine e somiglianza della Assemblea Popolare. Ma fu a giugno del 2005, dopo che nuovi scioperi per la nazionalizzazione del gas avevano spinto alle dimissioni quasi tutte le cariche politiche, facendo ricadere la presidenza della repubblica sulla Corte Costituzionale, che l’Assemblea Popolare torna ad esprimere l’autentica volontà politica delle masse.

Il 10 giugno del 2005, in una riunione di un paio di centinaia tra contadini, rappresentanti di comitati di quartiere e commercianti di El Alto, dirigenti sindacali e minatori di Huanuni si proclama la Assemblea Popolare come coordinamento della lotta e del potere delle masse. Si respira un grande entusiasmo. I minatori propongono di organizzare immediatamente commissioni per mettere l’assemblea popolare in condizione di operare, facendosi carico, attraverso gli operai che occupavano la centrale del gas e alcuni centri di trasformazione alimentare, della distribuzione di bombole di gas e viveri a una popolazione stremata da due mesi di sciopero. Ma il MAS lavora per una soluzione democratica e per ottenere dal nuovo presidente un impegno alla convocazione in tempi brevi a nuove elezioni, e conquisterà a questa linea vari dirigenti, specie tra i comitati di quartiere e i commercianti di El Alto, i settori numericamente più forti.

Nel futuro

La Bolivia è un paese con una classe contadina, maggioranza relativa della popolazione, separata dalla vita politica e sociale non solo dall’arretratezza delle proprie condizioni di vita ma anche dalle enormi distanze, una piccola borghesia urbana sempre sull’orlo della crisi, una presenza asfissiante del capitale straniero, ed una storia segnata da errori e tragedie che ha soffocato qualsiasi tentativo serio della classe lavoratrice di dotarsi di un partito proprio, attraverso il quale rivolgersi all’insieme delle masse oppresse e sfruttate.

Il risveglio della classe lavoratrice e delle masse alla vita politica passerà molto probabilmente di nuovo per una Assemblea Popolare che solo attraverso un bilancio serio delle esperienze passate potrà essere, stavolta, vittoriosa.

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