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La Spagna svolta a sinistra

Le elezioni del 20 dicembre scorso in Spagna hanno condotto a un nulla di fatto, ogni tentativo messo in campo dalla borghesia per dar vita ad un governo di “unità nazionale” è andato in fumo e a distanza di 6 mesi si torna a votare.

Si tratta di una sconfitta senza precedenti della classe dominante spagnola, anche perchè il 9 maggio scorso Pablo Iglesias (Podemos) ed Alberto Garzón (Izquierda unida) hanno sancito un accordo unitario, mancato il 20 dicembre scorso, che darà vita ad un cartello elettorale nel quale farà parte tutta la sinistra spagnola, includendo le significative realtà territoriali catalane, valenciane e galiziane (en Comù podem, Compromìs e Marea gallega), che già si erano presentate in alleanza con Podemos alle ultime elezioni politiche.

Nella sostanza, alle elezioni del 26 giugno ci sarà una sola forza politica alla sinistra della socialdemocrazia (Psoe), la lista Unidos Podemos che ha ottime chance non solo di sorpassare il partito socialista di Pedro Sanchez, ma anche di vincere le elezioni, battendo la destra di Mariano Rajoy che si era attestata al primo posto, raccogliendo il 28,7 per cento dei voti, alle ultime elezioni del 20 dicembre scorso.

Le basi dell’unità

Comizio di Iglesias, Garzon e Ada Colau a Barcellona, sabato 11 giugno

Comizio di Iglesias, Garzon e Ada Colau a Barcellona, sabato 11 giugno

Come è stato possibile l’accordo che non si è riuscito a realizzare il 20 dicembre scorso?

In primo luogo perché Iglesias ha cambiato posizione, combattendo le resistenze all’interno del partito (in particolare da parte di Errejon, il responsabile organizzativo), ma anche Garzón ha fatto la sua parte riuscendo ad emarginare i settori più burocratici e anchilosati di Iu, che generavano maggiori resistenze all’unità nella base di Podemos. La base di Iu è stata consultata e oltre il 75 per cento ha appoggiato la proposta.

Inutile dire che la borghesia è spaventata ma anche rabbiosa e la reazione si è fatta subito sentire: Il giornale El Mundo del 10 maggio titolava: “Garzón consegna Iu a Iglesias in cambio di otto seggi”, lo stesso giorno Abc accompagnava la notizia principale con un articolo che “avvertiva” i militanti di Iu sui pericoli di scioglimento del partito che questa operazione comporta. Nella prima pagina de La Razòn campeggiava invece la scritta: “sorpasso o sopravvivenza”.

Insomma in tutti e tre i titoli si faceva riferimento allo scioglimento di Iu.

Quando mai alla borghesia sono interessate le sorti del Partito comunista e di Iu? Si tratta chiaramente di un’operazione cinica tesa a spaventare i militanti di Iu e a indebolire la posizione di Garzon nel partito per incrinare il processo di unità a sinistra. La classe dominante agita niente meno lo spettro della “liquidazione del partito comunista” per continuare a governare il paese con politiche di austerità.

Sempre allo scopo di spaventare le masse, è stato scatenato nel parlamento spagnolo un dibattito, a dir poco vergognoso sulla difesa dei diritti umani in Venezuela, con la scusa che molti spagnoli vivono in quel paese.

Lo scopo evidente era quello di screditare Podemos e le presunte “relazioni” con il governo di Maduro. La mozione di condanna al governo venezuelano è stata votata da Pp, Psoe, Ciudadanos, Pnv (destra basca) e Democràcia i llibertat (destra catalana), quelle stesse forze che avrebbero dovuto dar vita negli scorsi mesi ad un governo di unità nazionale, salvo non riuscirci per le contraddizioni interne al Psoe e al Pp. In questi mesi la borghesia spagnola sta svolgendo un ruolo veramente patetico, incapace come è di dare soluzione a qualsiasi questione attiene la crisi del proprio sistema politico ed economico. Non c’è che da fregarsi le mani.

Clima incandescente

Questo tipo di operazioni infatti non fanno che rendere ancora più incandescente il clima politico nel paese. Tra i lavoratori, i giovani e più in generale nel popolo di sinistra c’è grande fiducia ed entusiasmo.

La maglietta dei compagni di Lucha de Clases (www.luchadeclases.org)

La maglietta dei compagni di Lucha de Clases (www.luchadeclases.org)

La sinistra spagnola può vincere come in Grecia 18 mesi fa, ma rispetto alla Grecia ha molte più carte in mano. In Grecia più o meno tutto dipendeva da Tsipras. Una volta che Tsipras ha deciso di piegarsi all’Ue, dopo il grande bluff del referendum, la sconfitta era inevitabile.

In Spagna la situazione è differente. In primo luogo perché Iglesias non è un uomo solo al comando. Se anche decidesse di piegarsi alle pressioni del grande capitale deve comunque dar conto ad altri leader (Garzon, Ada Colau, Monica Oltra, ecc.) che dirigono forze che hanno una loro presenza con forti radici nel movimento di massa.

Iglesias non avrebbe mai vinto le elezioni in Catalogna il 20 dicembre senza il sostegno della sindaca di Barcellona, Ada Colau e del suo movimento (en Comù podem). Solo per avere un’idea basti pensare che questa coalizione ha dietro di se almeno 300 associazioni politiche e sindacali che sono state protagoniste delle due Marcie della dignità a cui hanno partecipato oltre un milione di persone.

Il metodo inaugurato da Ada Colau per definire programmi e candidature è quello delle assemblee popolari. Questo rende gli apparati estremamente più deboli e condizionati dalla pressione popolare e complica di molto la vita alla borghesia che non può limitarsi a condizionare un singolo leader o un singolo governo per stabilizzare la situazione politica ed imporre la propria linea.

Verso un processo costituente

Come marxisti siamo coscienti che arrivare al governo non significa conquistare il potere. Se anche si vincessero le elezioni e si formasse un governo di Unidos Podemos, dal giorno dopo comincerebbe l’azione di sabotaggio da parte dei banchieri e degli squali dell’Ibex 35 (l’indice delle 35 aziende più importanti del paese).

Per questo è necessario che un governo di sinistra nazionalizzi, sotto il controllo dei lavoratori, le 100 principali banche ed imprese che controllano l’80 per cento dell’economia spagnola.

Solo così sarebbe possibile ricavare le risorse per affrontare le gravi necessità sociali del paese: riduzione dell’orario di lavoro a 35 ore, piano per la piena occupazione, espansione della spesa sociale, rifiuto di pagare un debito pubblico creato dal grande capitale.

Si tratta di avviare un processo costituente verso una società basata su consigli democraticamente eletti dal basso (lavoratori, disoccupati, studenti, pensionati, ecc), che devono strutturarsi e coordinarsi nel territorio, nei luoghi di lavoro e di studio per dare via a un nuovo Stato che metta da parte gli interessi della borghesia e le sue odiose politiche di austerità. In conclusione, prendere il governo oggi è solo il primo passo per prendere il potere domani.

Senza di questo si andrà alla sconfitta, potranno metterci più tempo che in Grecia, ma sempre alla sconfitta si andrà.

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