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“La sinistra di destra”, di Mauro Vanetti – Una recensione

Quando nel giugno di quest’anno usciva La sinistra di destra di Mauro Vanetti per la Alegre Edizioni, pochi avrebbero immaginato che nel giro di alcuni mesi avremmo assistito a mobilitazioni di massa pari a quelle che questo Ottobre hanno attraversato (e stanno attraversando tuttora) l’America Latina, il Medio Oriente, la Catalogna ed Hong Kong.
Il pensiero di una rivolta globale contro il sistema sembrava una preoccupazione lontana, vecchia e superata a chi nel nostro paese lavorava per un obiettivo ben più “urgente” ed “attuale”: arginare la destra, Salvini, il populismo, il sovranismo e tutti gli altri fantasmi che hanno costantemente agitato il sonno di ciò che resta a sinistra in questo paese. Sembra sia bastata invece una crisi di Governo, con qualche mojto andato di traverso ad alcuni e qualche altro rospo ingoiato da altri, per rassicurare tanti che il peggio fosse passato.
Come abbiamo già spiegato nelle pagine del nostro giornale, il ribaltone politico di agosto ed il Conte-bis non solo non risolvono nessuno dei problemi della classe lavoratrice di questo paese ma dimostrano, se fosse ancora necessario, quanto ampio sia il vuoto fisico e politico che esiste nel campo della sinistra in Italia e quanta confusione regni in alcune delle sue ultime “roccaforti” organizzate.
Un vuoto che non è certo la novità dell’ultima estate e che deve essere compreso da chi, come noi, si pone l’obiettivo di riempirlo con una proposta che sia all’altezza delle sfide poste dalla crisi economica, sociale, culturale ed ambientale nella quale il capitalismo sta trascinando l’umanità.

Una lunga marcia verso destra

Il libro di Mauro, che da militante di quest’organizzazione è impegnato in prima persona in questa battaglia, serve innanzitutto a tracciare il percorso di questa involuzione politica che, come suggerisce il titolo del libro, è finita in alcuni casi per assumere linguaggi, analisi e programmi di destra. Come già detto non si tratta di un fulmine a ciel sereno, ma di un processo che è maturato nel corso di almeno 70 anni e che ha avuto il suo epicentro nel tradimento storico dello stalinismo italiano verso le aspirazioni rivoluzionarie che la classe operaia aveva espresso nel corso della Resistenza.
Non è un caso infatti che in Italia non sia esistito un grande partito socialdemocratico di massa come negli altri paesi europei (SPD, Pasok, PSOE, ecc..). Non esisteva perché a coprire l’esigenza di difendere una politica riformista di collaborazione di classe dentro il movimento operaio ci aveva già pensato il PCI. Alla degenerazione politica di quel partito, e non necessariamente alla sua sola ala destra (i cosiddetti “miglioristi”) si possono ricondurre, come molti rivoli, molti dei percorsi politici attuali che il libro di Vanetti si cura di analizzare e criticare. Ma il paragone con un lago ed i suoi numerosi estuari funziona poco, avendo a che fare oggi più che con veri e propri fiumi di acqua limpida con dei canali di scolo maleodoranti .
E quello che sentiamo è spesso il cattivo odore di uno stalinismo fuori tempo massimo a cui, per giunta, molti hanno ben pensato di innestare le più strane teorie con cui gli intellettuali della piccola borghesia hanno creduto, negli anni del riflusso del movimento operaio, di sostituirsi ad esso come forza motrice del cambiamento rivoluzionario.
Non ci sembra però che i minatori cileni o i portuali catalani abbiano chiesto il permesso a questi “intellettuali” di riprendersi la scena della Storia, dimostrando senza bisogno di sprecare carta ed inchiostro quanto poco valevano le loro teorie sulla sparizione della classe lavoratrice o sull’inesorabile senilità del marxismo.
Il fatto che molte di queste giravolte politiche siano state fatte da gente che, in buona o cattiva fede, portava sulle proprie bandiere i simboli della Rivoluzione d’Ottobre non ci aiuta certo nella battaglia per “proporre una bandiera senza macchia” a chi oggi si sta mobilitando.
Ma non partiamo da zero in questa battaglia, che come emerge dal libro di Vanetti, è una battaglia tutt’altro che nuova nel movimento operaio.

 

Razzismo e movimento operaio.

Una delle tematiche principali che attraversa il libro nella misura in cui è il morbo che più impesta la sinistra di destra, è quella del razzismo e delle politiche migratorie.

Uno dei tratti tipici che accomunano i gruppi stalinisti e sovranisti di sinistra è esattamente la mancanza di comprensione di quale sia l’atteggiamento che il marxismo rivoluzionario ha tenuto e debba tenere nei confronti di una tematica così importante come quella dell’immigrazione.
Che anche questa non sia una novità è facilmente individuabile nel corso della lettura del libro che si pone tra i vari compiti quello di riproporre non solo la posizione di Marx ed Engels sul problema del razzismo nel movimento operaio ma anche le migliori elaborazioni e le migliori battaglie che il marxismo ha fatto su questo argomento, cominciando dal 7° Congresso di Stoccarda della Seconda Internazionale fino all’elaborazione della Terza Internazionale.
In questa recensione non possiamo certo affrontare questa tematica in maniera esaustiva ma possiamo rilevarne l’estrema importanza che essa ha non solo nella lotta quotidiana per i diritti e la dignità dei lavoratori migranti, ma anche per comprendere la profondità del tradimento politico che le varie sfumature di sinistra di destra hanno compiuto partendo proprio da questo tema.
La linea che su questo punto divide Livia Turco e Giorgio Napolitano , estensori di una delle peggiori leggi in tema di migrazioni nel nostro paese, da Marco Rizzo e Alberto Bagnai è sottile e passa tutta per il fatto che i primi hanno avuto più tempo dei secondi di rimanere al Governo.

 

Sovranità e Unione Europea

L’altro punto di caduta su cui misurare quanto a destra sia la sinistra e su cui il libro si sofferma a lungo è il problema del cosiddetto “sovranismo”.
Siamo qui davanti all’ennesima riproposizione, nei termini della farsa al momento, di un errore che nella storia del movimento operaio si è riprodotto frequentemente nei termini della tragedia: l’incomprensione del ruolo dello Stato in una società divisa in classi.
Da dove ha origine lo Stato? Lo Stato borghese può essere usato dalla classe operaia per i suoi scopi rivoluzionari oppure deve essere abbattuto? E se deve essere abbattuto, con cosa va sostiutito?
Abbiamo parlato di tragedia perché in un modo o nell’altro, con l’unica positiva eccezione della Russia nel 1917, i gloriosi tentativi rivoluzionari del movimento operaio nel corso del ‘900 sono spesso falliti proprio per l’incapacità politica delle sue direzioni di risolvere il nodo del “potere”, della sua conquista e della sua conservazione.
Abbiamo invece parlato di farsa perché questa volta a commettere questi errori di valutazione sono gruppi politici che fortunatamente sono la cosa più lontana dall’essere direzione politica del movimento operaio. Il fatto che, per la loro mancanza di radicamento reale nella società, nessuno si sia finora fatto male non è però una buona scusa per passare sotto silenzio i loro errori politici.

L’incomprensione teorica del ruolo dello Stato, elevata a scala “internazionale” determina l’esistenza di due sfumature di “sinistra di destra” : quella sovranista e quella europeista. Se della prima che ha in Potere al Popolo (e a caduta nei gruppi addentellati alla Rete dei Comunisti e USB) la sua espressione più evidente, si parla compiutamente nel libro, la seconda merita non minori attenzioni in quanto tendenza politica maggioritaria nelle organizzazioni riformiste più grandi (Sinistra Italiana, PRC)
Illudersi di poter riformare l’Unione Europea o al contrario di poterne uscire su basi nazionali e capitaliste, significa fare un brutto servizio non solamente alla teoria marxista dello Stato ma innanzitutto alla classe operaia, vittima sacrificale preferita vuoi dagli Stati nazionali vuoi dalle istituzioni sovranazionali.

 

Diritti civili e diritti sociali

Sono più importanti i diritti degli omosessuali o quelli dei lavoratori?
Il fatto stesso che alcuni a sinistra si pongano questa domanda dimostra la profondità della degenerazione politica a cui sono arrivati.

Da sempre i marxisti sono impegnati nella lotta per implementare i diritti civili, democratici e sociali di tutti (tranne che dei padroni, perché sfruttare gli altri e l’ambiente non è un diritto, ma il motivo per cui ce l’abbiamo con loro) anche nella cornice del sistema dato. Quello che distingue i marxisti dalle altre tendenze di sinistra è che noi spieghiamo che il pieno godimento dei diritti individuali è possibile solamente in un sistema basato sulla cooperazione, la socializzazione della proprietà privata dei mezzi di produzione e la loro conduzione democratica.
La contrapposizione tra diritti sociali e diritti civili esiste solamente nella testa di chi ha intimamente rinunciato alla battaglia per la trasformazione rivoluzionaria dell’esistente, ed in questa rinuncia i riformisti condividono la sedia con gli stalinisti.

 

Un libro da leggere, tanti libri da studiare

La Sinistra di Destra” è un libro innanzitutto per militanti. Un sottoinsieme della società italiana che purtroppo è, per tutti i motivi elencati nel corso del libro, tristemente ristretto.
Lo è per un motivo: affronta un dibattito che è molto lontano dalle discussioni quotidiane che i giovani ed i lavoratori di questo paese fanno quotidianamente.
Ma è da questa quotidianità fatta di crisi, sottosalario e sfruttamento, che nel prossimo periodo si solleveranno a migliaia. La rivoluzione è esattamente questo, masse di donne e uomini che ad un certo punto capiscono che avanti così non si può andare, ed iniziano a prendere in mano i propri destini tramite l’azione collettiva.
Sta succedendo in Cile, sta succedendo in Iraq. Non ci sono motivi per pensare che non succederà in Italia. E quando succederà quelli che sono oggi dibattiti tra minoranze, potrebbero diventare dibattiti di massa.
E’ per questo che vale oggi la pena soffermarsi sul libro di Mauro: per prepararsi ad affrontare, fuori dall’ambiente “protetto” delle polemiche tra gruppi, il dibattito su quali siano le idee migliori per assicurare ai lavoratori e agli oppressi la vittoria su questo sistema.
Un libro ironico e sarcastico, di facile lettura ma non per questo sprovvisto di un’analisi generale su come funzioni il mondo e su come bisogni cambiarlo.
Perchè se è vero che anche con una risata seppelliremo il loro vecchio mondo, è solo con le idee del marxismo che ne costruiremo uno nuovo.
Ai lettori de “La sinistra di destra” restano due scelte: chiuderlo soddisfatti per la buona lettura o tenerlo ancora un attimo sul comodino per dare un’occhiata alla bibliografia marxista di cui Mauro si è avvalso per scriverlo, riscoprirla, ristudiarla e perché no…diffonderla.
A questi ultimi facciamo appello per affrontare insieme l’esigenza che l’autore pone a conclusione del suo libro: costruire una sinistra di sinistra, cioè di classe, internazionalista e rivoluzionaria.

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