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La rivoluzione di Corbyn – Qual’è il suo significato e dove sta andando?

Per lungo tempo la politica in Inghilterra è stata stagnante. L’elezione di Jeremy Corbyn a segretario nazionale ha lanciato un sasso in questo stagno, creando delle onde giganti che stanno trasformando l’intero panorama politico. Ma non tutti esultano.

Ancor prima di essere eletto Jeremy Corbyn era già vittima di una campagna denigratoria orchestrata ad arte e mai vista prima nella politica britannica, dove l’opinione pubblica, un giorno dopo l’altro, ha dovuto assistere ad una cacofonia assordante di ululati di lupi, ringhiare di cani e sibilo di serpenti.

In questa campagna diffamatoria tutto è lecito, dagli insulti più beceri alle accuse più impudenti, stupide o ridicole , ripetute centinaia di volte: dagli scribacchini che escono fuori dalle fogne di Murdoch ai più eleganti rettili della stampa di qualità, che scrivono insulti e bugie indorate, dai ricconi beffardi dei circoli Tory ai blairiani più malevoli.

Foto non proprio lusinghiere del “barbuto” accompagnavano titoli come “Corbyn vuole trasformare la Gran Bretagna nello Zimbabwe” o “l’amico dei terroristi” o addirittura “Jeremy Corbyn accoglierebbe positivamente un asteroide che cancelli l’intera umanità”… Manca solo l’accusa di responsabilità per la peste bubbonica, ma sono certo che prima o poi arriverà.

La vittoria di Corbyn era del tutto inaspettata, soprattutto per i cosiddetti “esperti di politica”; tutti i cronisti e gli editorialisti sono rimasti a bocca aperta, e l’establishment è rimasto profondamente scosso. È incredibile come la classe dominante abbia speso una quantità tale di tempo, denaro e risorse nel distruggere la reputazione di un uomo considerato politicamente irrilevante. Dietro a tutto questo odio e a questa millanteria si nascondono forti note di paura, se non addirittura panico.

La crisi del capitalismo

Com’è potuta succedere una cosa simile? Trotskij diceva che la teoria marxista è la superiorità della previsione sullo stupore, e lo stupore dei politici borghesi e gli effetti che ha avuto la vittoria di Corbyn nei piani alti del Partito Laburista dimostra esattamente quanto questi abbiano perso contatto col mondo reale. Seduti comodamente nelle loro gabbie dorate di Westminster, sono lontani dalla gente comune come Plutone è lontano dalla Terra.

Le ragioni non sono da cercare in questa o quella persona, ma nella stessa crisi del capitalismo; il crollo finanziario del 2008 ha causato una delle crisi più profonde del capitalismo, e sette anni dopo, nonostante le false notizie di ripresa, non ci sono reali segnali di uscita dal tunnel della crisi. Larry Summers parla di “stagnazione secolare”; Alan Greenspan ha addirittura ammesso che “non sanno cosa fare per questa crisi, non avendo mai visto nulla di simile”.

Gli economisti borghesi stanno ora prevedendo una nuova fase del Capitalismo: una “nuova normalità”, un nuovo modo di esistere del Capitalismo caratterizzato da lunghi periodi di stagnazione economica, disoccupazione massiva e crollo del tenore di vita. I governi portano avanti politiche di austerità permeate di attacchi brutali alla classe lavoratrice, alla classe media e in generale ai più poveri ed indifesi. Questi attacchi non hanno una base ideologica, come tentano di sostenere i riformisti di destra: sono invece l’inevitabile risultato dei limiti raggiunti dal sistema capitalista.

Il problema non è solamente che il sistema capitalista non può più permettersi riforme; non può proprio tollerare l’esistenza di quelle riforme conquistate dai lavoratori in cinquant’anni di lotte, e quindi la crisi del capitalismo è una crisi del riformismo. Nel passato, quando il sistema capitalista era in crescita, i partiti riformisti potevano fare concessioni volte a stemperare la lotta di classe e dare al capitalismo una sorta di stabilità. Ora che è tutto finito, invece di riforme abbiamo controriforme, in una perfetta ricetta per l’instabilità.

Abbiamo spiegato molte volte come ogni tentativo della borghesia di restaurare l’equilibrio economico distrugga l’equilibrio sociale e politico, ed è esattamente quello che sta succedendo su scala mondiale. Una prolungata recessione crea difficoltà a livello economico e sconvolge i vecchi equilibri; le vecchie certezze svaniscono e lo status quo, i suoi valori e le sue ideologie vengono universalmente messi in dubbio. In tutta Europa la gente si sta svegliando, e si sta rendendo conto che le politiche di austerità non sono una semplice soluzione temporanea, ma un attacco permanente agli standard di vita; in paesi come Grecia, Portogallo e Irlanda queste politiche si sono già tradotte in forti tagli agli stipendi e alle pensioni, senza aver minimamente risolto il problema del deficit. Quindi tutte i sacrifici e le privazioni non sono servite a nulla, i poveri sono diventati più poveri e i ricchi più ricchi.

Ed ecco che ci troviamo ad affrontare un inspiegabile paradosso: fino a poco fa i banchieri e i capitalisti si congratulavano tra di loro per aver superato una delle più grandi crisi della storia senza aver scatenato nessuna rivoluzione; il risultato è stato un senso di gradassa compiacenza che, oltre ad essere mal riposta, è anche stupida.

Il problema con questa gente è la loro totale mancanza di comprensione della dialettica, elemento che spiega come ogni cosa, prima o poi, si trasformi nel suo esatto opposto; sotto la superficie di una calma apparente c’è una rabbia crescente contro l’élite politica, contro i ricchi, i potenti ed i privilegiati. Questa reazione allo status quo contiene al suo interno le basi per uno sviluppo rivoluzionario.

Il fatto che la coscienza umana rimanga sempre indietro rispetto agli eventi è un concetto fondamentale del materialismo dialettico, ma prima o poi questa coscienza si risveglia con forza: ecco cos’è una rivoluzione, e quello a cui stiamo assistendo in Gran Bretagna è l’inizio di una rivoluzione politica. Nel giro di poco tempo l’intera equazione è stata stravolta, sintomo degli ancor più profondi cambiamenti che stanno avvenendo nella società; e i cambiamenti improvvisi sono impliciti nella situazione attuale.

Alla ricerca di una via d’uscita da questa crisi, le masse testano un partito dopo l’altro; i vecchi leader ed i loro programmi vengono giudicati e scartati; quei partiti che dopo essere eletti tradiscono la fiducia della gente, attraverso i tagli e il tradimento delle promesse elettorali, vengono rapidamente screditati. Il pendolo oscilla fortemente a sinistra, ed è per questo che è nata la rivoluzione di Corbyn.

Cambiamenti bruschi e repentini

Questo fenomeno si sta riproducendo su scala internazionale: in Francia, dove il Partito Socialista ha vinto nettamente le ultime elezioni, François Hollande adesso ha raggiunto il livello più basso di consensi per un presidente dal 1958; in Grecia abbiamo visto il crollo del Pasok e la crescita di Syriza; in Spagna Podemos cresce a vista d’occhio. Tutto ciò è l’espressione di uno scontento fortemente radicato nella società, che cerca la sua espressione politica.

Nel 2011, in Spagna, abbiamo assistito al paradosso della vittoria elettorale di un partito di destra durante un periodo di grande disoccupazione; la spiegazione sta nel fatto che il precedente governo di “sinistra”, il PSOE, aveva portato avanti una politica di tagli che aveva deluso le masse ed aveva inevitabilmente portato al successo del PP. Ora invece vediamo il processo opposto, con la costante crescita di Podemos, che è passata dal nulla alle centinaia di migliaia di sostenitori nel giro di un anno e mezzo: in Spagna c’è fermento, e si sta sviluppando un processo di radicalizzazione.

La rapida crescita di Podemos è lo specchio di un profondo senso di scontento nei confronti dell’intero ordine politico esistente; allo stato attuale possiamo dire che le masse non sanno ancora esattamente cosa vogliono, ma sanno molto bene cosa non vogliono. La critica schietta ai banchieri ed ai ricchi di Pablo Iglesias, le sue denunce aperte all’establishment politico e a quella che lui chiama La Casta riflettono con accuratezza la rabbia delle masse.

È certo che le idee dei leader di Podemos sono incerte e confuse, ma ciò corrisponde allo stato di coscienza delle masse, che si stanno svegliando solo ora alla vita politica, e non hanno quindi impedito a Podemos di crescere, per lo meno nella sua fase iniziale. Ma se non viene indirizzata correttamente, questa mancanza di chiarezza può portare alla distruzione di questo movimento: presto Podemos dovrà decidere dove stare e in che direzione andare.

Abbiamo visto lo stesso processo in Irlanda nel recente referendum: per secoli il paese è stato uno dei più cattolici dell’Europa settentrionale; non molto tempo fa la Chiesa dominava su ogni aspetto della vita. Il risultato del referendum sui matrimoni omosessuali, dove il 62% dei votanti ha detto sì, è stato un fortissimo colpo per la Chiesa Cattolica Romana; un forte segno di protesta contro il suo potere e le sue interferenze nella vita politica e privata della gente. È stato un cambiamento fondamentale per la società irlandese.

Anche negli Stati Uniti la progressiva affermazione di Bernie Sanders nella sfida alle primarie presidenziali per il Partito Democratico è il sintomo di un profondo senso di scontento e di fermento nella società. I suoi attacchi alla classe di miliardari e la sua chiamata ad una “rivoluzione politica” tocca il cuore di milioni di persone, e ai suoi comizi partecipano decine di migliaia di persone. La parola “socialismo” ora si sente più spesso nei media; un sondaggio del 2011 mostrava già che il 49% delle persone tra i 18 ed i 29 anni ha una visione positiva del socialismo, contro il 47% delle persone favorevoli al capitalismo. Un sondaggio più recente, del Giugno 2014, segnalava che il 47% degli americani voterebbe un socialista, con il 60% tra coloroche hanno meno di 30 anni. Questo è un grande segno di cambiamento per l’America.

Tutti questi eventi sono il riflesso dei profondi cambiamenti che stanno avvenendo nella società; Trotskij descriveva questo effetto come il processo molecolare della rivoluzione socialista, un processo secondo il quale una serie di piccoli cambiamenti che pian piano si accumulano porta al raggiungimento di un punto critico, in cui la quantità si trasforma in qualità.

Necessità e caso

Non si può dire che il fenomeno Corbyn sia stato senza precedenti; in Gran Bretagna si percepisce un senso generale di malessere a livello economico ben radicato. Ma ciò che mancava era il mezzo per veicolare questo malessere in una vera organizzazione. Avevamo già avuto delle avvisaglie di cosa sarebbe successo in Scozia con i risultati del referendum nel settembre 2014, un altro forte cambiamento che nessuno si aspettava. I risultati delle successive elezioni di maggio sono state un vero terremoto politico: per la prima volta si trattava di un movimento a sinistra, che non era l’espressione di un sentimento nazionalista ma dell’odio cocente nei confronti della classe dominante di Westminster. Il Partito nazionalista scozzese, con le sue politiche anti-conservatori, presentava un programma anti-austerità, non un programma indipendentista. Il Partito Laburista, a seguito delle sue grette politiche di collaborazione di classe, era visto come parte dell’establishment, e il risultato è stato che dopo decenni di dominio politico in Scozia il partito è stato polverizzato, con un solo parlamentare in tutta la regione.

Ma mentre in Scozia la vita politica si risvegliava, a sud del confine la situazione sembrava essere molto più calma. Le elezioni sembravano “normale amministrazione”, con i Tories, i Liberali ed i Laburisti sulla scheda elettorale che dimostravano come ci fossero pochissime differenze tra di loro (fenomeno conosciuto in commercio come “lotta per la conquista del centro”). Di conseguenza, lo stato d’animo generale era di rassegnata apatia.

Sulla carta il Partito Laburista avrebbe dovuto vincere le elezioni, visto che i Tories e i Liberali portavano avanti programmi impopolari di tagli ed austerità; eppure la leadership destrorsa del partito è riuscita a perdere le elezioni: molti dei loro storici sostenitori non vedevano più le differenze tra i partiti, e quindi non si sentivano motivati a votare.

La colpa della catastrofe elettorale del Partito Laburista è da cercare esclusivamente tra i leader di destra e seguaci di Blair del partito, gli stessi uomini e donne che ora hanno la faccia di bronzo di definire Jeremy Corbyn “ineleggibile”. Questo disastro elettorale ha portato alle immediate dimissioni del patetico leader laburista Ed Milliband, ed a delle primarie in cui ogni candidato era più di destra dell’altro.

I blairiani erano euforici: non nascondevano il loro desiderio di trascinare il Partito laburista ancora più in basso, accusandolo di aver perso per non essere stati abbastanza vicini al mondo degli affari o non abbastanza ambiziosi. I nuovi candidati, ovviamente, erano invece dei perfetti uomini d’affari, ed estremamente ambiziosi.

In tutto ciò, dov’era la sinistra laburista? Non pervenuta. Inizialmente non riusciva neanche a trovare un accordo su quale candidato proporre; solo per il rotto della cuffia scelsero Jeremy Corbyn, senza alcuna speranza che potesse vincere.

Era molto improbabile che Corbyn riuscisse a prendere abbastanza voti nel gruppo parlamentare laburista per potersi candidare; con grandi sforzi riuscì a raccoglierne 17, ma ne aveva bisogno almeno di 35. Alla fine riuscì a raggiungere il numero sperato con voti “prestati” dall’ala destra parlamentare, con la scusa che il dibattito sarebbe stato più democratico. E così è stato, e la cosa non è piaciuta per nulla.

I parlamentari avevano deciso di appoggiare la candidatura di Corbyn perché erano certi che questo non avrebbe avuto nessuna chance di successo: come tutti gli altri parlamentari dell’ala destra laburista avevano completamente sottovalutato lo stato d’animo della società, e quando se ne resero conto era già troppo tardi. Il consigliere di Tony Blair, John McTernan, descriveva i sostenitori di Corbyn come “deficienti”, epiteto condiviso da almeno una di loro, Margret Beckett.

Hegel spiegava che la necessità si esprime attraverso il caso; il fatto che Corbyn sia riuscito ad arrivare alle primarie ricade nella categoria filosofica della casualità, ovvero di cosa sarebbe o non sarebbe potuto succedere. Questo accadimento, una volta avvenuto, ha completamente trasformato la situazione. Dalla sua prima apparizione in televisione, Jeremy svettava enormemente nel confronto con gli altri candidati. Era il simbolo di qualcosa di nuovo, più fresco, onesto, radicale e più in sintonia con le aspirazioni di milioni di persone, stanche dei vecchi messaggi dei fautori del compromesso.

Radicalizzazione

La reazione immediata ai risultati delle elezioni generali di maggio ha mostrato perfettamente il sentimento generale della società: nel giro di 48 ore centinaia di persone si sono riversate nelle strade in manifestazioni spontanee, che sono poi culminate in un corteo di 250,000 lavoratori e studenti, uniti contro l’austerità il20 giugno scorso, dove Corbyn è stato il principale oratore. La generazione più giovane è quella colpita in maniera più forte dalla crisi, il desiderio di cambiamento è forte, e la campagna di Corbyn ha raccolto consensi in questi settori più radicalizzati.

Proprio questo fermento nello scontento generale ha dato il via alla campagna di Corbyn, e anche qui il caso è stato protagonista. I “baroni” laburisti avevano perso totalmente il contatto con la realtà del sentimento generale della società, tanto da decidere di cambiare le regole ed aprire le primarie a chiunque pagasse l’incredibile somma di tre sterline per diventare un sostenitore del Partito Laburista. Si trattava di una strategia in piedi già da tempo tra i Blairiani che volevano sciogliere il Partito Laburista tra le masse amorfe degli elettori: speravano così di affogare la minoranza di attivisti (considerati più di sinistra) in un mare di persone non organizzate, e che consideravano più moderate.

Questo è stato l’ennesimo errore di calcolo; è presto stato evidente che le masse fossero molto più radicali di molti attivisti del Partito Laburista: centinaia di persone si sono registrate per votare per Corbyn, e prima delle primarie non c’era praticamente vita nel partito. Ma la campagna per Corbyn ha totalmente trasformato la situazione, diventando il catalizzatore per lo scontento accumulato in una società che fino ad allora non aveva punti di riferimento, se non altro nell’ala destra del partito.

Come degli zombi che escono dalle tombe in un film horror di serie B, i “big” del Partito laburista sono usciti da sotto le loro lapidi per lanciare i loro improperi a Corbyn; perfino Blair è intervenuto, chiamando Corbyn un “reazionario” (uno degli epiteti più gentili) e dicendo che i suoi sostenitori avevano bisogno di “un trapianto di cervello”. Ma l’intervento di colui che ha portato la Gran Bretagna alla disastrosa guerra in Iraq, nonostante il disaccordo popolare, non ha fatto altro che aiutare Corbyn.

L’apparato del Partito laburista, che si basa sulla sua ala destra, era ed è fermamente ostile a Corbyn, temendo fortemente l’afflusso di giovani radicalizzati all’interno del partito. Mark Steel lo ha spiegato chiaramente sul Guardian.

È facile capire perché i dirigenti del Partito Laburista siano così depressi. Probabilmente se ne stanno seduti a piangere nei loro uffici, dicendosi “centinaia di persone vogliono unirsi a noi, è un disastro. E molti di loro sono giovani, forti, e pieni di entusiasmo. Dio, come ha fatto ad andare tutto così terribilmente male?”.

L’interesse per il partito ha continuato a crescere, nonostante gli sforzi frenetici della dirigenza del partito per evitare che elementi di sinistra aderissero, attraverso una selezione arbitraria simile ad una purga. Ma tutti questi tentativi non sono serviti a nulla: Jeremy Corbyn ha ottenuto una vittoria su scala nazionale che ha sconvolto tutti gli opinionisti politici e scioccato i blairiani, alterando l’equilibrio delle forze nel Partito Laburista ed aprendo ad una prospettiva totalmente diversa.

La cospirazione contro Corbyn

Anche prima che Corbyn fosse eletto, i blairiani non facevano segreto dei loro piani per ostacolarlo con qualunque mezzo. L’unica questione era quanto tempo avrebbero impiegato per questa operazione: giorni, settimane o mesi? Questi soggetti non hanno niente in comune con il Partito Laburista della classe lavoratrice: sono intrusi della classe media, carrieristi e profittatori politici che, con il pretesto di “occupare il centro”, hanno preso in ostaggio il partito e lo hanno trascinato molto a destra.

Ad ogni attacco dei conservatori contro lo stato sociale, al tenore di vita ed ai diritti dei lavoratori con la scusa della necessità di tagliare il deficit, i blairiani si sono uniti al coro immediatamente al grido di “anch’io!” Quindi la popolazione ha visto poca o nessuna differenza fra i laburisti di destra e i conservatori e i liberali. È questo, e non una “deriva a sinistra”, che spiega il crollo dell’appoggio verso il labour, la batosta che ha preso alle ultime elezioni generali e la sua umiliante sconfitta in Scozia, una regione dove il partito laburista aveva goduto per decenni di quella che sembrava una posizione inespugnabile.

Si erano appena conclusi i festeggiamenti per lo straordinario trionfo di Corbyn, che già i pugnali erano sfoderati, e i complotti per liberarsi del neoeletto leader erano iniziati. L’unico intoppo era che le dimensioni della maggioranza ottenuta da corbyn era tale che un attacco immediato era fuori discussione per il momento. I blairiani hanno deciso di prendere tempo, sperando che il nuovo leader sarebbe stato in qualche modo discreditato, e facendo del loro meglio affinché ciò accadesse.

Il ministro delle Finanze, George Osborne

Il ministro delle Finanze, George Osborne

In un ingenuo tentativo di placare i blairiani, Corbyn ha concesso loro posizioni nel governo ombra laburista, da cui portavano avanti richieste esorbitanti alla direzione eletta, mentre indebolivano sistematicamente Corbyn e il suo ministro delle finanze ombra John McDonnell in ogni momento. Gli elementi di destra nel governo ombra stanno aspettando un’opportunità per tradire il leader e rimuoverlo; ma tollerando la presenza di certi infidi elementi, non si provocherà una scissione, piuttosto il contrario.

Il ministro degli esteri ombra Hilary Benn ha pubblicamente contraddetto il proprio leader quando quest’ultimo ha insistito sul fatto che il partito non avrebbe “messo in pericolo la sicurezza nazionale” uscendo dalla NATO o votando per demolire il deterrente nucleare britannico, Trident. Ogni persona seria sa che il “deterrente nucleare britannico” è uno scherzo. Trident è solo un mucchio di inutili rottami metallici che non fa paura a nessuno e non fa che appesantire quello stesso deficit che i conservatori e i loro tirapiedi blairiani dicono di voler ridurre; un altro giocattolo costoso con cui i generali possono giocare a spese dei contribuenti.

I costi per mantenere Trident ammontano a più di 100 miliardi di sterline per i prossimi 15 anni, circa 6.6 miliardi di sterline all’anno. Per la stessa cifra, il governo potrebbe assumere 30mila operatori sanitari e 30mila insegnanti in più, 600 centri per l’infanzia, 25mila nuove case popolari all’anno, energia solare per 700mila case popolari e avanzerebbe un ulteriore miliardo di sterline per spese militari, se proprio si volesse.

Il cosiddetto “deterrente nucleare britannico” era già inutile ai tempi della Guerra fredda. È cento volte più inutile nelle condizioni moderne, quando la natura della guerra è cambiata radicalmente. Ricordiamoci che i terroristi che hanno fatto saltare in aria il World Trade Center lo hanno fatto con armi non più costose e sofisticate di coltelli e taglierini. In che modo Trident possa servire da deterrente per l’Isis è un mistero conosciuto solo dal signor Benn e dai suoi amici dello stato maggiore.

Le azioni di Hilary Benn e degli altri esponenti di destra del governo ombra e del gruppo laburista in parlamento costituiscono un sabotaggio sfacciato. Come può essere permesso a certa gente di rimanere nel governo ombra quando le loro opinioni sono diametralmente opposte a quelle della direzione eletta democraticamente? La condizione primaria per una vittoria del partito laburista è la rimozione completa della quinta colonna da ogni posizione che detiene nel partito, a cominciare dal governo ombra.

La «Fiscal Charter»

Il sabotaggio della destra è stato svelato in modo sfacciato attraverso la cosiddetta «Fiscal Charter» (la legge volta ad ottenere il pareggio di bilancio, ndt). Questa misura dei conservatori forzerebbe il governo a prevedere un avanzo di bilancio in tre anni durante “tempi normali” (qualunque cosa voglia dire). Osborne ovviamente ha escogitato questa cosa come una trappola per il partito laburista. I blairiani nel gruppo parlamentare del partito laburista sono inciampati su loro stessi nell’impazienza di cascarci dentro.

Come potrebbe una simile decisione andare di pari passo con l’impegno, giustissimo e spesso ribadito da parte di Corbyn ad opporsi all’austerità e a difendere lo stato sociale? Tuttavia quando Corbyn ha dato istruzioni ai parlamentari laburisti di votare contro la proposta, i blairiani hanno organizzato una rivolta, organizzando un chiassoso agguato al Leader in una riunione del gruppo parlamentare, e coordinandolo con una serie di attacchi pubblici alla leadership nei media. 21 parlamentari laburisti poi si sono astenuti in parlamento, fornendo così un appoggio ai conservatori. Ovviamente non c’era niente di casuale in tutto ciò. È stato tutto organizzato per produrre il massimo effetto ed infliggere il danno più grande al partito laburista e al suo segretario.

Riformismo di destra e di sinistra

Tutta la storia del partito laburista mostra che la destra si comporta sempre in modo implacabile e determinato nella sua lotta contro la sinistra. La ragione di questo è che sanno di avere dalla loro parte la classe dominante, i cui interessi difendono, e i mass media, che non sono altro che i portavoce di quella classe. Questa gente non ha nessun interesse in principi, teorie o ideologie. Sono motivati puramente e semplicemente dai loro privilegi, le loro prebende e le loro carriere, e quando vedono minacciate queste cose reagiscono con prevedibile ferocia e combattono fino alla fine.

Al contrario, la sinistra laburista, o sinistra riformista, spesso mostra debolezza e indecisione, cercando di placare la destra con appelli costanti all’unità, appelli che sono sempre ricevuti con ostilità e derisione dall’altra parte. In fondo, la ragione per questa mancanza di fermezza da parte dei riformisti di sinistra è la mancanza, da parte loro, di chiarezza politica e di un’ideologia coerente e rivoluzionaria. I riformisti di sinistra credono che sia possibile agire nell’interesse della classe lavoratrice senza mettere in discussione il dominio dei banchieri e dei capitalisti, e contemporaneamente coltivano l’illusione che sia possibile arrivare ad una coesistenza pacifica con gli agenti dei banchieri e dei capitalisti all’interno della destra del partito laburista. Hanno profondamente torto in entrambi i casi.

I “moderati” (cioè la destra) sono terrorizzati dal fatto che Momentum, il gruppo di sostegno a Corbyn da poco creato

Momentum è il movimento di base a sostegno di Corbyn , nato dopo la vittoria alle primarie

Momentum è il movimento di base a sostegno di Corbyn, nato dopo la vittoria alle primarie

si, possa essere un mezzo per portare avanti l’esclusione alla candidatura alle prossime elezioni degli attuali parlamentari, ed è un pensiero assolutamente corretto e necessario. Ciononostante i capi di Momentum negano che questa sia la loro intenzione. Perché? La destra non fa segreto che la loro intenzione è di rimuovere Jeremy Corbyn; eppure la sinistra continua a dichiarare il proprio desiderio di collaborare con le persone che vogliono distruggerla. Tutto ciò non ha senso.

Parlamentari laburisti esclusi dalle liste elettorali non esiteranno a candidarsi contro i laburisti, come ha sostenuto Frank Field, il che dividerà i voti verso il Labour e permetterà ai conservatori di vincere. In questo modo mostreranno la loro vera natura di nemici del partito laburista e agenti coscienti della classe dominante. Questo può succedere in una serie di elezioni suppletive anche prima delle prossime elezioni politiche, come prossima atto della campagna per screditare e rimuovere Jeremy Corbyn prima che abbia una possibilità di divenire primo ministro. Questa, almeno in teoria, sarebbe la loro intenzione. In pratica, comunque, non sarà così semplice.

La destra laburista sta facendo ogni sforzo per arrivare ad una sconfitta del partito. Insistono costantemente sull’idea che Jeremy Corbyn è “ineleggibile”, tralasciando opportunamente il fatto che loro stessi hanno portato il partito laburista ad una sconfitta dopo l’altra. Soprattutto, sperano che il partito subisca un arretramento alle elezioni amministrative del prossimo maggio. Questo sarebbe il segnale per un assalto complessico alla leadership. Simon Danczuk, uno dei critici di Corbyn più caustici all’interno del gruppo parlamentare, ha detto che in questo caso cercherebbe di forzare una nuova elezione per la leadership, ponendosi come “diversivo” per spianare la strada ad altri blairiani come Chuka Umunna, Dan Jarvis o Emma Reynolds per lanciare la sfida e “dare qualche possibilità di vincere le prossime elezioni politiche”.

Qual’è stata la risposta della sinistra a questa sfacciata provocazione? Il ministro delle finanze ombra, John McDonnell, quando gli è stato chiesto di commentare la minaccia di Danczuk, l’ha semplicemente ignorata dicendo che “Simon è Simon”. In un’apparizione al programma di Andrew Marr su BBC1, ha detto: “ci stiamo opponendo ad ogni minaccia verso singoli parlamentari. Non siamo a favore della procedura di revoca dei candidati. I processi democratici per la posizione nel partito avranno luogo nei modi usuali. Non permetteremo che i parlamentari vengano cancellati dalle liste in quel modo. Ci lavoreremo insieme”.

Non c’è dubbio che quando Jeremy Corbyn e John McDonnell fanno appello ai blairiani per l’unità e la solidarietà lo fanno con le migliori intenzioni. Ma i tentativi di conciliazione con la destra hanno l’effetto opposto a quello desiderato. Membri della destra come Chuka Umunna e Emma Reynolds hanno portato avanti attacchi feroci alla leadership. John Mann ha apertamente attaccato la gestione di McDonnell dello statuto fiscale, definendola “stupida e goffa”, aggiungendo: “spero che abbia imparato la lezione”.

Anche noi lo speriamo. Speriamo ardentemente che Jeremy e John abbiano imparato la lezione più importante di tutte: che è impossibile ottenere una unità vera con i blairiani di destra che complottano costantemente per rovesciarli. Lungi dal placare la destra e persuadere i blairiani a fermare la loro campagna aggressiva, l’impressione data è quella di debolezza. La destra laburista ha dichiarato guerra alla sinistra, e in guerra la debolezza è sempre un invito all’aggressione.

Nessun compromesso!

Una fazione di destra, con la comica, impropria denominazione di “Labour together” (laburisti insieme), è stata creata da Jon Cruddas, l’ex consigliere capo di Ed Miliband, che crede che la sconfitta del partito alle elezioni politiche sia stata causata dal fatto che fosse “troppo contro l’austerità”. Cruddas è uno di quei parlamentari di destra che, per bontà d’animo, “per allargare il dibattito” (e perché credevano che non avesse alcuna possibilità di vincere) hanno prestato la loro firma per permettere a Corbyn di apparire sulla lista dei candidati a segretario del partito.

Come tante altre anime gentili nel gruppo parlamentare laburista, ora si pente della propria generosità e vorrebbe formare un gruppo che si assicuri che il partito costituisca “una larga coalizione di appoggio”, che sarà naturalmente necessaria per permettere ad un futuro governo laburista di infliggere ulteriori pesanti tagli sulla popolazione che lo avrà votato.

Questa nuova fazione anti-Corbyn, che include il ministro ombra dell’energia Lisa Nandy, il deputato Steve Reed e i capi dei consigli di Leeds e Newcastle, dichiara che “lavorerà con i membri che hanno appoggiato chiunque dei quattro candidati alla segreteria e con le organizzazioni che attraversano tutto lo spettro del partito laburista”.

Si tratta di una banda neanche tanto velatamente di destra che si ripromette di rovesciare il capo democraticamente eletto e trascinare il partito laburista a destra. Ma quando hanno chiesto a Jeremy Corbyn la sua opinione sul nuovo gruppo, pare abbia detto: “do il benvenuto a laburisti insieme come una buona iniziativa che esplora un nuovo modo di fare politica. Non vedo l’ora di lavorare con loro”.

Nell’ultimo di una serie di articoli che denigrano Corbyn sul giornale ultra conservatore Mail on Sunday, Danczuk, suo editorialista regolare, ha scritto che Corbyn è colpevole di “ingenuità e di una grave mancanza di capacità di giudizio”, e lo definisce “talmente ideologicamente tarato che non raggiungerà mai nessuno oltre gli attivisti”. Jeremy ha quindi invitato il suo aspro critico a un chiarimento per discutere le loro differenze: Danczuk ricorda quell’incontro con le lacrime agli occhi, definendolo “caloroso, benintenzionato e sincero”, pieno di “piacevoli aperture”.

Ma subito dopo queste rassicuranti futilità, Danczuk ha infilzato il pugnale avvelenato: “sfortunatamente, la politica è molto più di questo. E dato che siamo persone che vogliono disperatamente un governo laburista, abbiamo bisogno di un leader che possa vincere le elezioni politiche, non la “barba parlamentare dell’anno” (concorso che si svolge tradizionalmente a Westminster, ndt). Corbyn non è adatto a guidare un grande partito politico, e prima avremo un segretario adatto, e meglio sarà.” Impossibile essere più chiari di così.

Quante volte, da quando è stato eletto, Jeremy Corbyn ha chiesto a questi personaggi una maggiore collaborazione e di lavorare in maniera unitaria nell’interesse del partito? Quante volte lui e John McDonnell hanno offerto loro ministeri ombra? La risposta più onesta è: troppe. E qual’è stata la risposta, ogni volta? Corbyn tende loro la mano, e loro gli sputano in faccia; non c’è spazio per la collaborazione, con gente come questa.

Non c’è spazio per compromessi nella battaglia contro la quinta colonna dei blairiani; non c’è possibilità di coesistenza tra la destra e la sinistra del Partito Laburista per il semplice fatto che rappresentano interessi di classe incompatibili ed antagonisti. Prima o poi una delle parti dovrà vincere, e l’altra perdere. Ma mentre la sinistra è realmente preoccupata per il futuro del partito, la sua unità e il suo stato di salute, i politicanti di destra non si fanno scrupoli.

Bisogna affrontare i fatti: se la lotta è confinata alle dinamiche parlamentari di partito, con la sua maggioranza di elementi di destra, la vittoria per la sinistra è impossibile. È necessario agire alle radici per ripulire totalmente il Partito; quei parlamentari laburisti che continuano a sfidare la volontà democraticamente espressa dalla classe devono essere cacciati e sostituiti da coloro che realmente rappresentano gli obiettivi e i valori socialisti del Partito Laburista.

I leader della campagna per Corbyn hanno iniziato a fare dei primi passi nella direzione dell’establshment di Momentum, un passo sostenuto con tutto il cuore da tutti coloro che ogni giorno lottano per un Partito Laburista democratico e socialista; ma affinché la lotta dia i suoi frutti va portata avanti fino alla fine. Dobbiamo essere coscienti del fatto che non appena i parlamentari del partito capiranno che possono perdere la loro adorata poltrona non avranno indugi nell’organizzare una scissione, con l’appoggio dei mass-media capitalisti.

Il ruolo di Tom Watson

Tom Watson è stato eletto vice segretario sulla scia della campagna per Corbyn; è sempre stato rappresentato come un uomo di sinistra, nonostante nella sua storia politica non ci sia nulla che lo dimostri. È piuttosto un ingranaggio della macchina dell’apparato laburista, un burocrate professionista, specializzato nell’arte oscura dell’intrigo e delle manovre; è inoltre molto vicino alla burocrazia sindacale, che vede lui, e non Corbyn, come il suo uomo.

Da quando è stato eletto Watson è stato visto spesso in televisione al fianco di Corbyn, o poco dietro di lui, come un gufo che sbircia della sua spalla. Il suo desiderio di apparire sempre nelle immediate vicinanze del leader del partito fa pensare che questo vice segretario non sia del tutto immune all’ambizione, e che preferirebbe, nel suo mondo ideale, avere Corbyn a sbirciare dalla sua spalla, o addirittura scomparire del tutto.

Nelle apparizioni pubbliche, però, Tom Watson sta molto attento ad esprimere tutta la sua lealtà nei confronti di Jeremy Corbyn (l’impressione generale è quella di un uomo cauto, se non addirittura sornione); ma sappiamo bene che nel mondo scivoloso della carriera politica le belle parole sono facili, e i politici professionisti non sempre dicono quello che pensano o pensano quello che dicono. Ogni volta, quindi, che Tom dà una pacca sulla spalla a Jeremy (cosa che accade con incredibile frequenza), ci si ritrova a pensare se non stia cercando il punto giusto dove pugnalarlo.

L’Evening Standard del 19 Ottobre ha pubblicato un articolo dal titolo “I segretari sindacali sono pronti a dare supporto a Watson se la leadership di Corbyn dovesse fallire”. A dire il vero, il suddetto articolo è stato molto conciso su fatti concreti, ma come ben sappiamo, nel torbido mondo dei complotti politici e delle pugnalate alle spalle, i fatti solitamente arrivano troppo tardi, ovvero quando il complotto è già avvenuto.

Il punto di partenza dell’articolo era una conversazione privata avvenuta nel pub The Ship a Kensington tra Tom Watson e Len McCluskey, il leader del sindacato Unite, insieme ad una donna, presumibilmente la segretaria di Watkin. Il testimone anonimo dello Standard ha riportato che i tre erano “immersi in una conversazione, e si notava che tra di loro ci fosse un rapporto di amicizia di vecchia data”. Certo, non ci sono leggi contro le conversazioni nei pub tra vecchi amici, ed è possibile che stessero parlando del tempo o del prezzo esorbitante di una pinta a Kensington, ma il testimone dice che “è interessante che avvenisse proprio in quel momento”.

Cosa intendeva? La notte prima i blairiani del gruppo parlamentare avevano organizzato nella Camera dei Comuni una rivolta contro Corbyn, in cui 21 parlamentari hanno sfidato il leader astenendosi dalla votazione per il fiscal charter di Osbourne. Non c’è dubbio che si sia trattato di un’operazione pianificata, parte di una campagna ben pubblicizzata per liberarsi di Corbyn: non si tratta di una teoria cospiratoria, ma di fatti belli e buoni.

Questi traditori dei lavoratori non fanno segreto delle loro intenzioni con la stampa; uno di loro ha dichiarato all’Evening Standard che “la maggior parte di loro (sic!) crede che Tom stia pensando a cosa accadrà se la leadership di Jeremy fallisce, o se la gente iniziasse a cercare un’alternativa tra un paio d’anni. Tutti sanno che Watson e McCluskey sono in buoni rapporti, e la gente inizia a sospettare che ci sia altro”. Un altro parlamentare con “un passato sindacale” ha detto che “i leader dei sindacati non sono stupidi, sanno che non otterranno nulla se il Labour Party non vince le elezioni, e se Jeremy è considerato incapace di vincere non esiteranno a dirgli che il suo tempo è arrivato”.

Lo stretto legame tra McCluskey e Watson non è casuale: molti leader sindacali, infatti, non hanno mai sostenuto direttamente Corbyn, preferendo Andy Burnham. Sono stati costretti a dare un sostegno a Corbyn per le pressioni che ricevevano dal basso. Sono stati loro a spingere avanti Tom Watson, per mantenere il controllo su Corbyn e sulle sue idee un po’ troppo di sinistra per i loro gusti; mettendo Watson al fianco del leader possono controllare ogni sua mossa, applicando una certa pressione dall’interno.

È difficle immaginare che ci siano leader sindacali non siano molto felici delle proposte di Corbyn, e che siano ancora meno felici alla visione di centinaia di attivisti di sinistra riempire il partito e spingerlo a sinistra. Anche se ogni tanto lanciano qualche discorsetto vagamente combattivo per fare felici i loro membri, non hanno nessuna fiducia nella classe lavoratrice e ripongono le loro speranze nel raggiungimento di un accordo tra gentiluomini col governo.

L’arrivo improvviso di Jeremy Corbyn ha sconvolto i loro piani e non sono contenti. Una delle prime azioni di Corbyn come leader del Partito è stata l’opposizione alla proposta di legge antisindacale dei conservatori, che riduce drasticamente il diritto allo sciopero, imponendo una soglia di partecipazione allo sciopero del 50% e stabilendo che in settori di servizi chiave come vigili del fuoco, istruzione, sanità e trasporti, il 40% degli aventi diritto avrebbe dovuto votare a favore di uno sciopero per essere legale. Come Corbyn ha giustamente sottolineato, i Tories sostengono la deregolamentazione per tutto tranne che il diritto democratico dei lavoratori di mettere in discussione il loro lavoro.

Len-McCluskey

Len McCluskey, segretario di Unite

Il TUC (la Federazione Sindacale) ha definito questo disegno di legge Dickensiano, ma di fatto non ha fatto nulla per mobilitare le masse contro di esso; inizialmente McCluskey, dirigente di Unite, il più grande sindacato britannico, aveva suggerito che i sindacati si sarebbero ritrovati, prima o poi, a dover infrangere la legge; se sigle come Unite avessero rifiutato tali imposizioni, infatti, la legge si sarebbe trasformata presto in lettera morta. Ma queste parole si sono rivelate, appunto, solo parole: McCluskey ha recentemente sorpreso tutti offrendo a David Cameron di ritirare l’opposizione della sua sigla al disegno di legge se i ministri promettono di offrire un metodo di votazione per gli scioperi della funzione pubblica che sia “online, moderno e sicuro”.

Questa mossa dell’uomo descritto dai media come il più duro dei leader sindacali ha provocato sorpresa e shock tra quelli che guardavano a lui come il difensore dei loro interessi su un argomento così importante; ma i dirigenti sindacali non hanno nessun desiderio di iniziare nessuna lotta nei confronti del governo. Vogliono apparire “responsabili” e “moderati” e sono terrorizzati all’idea di essere considerati “combattivi” e “anticostituzionali”.

I leader sindacali non si fidano di persone come Corbyn, che li fanno apparire per quello che veramente sono; non gli piace l’idea di masse di persone che si iscrivono al Partito Laburista e richiedono a gran voce la rielezione dei parlamentari, perché questo potrebbe creare un precedente per un’eventuale rielezione dei dirigenti sindacali stessi. Fonti molto vicine a Corbyn hanno espresso la loro sorpresa all’intervento di McCluskey, sottolineando che il Labour si è mantenuto contrario a tutte le principali misure del disegno di legge. Tutto questo porta al sospetto che quella conversazione in quel pub di Kensington vertesse su qualcosa di più che il tempo o lo scandaloso prezzo della birra.

La quinta colonna

Per decenni il Partito Laburista, sotto la guida di dirigenti di destra, è stato un pilastro del sistema esistente, e la classe dominante non rinuncerà ad un tale punto di forza senza una lotta spietata. E in questa lotta, la prima linea di difesa del sistema capitalista è lo stesso PLP, dove la maggioranza blairiana rappresenta direttamente e consapevolmente gli interessi dei banchieri e dei capitalisti. Questo ne spiega la fanatica determinazione a liberarsi di Jeremy Corbyn con ogni mezzo, lecito o illecito.

Costoro non sono né più né meno che una quinta colonna all’interno del Partito Laburista.Tutti conoscono la storia del cavallo di Troia, e di come i soldati greci che ne uscirono uccisero le guardie sulle mura e permisero agli altri Greci di attaccare la città senza pericolo, poiché le difese erano state abbattute dall’interno. Questa storia descrive alla perfezione il rapporto tra la destra del Partito Laburista e i Conservatori.
La destra laburista sta progettando di dividere il partito e di passare ai Conservatori alla prima occasione utile, e non fa mistero di queste intenzioni. Secondo Robert Peston, redattore economico della BBC:

“Uno o più dei fedelissimi di Blair potrebbero passare dal New Labour ai Conservatori, a causa del loro rapporto personale con Osborne – a cui si sentono più vicini, in senso politico e sociale, di quanto non siano al nuovo leader laburista, Jeremy Corbyn. Osborne frequenta i loro stessi circoli alla moda ed elitari, parla con loro al telefono, risponde alle loro e-mail, ed è perfettamente al corrente dei loro attuali problemi. Ed essi lo ammirano. Qualcuno di costoro mi ha detto più di una volta che Osborne è il più significativo politico del momento.

Naturalmente sarebbe un bel colpo per i Conservatori se l’ascesa di Corbyn provocasse delle defezioni nei ranghi laburisti. Come è noto, sia Osborne e Cameron erano grandi ammiratori di Tony Blair, quasi suoi discepoli – ed entrambi credono che le elezioni si vincono dal centro della politica […]

A voler esser chiari, i seguaci di Blair sono già più vicini a Osborne che a Corbyn su tutta una serie di questioni che considerano fondamentali – dalla permanenza nella NATO, all’indipendenza della Banca d’Inghilterra, alle nazionalizzazioni, all’uso dell’inno nazionale nelle occasioni ufficiali. […] In diversi mi hanno detto che non potranno rimanere a lungo nel Partito Laburista se, come sembra, Corbyn dovesse rimanerne alla guida.”

Socialmente, politicamente, come psicologia e stile di vita, gente come Chukka Umunna o l’aristocratico Tristram Hunt hanno molto più in comune con Osborne e Cameron che con Jeremy Corbyn e la stragrande maggioranza dei membri del Partito Laburista. Appena lo riterranno opportuno, cambieranno banco alla Camera dei Comuni con la stessa con cui passerebbero da un bar a un pub. Questi carrieristi di destra non provano alcuna fedeltà per il Partito Laburista, e lo stesso Tristram Hunt ne ha riassunto perfettamente le idee in un discorso tenuto al Circolo Laburista dell’Università di Cambridge. Secondo il giornale degli studenti dell’Università di Cambridge Varsity, Hunt ha detto: “Voi siete l’un per cento migliore. Il partito è nella merda. E’ vostro compito e vostra responsabilità conquistare la leadership in futuro”. Hunt vuole che questo fatidico un per cento controlli non soltanto la società, ma anche il Partito Laburista.

La destra del partito preferirebbe vederlo distrutto piuttosto che accettare il verdetto democratico della base. Il loro motto è “se non puoi dirigerlo, mandalo in rovina”. Il deputato di destra Frank Field dice che i parlamentari minacciati di perdere il seggio dovrebbero presentarsi alle elezioni come “indipendenti” – ossia indipendenti dal Partito Laburista, ma tutt’altro che indipendenti dal grande capitale, dai Conservatori, dai Liberali e dalla stampa miliardaria.

Il deputato di Birkenhead ha dichiarato al New Statesman:

“I candidati scartati si presenteranno come indipendenti e otterranno subito elezioni anticipate, alle quali noi li sosterremo in massa.

Non possono espellere sessanta di noi. Momentum dovrebbe sapere che non è il solo a capirne di politica. Noi non siamo così impotenti.

Anche noi oppositori di Momentum abbiamo una carta vincente, e cioè che probabilmente vinceremmo le elezioni anticipate.”

In tribunale una cosa come questa sarebbe considerato un ricatto: “Fate come dico, altrimenti ..” E l’unico modo per affrontare i ricattatori è affrontarli a testa alta. Ken Livingstone è stato perfetto quando nella trasmissione Sunday Politics ha affermato: “Se un deputato locale sta sabotando Jeremy Corbyn, opponendosi alle misure anti-austerità che vogliamo, la gente dovrebbe avere il diritto di dire: ‘Voglio un deputato che rappresenti le mie idee’. Fare il deputato non dovrebbe essere un lavoro a vita.”

Del resto, Field non ha subito alcuna azione disciplinare per aver incitato a remare contro il partito stesso; mentre Andrew Fisher, un consigliere politico di Corbyn, è stato sospeso e minacciato di espulsione dal partito dallo stesso Segretario generale perché cinque anni fa, in occasione delle elezioni, inviò per scherzo uno tweet di sostegno a un candidato di Class War e suggerì di appoggiare un candidato socialista dei Verdi.

Frank Field e quelli come lui non hanno alcun diritto di lamentarsi se i militanti decidono di esercitare il loro diritto democratico di eliminarli e sostituirli con persone disposte a rappresentare le opinioni di coloro che li hanno eletti. Dopo tutto, la democrazia dovrebbe essere questa.

E’ finito da un pezzo il tempo in cui una manciata di parlamentari di destra poteva impunemente sfidare la volontà dei militanti. E’ ora di dire a questi ricattatori, con le parole di Oliver Cromwell: “Siete stati seduti qui troppo a lungo perché possiate aver fatto qualcosa di buono ultimamente. Andatevene, vi dico, e lasciate che ci liberiamo di voi. In nome di Dio, sparite! “

La reale situazione del Regno Unito

Nel Regno Unito le cose vanno molto diversamente rispetto al roseo scenario di crescita economica e crescente prosperità dipinto da Cameron e Osborne. I signori di Westminster non hanno la minima idea del disagio e della povertà in cui versano non solo i disoccupati, ma i milioni di povera gente che lavorano con bassi salari e contratti a zero ore e che per sopravvivere dipendono dalla pubblica assistenza sotto forma di crediti d’imposta.

Riguardo a questi crediti d’imposta, George Osborne ha presentato un’infame proposta di legge che, con la scusa del risparmio, li toglierà ai lavoratori poveri. Si stima che, quando entrerà in vigore il prossimo aprile. questa misura da sola farà perdere più di 1.300 sterline annue ad almeno tre milioni di famiglie. Gli analisti della Resolution Foundation hanno calcolato che i tagli dei crediti d’imposta previsti dal governo, nel 2016 getteranno in povertà 200.000 bambini direttamente alla nascita.

Il governo di coalizione ha introdotto la mensa gratuita in tutte le scuole materne, ma pare che questa politica sia tuttora “sotto esame”. Il marzo scorso Trussell Trust, un ente di beneficenza che gestisce banche alimentari, ha segnalato che durante le vacanze scolastiche un terzo degli assistiti con figli ha saltato almeno un pasto così che i bambini potessero mangiare quando non potevano disporre della refezione scolastica gratuita: circa tre quarti delle famiglie con redditi annui inferiori a 15.000 sterline non sono sempre in grado di comprare il cibo. Nell’estate 2014, lo stesso ente ha visto un aumento del 38% nel ricorso alle proprie banche alimentari rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, e il 30% di questi assistiti sono bambini.

La rabbia che oggi provano milioni di persone si è manifestata chiaramente nel programma della BBC Question Time, dove Michelle Dorrell, una madre di quattro figli che aveva votato conservatore lo scorso maggio, è scoppiata in lacrime parlando degli effetti devastanti che la misura criminale spiegata in precedenza avrebbe sulla sua famiglia:

“Ho votato conservatore perché pensavo che sareste stati la migliore scelta per me e per i miei figli. E ora state per tagliare i crediti d’imposta dopo aver promesso che non lo avreste fatto.

Io mi sudo duramente ogni soldo che spendo per provvedere ai miei figli, per dare loro tutto quello che hanno, e voi siete intenzionati a toglierci tutto, a me e a loro.

Riesco a malapena a pagare l’affitto, faccio fatica con le bollette, e voi avete intenzione di togliermi ancora di più”, ha detto.

Il portavoce del governo è parso molto a disagio quando la donna ha terminato gridando. “Vergognatevi!”

Per scatenare il panico nelle menti ministeriali circa l’agenda di austerità, hanno fatto di più i pochi secondi dell’intervista a questa donna che ogni altra cosa. E’ evidente a tutti che nei prossimi quattro anni Cameron e Osborne intendono dedicarsi a profondi tagli economici: un attacco non solo ai disoccupati, ma anche a moltissime famiglie che lottano per far quadrare i conti con salari da fame.

I parlamentari conservatori sanno benissimo sanno che tra le future vittime di questi tagli ci sono anche i loro elettori, quelli della classe media: è per questo che alle ultime elezioni David Cameron è stato costretto a mentire sfacciatamente, promettendo frettolosamente che i crediti d’imposta non sarebbero stai toccati. Il solo messaggio che oggi i conservatori possono inviare a queste persone è: “Sappiamo che ti stai spaccando la schiena, ma ti vogliamo punire lo stesso.” In queste condizioni la loro base elettorale può evaporare molto più rapidamente di quanto possano immaginare.

Corbyn ineleggibile?

Per mezzo dei suoi servi mediatici la classe dominante sta conducendo una frenetica campagna volta a convincere la gente della impossibilità di Jeremy Corbyn di essere eletto. Ma in privato la borghesia seria sa fin troppo bene che Corbyn potrebbe vincere. La situazione internazionale e quella interna non è mai stata così grave, e il crescente malcontento significa che l’elezione di un governo della sinistra laburista è possibilissima.

Le vanterie del governo riguardo la “forte crescita” del Paese si trovano di fronte la scontrosa indifferenza di milioni di persone che sanno che il loro tenore di vita è costantemente peggiorato. La gente non crede più a ciò che i politici dicono o promettono. Aumenta la disillusione verso l’establishment politico e i partiti in generale, e questa situazione porterà ad un forte polarizzazione della società e a un crescente movimento contro il governo conservatore: il cosiddetto “centro” su cui stanno cercando di basarsi i seguaci di Blair sarà distrutto dagli eventi.

Sta montando anche la rabbia contro i Conservatori, e questo potrà portare a uno spostamento di massa verso il Partito Laburista: ci sono tutte le condizioni per una brusca virata a sinistra. E ‘chiaro dai sondaggi che molti elettori conservatori e liberali guardano con crescente interesse alle idee di Jeremy Corbyn, soprattutto alla sua campagna contro tagli e austerità, e questa tendenza crescerà inevitabilmente via via che la dura realtà dei tagli conservatori si farà sempre più evidente agli occhi della gente.

E non è vero che Corbyn sia in grado di raggiungere soltanto uno settore superficiale del tradizionale elettorato laburista e della sinistra: un sondaggio del London Evening Standard mostra che, rispetto al 52% degli elettori laburisti, ben il 62% degli elettori dell’UKIP approva Jeremy Corbyn alla guida del Labour, e molti di costoro sono ex elettori laburisti che erano stati delusi dai dirigenti della destra del partito e che ora guardano con speranza al nuovo leader.

Il fatto che alla Camera dei Lord il governo sia stato battuto sul tema del credito d’imposta indica che una parte della classe dominante è consapevole del pericolo di un’esplosione sociale. Tra i parlamentari conservatori cominciano ad apparire delle divisioni, e il dibattito sulla permanenza della Gran Bretagna nella UE trasformerà queste differenze in un abisso: non è neppure escluso che Cameron possa cadere, portando a elezioni anticipate che i laburisti potrebbero vincere. Questo è ben chiaro agli strateghi del capitale, allarmati e pieni di brutti presentimenti, e mentre in pubblico cercano in ogni modo di sminuire il “fenomeno Corbyn”, in privato lo prendono molto sul serio.

La reazione dell’establishment

Corbyn ha il grande merito di aver ridato speranza a milioni di persone disilluse dalla politica. Ha dato voce a chi non ne aveva e ne ha espresso, seppur parzialmente, il bruciante malcontento verso l’attuale stato di cose. La classe dominante è ben consapevole del pericolo che rappresenterebbe un governo laburista di sinistra, e l’odio verso Jeremy Corbyn non è tanto una questione personale quanto l’espressione di una paura profonda nei confronti delle masse che stanno dietro di lui.

Come reagirebbe lo Stato borghese di fronte a un governo Corbyn? Basta chiederselo per avere la risposta: se la semplice elezione di Corbyn alla guida del Partito Laburista è bastata a scatenare un’inaudita campagna denigratoria, la sua elezione a Primo Ministro provocherebbe immediatamente una reazione furibonda, e fin dal primo giorno l’Establishment lo attaccherebbe mobilitando tutte le proprie notevoli risorse come i media, il grande capitale e lo Stato.

Si arriverebbe a uno sciopero del capitale, nell’intento di provocare gravissime sconvolgimenti economici e mettere in ginocchio il governo. La City vorrà dimostrare al governo eletto chi realmente controlli la Gran Bretagna: i consigli di amministrazione delle banche e dei grandi monopoli, a cui non importa un fico secco dei desideri di milioni di elettori. E se qualcuno ne dubita, si studi quello che è successo al governo di Syriza in Grecia.

L’imperialismo americano segue questi sviluppi con preoccupazione. L’uscita dalla NATO priverebbe gli Stati Uniti del suo principale “alleato” (leggi lacchè) europeo, e il Pentagono e la CIA sono disposti a tutto pur di evitarla: del resto è ben noto che i tentacoli della CIA arrivano in ogni angolo dello Stato britannico e che l’Agenzia ha stretti legami sia coi vertici delle forze armate britanniche che con la destra laburista.

Già l’aria è densa di minacce. Un generale, parlando in forma anonima al Sunday Times, ha affermato che la vittoria di Corbyn ha prodotto un “diffuso sgomento” nell’esercito, e che “ci sarebbero dimissioni di massa a tutti i livelli e ci troveremmo di fronte alla reale possibilità di una vera rivolta […] con alti ufficiali che si opporrebbero direttamente e pubblicamente a scelte come la rottamazione dei Trident, l’uscita dalla NATO o qualsiasi progetto di ridurre le dimensioni delle forze armate. “

E ha fatto una minaccia esplicita: “L’esercito semplicemente non ci starebbe. Lo stato maggiore non permetterebbe a un primo ministro di compromettere la sicurezza di questo Paese e credo che ricorrerebbe a ogni mezzo, lecito o illecito, per impedirlo. Non si può affidare a un cane sciolto la sicurezza di una nazione.”

Cosa significa “con ogni mezzo, lecito o illecito”? Soltanto che una cricca di generali non eletti ritiene di avere il diritto di costringere un governo eletto a obbedirgli o a rischiare di cadere. E questo è possibile nel democratico Regno Unito? Ebbene sì, è perfettamente possibile. La classe dominante non esiterebbe a ricorrere a metodi anticostituzionali per liberarsi di un governo che considera una minaccia per i suoi interessi.

I militari stanno attivamente sabotando Corbyn. Anche il Giorno dell’Armistizio, mentre stava a a capo chino davanti al Cenotafio, Corbyn è stato pubblicamente attaccato in TV dal generale Sir Nicholas Houghton, comandante in capo delle forze armate. Si presume che i generali non debbano interferire con la politica, ma Houghton ha detto di preoccuparsi alla prospettiva che il leader laburista possa salire al potere perché Corbyn ha detto che non approverebbe mai l’uso di armi nucleari. Il Capo di Stato Maggiore della difesa in un’altra intervista ha sostenuto che la Gran Bretagna sta “nuocendo ai propri alleati” perché non partecipa agli attacchi aerei contro l’ISIS in Siria.

E come ha reagito la nostra stampa, così amante della libertà, a queste dichiarazioni offensive? Non una parola, non il minimo accenno a una protesta. Un silenzio assordante, invece, e in questi casi il silenzio non è che vile complicità. La stessa proditoria complicità che ha manifestato la destra del Partito Laburista, compresi i membri del governo ombra. É un avvertimento molto serio per il Labour. Houghton ha ricevuto il pieno sostegno di Maria Eagle, Ministro ombra della Difesa, che ha dichiarato pubblicamente che il Capo di Stato Maggiore “aveva il diritto” di esprimere dubbi sull’opportunità che il leader del partito nel quale lei stessa milita diventasse Primo Ministro – esattamente le stesse parole usate da Downing Street.

Non è la prima volta che l’esercito interviene direttamente nella politica interna del Regno Unito. Alla vigilia della prima guerra mondiale (quando sembrava che il governo liberale di Asquith stesse preparandosi a concedere l’autonomia all’Irlanda e Lord Carson stava mobilitando le forze della reazione protestante nell’Ulster Voluntary Force) un gruppo di ufficiali britannici dislocati al Curragh Camp presso Dublino rifiutò di disarmare la UVF: una vera e propria rivolta contro il governo eletto a Westminster, che avrebbe potuto scatenare una guerra civile se lo scoppio della Grande Guerra non avesse spostato altrove l’attenzione. E non è l’unico esempio: è noto che già negli anni ‘60 esistevano piani per un eventuale colpo di stato contro il governo laburista di Harold Wilson.

Tutto questo è un serio avvertimento per movimento laburista. Ma esiste un potere che più grande di tutti i generali del mondo: il potere della classe operaia organizzata. Non dimentichiamolo mai: non si accende una lampadina, non gira una ruota, non squilla un telefono senza il permesso della classe operaia. È un potere immenso, ed è giunto il momento di usarlo. L’unico modo per vincere l’inevitabile resistenza della classe dirigente è quello di mobilitare il potere della classe operaia ben oltre le rappresentanze parlamentari e trasformare la società dalle fondamenta.

Il programma di Corbyn

Infine, quello che conta non è una persona, ma un programma politico. Il programma di Jeremy Corbyn deve essere ancora rifinito, ma le linee generali sono già ben note sin dal momento della sua candidatura:

  • Una politica di nuovo tipo. Una Gran Bretagna più giusta e accogliente, basata su innovazione, posti di lavoro dignitosi e servizi pubblici efficaci.

  • Crescita e non austerità. Una banca nazionale d’investimento che permetta di creare posti di lavoro per il futuro e a ridurre il deficit in modo equo. Equità fiscale per tutti: che le spalle più ampie portino il peso maggiore.

  • Ridurre i costi del welfare attraverso investimenti e crescita strutturale e non spremendo i meno abbienti e tagliando i crediti d’imposta ai bambini.

  • Agire sul cambiamento climatico in vista dell’interesse a lungo termine del pianeta e non degli interessi a breve termine del profitto aziendale.

  • Proprietà pubblica delle ferrovie e del settore energetico, dove la privatizzazione ha anteposto i profitti alle persone.

  • Entro il 2025 case decenti per tutti, nel pubblico e nel privato, attraverso un esteso programma di edilizia popolare e controllo degli affitti.

  • Non più guerre illegali. Una politica estera che privilegi la giustizia e l’assistenza. Non sostituire ai Trident una nuova generazione di armi nucleari, ma posti di lavoro che valorizzino le competenze delle comunità.

  • Un Servizio Sanitario Nazionale interamente finanziato dallo Stato e integrato con l’assistenza sociale. Fine della privatizzazione nella sanità.

  • Tutela sul lavoro. Nessun contratto a zero ore. Una forte ontrattazione collettiva per eliminare le ingiustizie dei contratti aziendali.

  • Uguaglianza per tutti. Una società che non metta barriere ai talenti e al contributo di ognuno. Basta con la criminalizzazione dei migranti.

  • Un servizio nazionale di istruzione permanente che sviluppi al meglio i talenti e le opportunità per tutta la vita. Assistenza all’infanzia garantita a tutti. Abolizione delle tasse studentesche e ripristino di assegni e borse di studio. per le competenze decenti e opportunità per tutta la nostra vita: l’infanzia universale, abolendo tasse degli studenti e borse di studio. Formazione degli adulti senza limiti di età.

Noi marxisti saremmo d’accordo con la maggior parte di questo programma, ma c’è un problema: su basi capitaliste non può essere realizzato. Qualsiasi governo che accetti il sistema capitalista deve obbedire alle leggi del capitalismo, cioè alle leggi del mercato, e nel contesto attuale questo significa soltanto una politica di tagli e austerità.

L’abituale risposta della borghesia a proposte come quelle di Corbyn consiste nell’indicare l’enorme debito che sta trascinando a fondo l’economia britannica. Quando la dirigenza laburista ha chiesto ai propri parlamentari di opporsi alle riforme di Osborne, questi ha dichiarato che “stavano allegramente caricando i nostri figli di debiti che non potranno mai sperare di rimborsare”. Ma quello che Osborne e gli altri rappresentanti parlamentari delle banche e delle grandi imprese non dicono mai è perché ci sia questo debito.

La causa dell’enorme deficit che grava pesantemente sulle spalle della popolazione britannica (e di altri paesi) è la massiccia campagna di salvataggio delle banche private seguita al crollo finanziario del 2008. Miliardi di sterline di denaro pubblico sono stati generosamente versati nelle casse di banche che i capitalisti avevano portato all’insolvenza con grossolani atti di cattiva amministrazione, speculazioni irresponsabili e persino vere e proprie truffe.

Se in una fabbrica un lavoratore danneggia una costosa macchina viene immediatamente licenziato, e se accusato di grave inefficienza o di sabotaggio può essere soggetto ad azione legale con le conseguenti pene pecuniarie o addirittura detentive. Ma i banchieri che mandano in rovina l’intero sistema finanziario mondiale – e provocano una crisi economica che distrugge la vita di milioni di persone – non sono né licenziati né imprigionati: sono anzi riccamente ricompensati con un mucchio di denaro pubblico. In cambio ridono in faccia alla pubblica amministrazione, si pagano da se stessi dei bonus scandalosi e non tirano fuori un soldo per aiutare le famiglie in difficoltà e le piccole imprese.

Per poter realizzare il suo programma, Jeremy Corbyn dovrà agire contro le grandi banche e i monopoli di capitale, i veri padroni della Gran Bretagna indipendentemente da chi sieda al 10 di Downing Street. Il primo provvedimento di un governo laburista deve essere la nazionalizzazione di questi istituti, che sono le leve fondamentali dell’economia.

I consiglieri di Corbyn pensano che sia possibile controllare gli eccessi del grande capitale con la tassazione e la regolamentazione, ma un’economia di mercato regolamentata è una contraddizione in termini: occorre invece un’economia razionalizzata e democraticamente pianificata, orientata a servire gli interessi dei molti e non i profitti dei pochi. Ma è impossibile pianificare ciò che non si controlla, ed è impossibile controllare ciò che non si possiede. Comunque noi non proponiamo la nazionalizzazione delle piccole e medie imprese – i piccoli agricoltori, imprese familiari, negozi di quartiere e simili: è sufficiente prendere il controllo dei punti chiave del potere economico.

Pochissime persone al giorno d’oggi possono provare simpatia per i banchieri e i viziati miliardari della City. Se Jeremy Corbyn andasse in TV e spiegasse con dati e cifre come questi gangster super-ricchi abbiano saccheggiato la Gran Bretagna e sistematicamente derubato la sua gente, ci sarebbe un sostegno di massa alla nazionalizzazione senza indennizzo o con compenso minimo in caso di comprovato bisogno.

Jeremy Corbyn propone rinazionalizzazione delle ferrovie, e su questo potrà contare sull’appoggio entusiasta di milioni di persone che pagano biglietti esorbitanti per un servizio spaventoso. Ma ha poi aggiunto che questa misura non verrebbe a costare nulla, perché l’idea è quella di aspettare fino alla naturale scadenza delle attuali concessioni ai privati: quindi se diventasse Primo Ministro nel 2020, solo un terzo delle ferrovie sarebbe in mano pubblica entro la fine del suo primo mandato,nel 2025.

Questo significa troppo poco e troppo tardi. I proprietari delle società ferroviarie privatizzate hanno già intascato troppo del nostro denaro. Un governo laburista dovrebbe riprendere le ferrovie senza pagare alcun compenso. Una nazionalizzazione socialista non ha nulla in comune con il tipo di nazionalizzazioni effettuate da governi laburisti del passato, dove i vecchi proprietari privati ​​venivano sostituiti da burocrati non eletti che gestivano le industrie nazionalizzate secondo modelli economici capitalistici. La sola soluzione valida sono il controllo e la gestione da parte dei lavoratori: dopo tutto, nessuno conosce il modo migliore di gestire l’industria meglio di chi ci ha lavorato per interi decenni.

Noi marxisti lotteremo per cacciare i Conservatori e per un governo laburista. Difenderemo Jeremy Corbyn contro gli attacchi della destra e lotteremo per un Partito Laburista democratico e socialista. Ma siamo convinti che solo adottando misure coraggiose per porre fine alla dittatura della City sarà possibile fare i passi necessari a porre fine alla disoccupazione, all’emarginazione e alla povertà e a creare quella Gran Bretagna più giusta e più accogliente alla quale Jeremy Corbyn aspira.

Londra, 9 novembre 2015

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