La lotta per la salute è una lotta contro il capitalismo
L’editoriale del nuovo numero di Rivoluzione
A livello mondiale il contagio da Covid è in rapida risalita dalla fine di febbraio. Alla data in cui scriviamo siamo vicini a superare il picco massimo fin qui raggiunto di 844mila nuovi contagi giornalieri. Il numero di vittime cresce con un ritardo di alcune settimane.
Chi parla come se il “ritorno alla normalità” fosse a portata di mano vende illusioni e menzogne, come è stato in tutto questo anno. Non siamo vicini alla soluzione, bensì a una nuova tappa nella pandemia, nella quale un contagio che diventa endemico accresce ulteriormente le differenze, le ingiustizie, le contraddizioni intollerabili che stanno lacerando la società.
Paesi come Brasile, India, Turchia, Francia, Germania, Argentina, Polonia e altri sono in piena ascesa di contagi, ma anche negli Usa, nonostante la forte spinta della campagna vaccinale, i dati sono di nuovo in peggioramento.
Vaccini: pochi e in poche mani
Per quanto sia difficile estirpare completamente un virus, gran parte di questa situazione non ha niente di fatale o inevitabile. Dipende direttamente dalle scelte e dalle priorità con cui la borghesia e i suoi governi gestiscono la crisi sanitaria.
Il primo motivo è la carenza di vaccini e la loro distribuzione diseguale. Secondo le stime, nel 2021 si dovrebbe arrivare a una produzione complessiva di quasi 9,5 miliardi di dosi. La cifra è già inferiore agli 11,5 miliardi che si calcola sarebbe la domanda complessiva. All’8 aprile tuttavia la produzione complessiva è di soli 677 milioni, solo il 7 per cento dell’obiettivo annuale.
La produzione è insufficiente per motivi che capisce anche un bambino: 1) i brevetti sui vaccini e la segretezza sui dati; 2) l’interesse delle case produttrici a non impiantare capacità produttiva in eccesso, che resterebbe inutilizzata nel caso di una rapida campagna a tappeto; 3) gli scontri di potere a livello internazionale, per cui l’accesso o il diniego di forniture di vaccini vengono usati come strumento per affermare il potere dei paesi produttori o per contrastare quello dei concorrenti.
È notizia ufficiale che gli Usa, ad esempio, hanno ostacolato il tentativo del Brasile di accedere a delle forniture del vaccino russo Sputnik, vaccino per il quale Ursula Von der Leyen ha chiesto addirittura che oltre all’autorizzazione sanitaria, l’Ue dia anche una “autorizzazione etica”. Per non parlare della Palestina, dove Israele nega il vaccino al 99 per cento della popolazione palestinese, o dell’Iran e del Venezuela, che in base alle sanzioni unilaterali (veri e propri atti di pirateria) imposte dagli Usa e dai loro satelliti, vedono pesantemente ridotto l’accesso a vaccini.
Molto di più di queste ingiustizie palesi conta però la semplice diseguaglianza economica: si calcola che dei 9,5 miliardi di dosi, solo 700 milioni potranno essere acquistati dai paesi che, congiuntamente, rappresentano l’80 per cento della popolazione mondiale. Con il contributo del programma Covax dell’Oms si arriverebbe a un totale di 1,8 miliardi di dosi. Per l’80 per cento della popolazione, meno del 20 per cento dei vaccini. Il resto ai paesi ricchi, al cui interno ci sono ulteriori pesanti differenze.
Le case produttrici hanno ricevuto contributi pubblici stimati attorno ai 100 miliardi di dollari per sviluppare vaccini che solo quest’anno porteranno a entrate per 120-150 miliardi, a loro volta pagati dagli Stati. Ma questo non scalfisce il loro assoluto controllo, anzi.
Effetti collaterali e piani vaccinali nel caos
Anche se pochi, gli effetti collaterali esistono, anche gravi, e non potrebbe essere altrimenti dati tempi ristrettissimi con cui sono stati sviluppati i vaccini. La reazione scomposta delle autorità dimostra che controllano ben poco la situazione: un giorno minimizzano, il giorno seguente bloccano un vaccino per poi riammetterlo, cambiano continuamente le fasce di età, ecc. Salvo poi accusare il popolo ignorante e i complotti “negazionisti” di sabotare gli sforzi vaccinali.
La confusione, la mancanza di trasparenza, l’evidente ipocrisia dei “pubblici poteri” si mescolano alla guerra senza esclusione di colpi fra i produttori, che non hanno certo scrupoli nel denunciare i pericoli di un prodotto concorrente per promuovere il proprio.
I vaccini riducono significativamente i casi gravi e i decessi, ma non impediscono completamente la reinfezione e soprattutto lasciano aperto il problema delle varianti, che diventa tanto più rischioso quanto più lento è il processo di immunizzazione. Con la maggior parte della popolazione mondiale che non vedrà un vaccino se non nel 2022-23 è chiaro che il virus continuerà a circolare e a mutare. La stessa durata dell’immunizzazione non è chiara. Già ora la variante sudafricana mette fuori gioco il vaccino di AstraZeneca e, pare, anche quello di Pfizer. La variante inglese ha già dimostrato la sua maggiore contagiosità, a partire dall’Italia. Lo stesso Giappone, preso a modello fra i paesi che hanno domato il contagio con una rigida politica di restrizioni, oggi fa i conti con un’iniziale ondata ascendente legata ad una nuova variante.
Non a caso, quindi, pubblicazioni come l’Economist parlano ormai del passaggio dalla pandemia a una situazione di circolazione “endemica” del virus, paragonabile a quella della comune influenza.
Il controllo del capitale privato sui vaccini sta producendo un fallimento sanitario. Ma la prospettiva “endemica” appare meravigliosa per i produttori, che vedono un mercato in crescita, garantito e prezzi in aumento con campagne periodiche di immunizzazione di massa.
Frank D’Amelio, alto dirigente Pfizer, lo ha detto esplicitamente: “Col passaggio da una situazione pandemica ad una endemica, le normali forze di mercato cominceranno ad imporsi. Qui vediamo, molto francamente, una opportunità significativa per il nostro vaccino in prospettiva della domanda e dei prezzi. Pensiamo che qui ci sia un’occasione per noi.”
Cade quindi la pretesa ipocrita che esista un obiettivo comune a tutti, di sradicare il virus e garantire la salute e la sicurezza ad ogni cittadino, e si entra in un mondo in cui il vaccino e la gestione sanitaria sono arma di competizione economica e politica, di discriminazione sociale. Vaccini per chi può, lockdown per chi non ha i mezzi, restrizioni e regole a geometria variabile, in cui l’irrazionalità e le ingiustizie ricadono a pioggia sulla grande maggioranza, mentre solo la logica del profitto e del privilegio mantiene tutta la sua cristallina coerenza. Al lavoro sempre, a scuola oggi sì e domani forse no. Niente scampagnata fuori porta, ma un aereo per una vacanza in qualche isola “covid-free” lo si può prendere… e si potrebbe continuare a lungo.
Vaccinare nelle aziende?
In questa logica rientra anche il protocollo del 6 aprile che prevede la vaccinazione all’interno delle aziende. Alla faccia dei proclami di dare la priorità agli anziani, ai soggetti fragili, ai lavoratori essenziali più esposti, si afferma nero su bianco che l’unico principio è la continuità della produzione e del profitto. Quelle stesse aziende nelle quali pare che il virus non entri mai, visto che continuano a produrre anche in presenza di centinaia di focolai, improvvisamente diventano pilastri della tutela della salute.
Che la Cgil abbia firmato questo protocollo senza batter ciglio, senza neppure uno straccio di discussione, è una vergogna che grida vendetta. Meglio allora l’assessora lombarda Letizia Moratti, che unendo la sua modesta intelligenza al suo ben radicato classismo, aveva candidamente dichiarato in gennaio che la priorità vaccinale doveva essere misurata in base al Pil. Allora la Cgil, la sinistra riformista, lo stesso Speranza, avevano alzato grida inorridite. Oggi si fanno promotori in modo servile della logica padronale. Mi servi? Ti vaccino. Non mi servi? Stai a casa, oppure ammalati in silenzio.
Nella guerra forsennata e senza esclusione di colpi che si sta scatenando nel capitalismo mondiale, la borghesia italiana può solo andare a rimorchio, tanto sul terreno sanitario che su quello economico. L’obiettivo di 500mila vaccini al giorno è lontano, per la scarsità di forniture e per l’inefficienza del sistema sanitario e i conflitti di competenza. Tutto è affidato alle misure restrittive, il cui peso si fa sempre più intollerabile. L’unica differenza col governo Conte è che Draghi invece di esternare in prima persona, manda i suoi ministri e commissari a fare proclami e promesse dai teleschermi.
È sempre più chiaro che la difesa della salute può essere solo il risultato di una lotta di massa del movimento operaio, dei giovani, delle donne, una lotta che necessariamente deve avere una dimensione internazionale. Rivendichiamo come misure immediate:
– Abolizione dei brevetti sui vaccini e pubblicazione di tutti i dati, compresi quelli sui rischi collaterali che devono essere conosciuti e valutati.
– Esproprio delle imprese farmaceutiche e massiccio investimento nella produzione di vaccini.
– Piano d’urto per il potenziamento del sistema sanitario, compreso un sistema pubblico e gratuito di tracciamento, tamponi e test sierologici, prevenzione, cura dei casi lievi.
– Congedi Covid con piena copertura salariale per tutte le necessità legate alla pandemia (chiusura scuole, quarantene e isolamento fiduciario, ecc.)
– Controllo dei lavoratori e dei loro rappresentanti su tutti i casi di contagio nelle aziende con potere di fermare del tutto o in parte le attività non essenziali al fine di tracciare e isolare i focolai.
– Nessuna restrizione dei diritti democratici, a partire dal diritto di assemblea nei luoghi di lavoro e di studio, col pretesto dell’emergenza. In ogni contesto le necessarie misure di distanziamento devono rispondere alle reali necessità sanitarie.
La lotta per la salute e la sicurezza è una lotta contro il capitalismo, contro il profitto e contro la borghesia, in Italia e in tutto il mondo.
19 aprile 2021
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