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La lotta dei lavoratori di Ansaldo Energia infiamma Genova

Negli ultimi giorni, i lavoratori di Ansaldo Energia sono stati protagonisti di una mobilitazione determinata e combattiva che ha scosso l’intera città di Genova, riportando all’attenzione della cittadinanza la centralità della lotta operaia, proprio all’alba della formazione del nuovo governo di destra. L’incertezza per il futuro dello stabilimento della Val Polcevera, da cui dipendono circa 2,900 lavoratori tra diretti e indiretti e almeno altrettanti nell’indotto, ha raggiunto infatti un punto critico quando si è palesata l’assenza di commissioni per il 2023 e uno scarico di 200mila ore di lavoro già da marzo.

L’azienda gioca un ruolo di primo piano nel tessuto produttivo della città e un’ondata di cassa integrazione e licenziamenti o un’eventuale chiusura avrebbero effetti drammatici su migliaia di lavoratori. Già il 21 settembre, gli operai erano scesi in sciopero in difesa dei posti di lavoro, rivendicando la continuità produttiva dello stabilimento, che è posseduto per l’88% dal governo attraverso la Cdp, ma l’assenza di qualsiasi risposta concreta ha portato alle mobilitazioni di questi giorni. La Cassa Depositi e Prestiti si era infatti limitata a stanziare 36 milioni di euro, giusto per coprire il pagamento dei salari fino a aprile, senza però dare alcuna garanzia sul futuro della produzione.

Mercoledì 12 ottobre, gli operai di Ansaldo Energia tornano in sciopero e l’assemblea davanti allo stabilimento si trasforma in un corteo che attraversa la città bloccando la sopraelevata e l’accesso all’autostrada, paralizzando di fatto il traffico cittadino per la giornata intera. Nel frattempo, un gruppo di lavoratori rimane in presidio permanente davanti alla fabbrica. Nonostante i disagi causati al traffico, lo sciopero degli operai riscuote una solidarietà vasta tra i lavoratori della città, che si coalizzano spontaneamente in quella che viene vista come un’azione necessaria per la difesa delle condizioni di vita e di lavoro collettive.

Lo sciopero continua giovedì, così come continuano le dimostrazioni di solidarietà, con numerosi negozi del quartiere operaio di Sampierdarena che chiudono per alcune ore in sostegno alla lotta di Ansaldo. Nuovamente l’assemblea operaia ai cancelli si trasforma in un corteo, che parte da Cornigliano e si dirige verso l’aeroporto internazionale. Nel mezzo del corteo, accorrono in massa gli operai di Fincantieri in solidarietà alla lotta. La decisione dei lavoratori è quella di bloccare l’aeroporto, così come avevano fatto i lavoratori di Fincantieri il 10 gennaio del 2012. Giunto alla rotonda Castruccio, il corteo sfonda il blocco di polizia che impediva l’accesso all’aeroporto e occupa l’edificio, portando alla sospensione del servizio, con la cancellazione dei voli per la giornata di giovedì e il dirottamento dei voli verso Genova verso altre piste di atterraggio.

L’arrivo dei lavoratori in aeroporto

All’aeroporto, il clima tra i lavoratori è di entusiasmo e determinazione, sono decisi a continuare la lotta finché non ricevano una risposta decisiva da parte del governo. Nel frattempo, l’incontro in Regione con le istituzioni si risolve in un nulla di fatto, mentre Toti e Bucci attaccano con arroganza i lavoratori e li provocano qualificandoli pubblicamente come teppisti. Il blocco dell’aeroporto va avanti dalla mattina e nel pomeriggio Fiom e Fim convocano uno sciopero generale metalmeccanico di quattro ore per tutte le fabbriche della città da effettuarsi il giorno seguente.

Un terzo giorno di sciopero consecutivo all’Ansaldo Energia, con il blocco generale della produzione in città, avrebbe riscosso un entusiasmo generale tra gli operai e avrebbe permesso di portare la lotta a un livello superiore. Evidentemente, di questo si sono accorti anche al Ministero dell’Economia, dal momento che, di fronte un’escalation potenzialmente incontrollata della mobilitazione dei lavoratori, la Cdp invia nel tardo pomeriggio una lettera che apre all’ipotesi di una ricapitalizzazione dell’azienda, come richiesto dai sindacati, ipotizzando la conversione a patrimonio del prestito soci di 200 milioni di euro erogato da Cdp Equity nel 2019.

Una risposta vaga e tutt’altro che convincente, che di fatto rimanda a un futuro neanche troppo lontano la crisi che aveva dato vita alla mobilitazione. Al contempo, è la dimostrazione plastica della capacità della lotta operaia di cambiare i rapporti di forza a proprio favore, visto che di ricapitalizzazione finora la Cdp non aveva voluto parlare. Viene da ridere rileggendo le dichiarazioni della Uilm, che si era dissociata da un terzo giorno di sciopero, parlando di “mosse controproducenti”, quando proprio la minaccia di una conduzione a oltranza dello sciopero e la perdurante occupazione dell’aeroporto hanno permesso questa pur misera concessione. Tuttavia, ottenuto questo piccolo primo risultato, Fiom e Fim decidono di revocare lo sciopero generale indetto per venerdì all’ultimo momento, smobilitando la lotta proprio nel momento di massima tensione, quando tutta la città si stava stringendo in solidarietà attorno agli operai di Ansaldo Energia.

Questa decisione altrimenti incomprensibile, si può spiegare solo con la paura da parte dei dirigenti sindacali di trovarsi tra le mani una lotta fuori dal proprio controllo, nella quale i lavoratori siano gli unici protagonisti e siano nella condizione di scalzare qualunque dirigenza che non risponda ai diktat della base dei lavoratori. Di fronte a un primo cedimento da parte aziendale, si sarebbe invece dovuto sfruttare la posizione di forza e l’ampia mobilitazione che si stava producendo in sostegno alla lotta in AEN per portare avanti l’affondo e ottenere reali garanzie per l’occupazione dei lavoratori. Se poi, come ha affermato la Uilm, “le problematiche di Ansaldo non sono solo economiche ma anche organizzative e strategiche”, è evidente che al centro della lotta bisogna porre la rivendicazione di una rinazionalizzazione totale di Ansaldo, sottraendola alle influenze del mercato e rilanciando la parola d’ordine del controllo operaio sulla produzione.

Il carattere specifico della crisi di AEN rende infatti inaggirabile la questione del controllo operaio e, quindi, di quali interessi debbano regolare la produzione. Al centro della crisi di AEN, c’è infatti la cancellazione di tre commesse per Enel per la produzione delle turbine a gas che avrebbe permesso di convertire le centrali a carbone di Brindisi, Civitavecchia e La Casella: di fronte alla crisi energetica il governo ha deciso di continuare la produzione a carbone. Lo stesso è successo con un’altra commessa per la riconversione di una centrale, bloccata sul punto di essere firmata, e con un’ulteriore commessa per il mercato russo, andata in fumo per effetto delle sanzioni Nato alla Russia. In barba a tante chiacchiere sulla transizione ecologica, si decide di mantenere processi produttivi obsoleti facendone ricadere i costi economici e ecologici sulla classe lavoratrice.

I lavoratori Ansaldo Energia hanno dimostrato che sono pronti a portare avanti una lotta senza sconti in difesa del proprio futuro e che una lotta determinata e combattiva può mobilitare ampi settori della classe ponendosi come un punto di riferimento collettivo. D’altra parte, la lotta non è finita, perché al momento non esiste nessuna reale garanzia sul futuro dello stabilimento, ed è anche evidente che la crisi di AEN non può essere tenuta separata dalla crisi generale dell’industria italiana. La classe dominante vuole scaricare i costi della guerra con la Russia e della crisi economica sulle spalle dei lavoratori, preparandosi a imporre misure lacrime e sangue. Solo il controllo operaio sulla produzione, su cosa e come si produce, e la nazionalizzazione delle imprese strategiche può garantire una via di uscita da questa crisi un futuro per milioni di lavoratori. I lavoratori Ansaldo Energia ci sono, la lotta continua!

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