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La lotta alla Carpigiana: unità Fiom e Si Cobas

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La vertenza alla cooperativa Carpigiana service se da un lato rappresenta uno dei tanti esempi dell’ingiustizia che sta alla base del mondo del facchinaggio cooperativo, è anche un precedente importante di fronte unico di lotta tra Fiom e Si Cobas.

Come pressoché ogni cooperativa di facchinaggio, anche la Carpigiana è nata per garantire ad una grande azienda, in questo caso la metalmeccanica CBM, manodopera a basso costo. Per oltre 15 anni utilizzati come veri e propri operai CBM addetti a montaggio e verniciatura ma pagati un terzo in meno, i lavoratori della Carpigiana l’anno scorso decidono di ribellarsi. Metà dei 32 dipendenti stracciano la tessera della Filt e passano al SI Cobas iniziando una vertenza che aveva all’ordine del giorno il rispetto almeno del contratto nazionale di riferimento e il rispetto della propria dignità contro le vessazioni di capi arroganti e brutali.

Dopo alcuni picchetti e il raggiungimento di alcuni accordi sindacali, i lavoratori hanno da un lato intrapreso una causa contro CBM per intermediazione di manodopera la cui prima udienza sarà il 29 ottobre di quest’anno. Dall’altro hanno rivendicato il passaggio al contratto dei metalmeccanici in quanto più rispettoso delle proprie lavorazioni oltre che con maggiori garanzie in termini di ammortizzatori sociali. A giugno di quest’anno la Carpigiana è passata sotto il CCNL metalmeccanico grazie alle lotte dei lavoratori. Da questo momento oltre al Si Cobas anche la Fiom diventa parte della vertenza. Ormai da mesi è a tutti chiaro che l’intendo della committente è punire questi lavoratori che hanno osato ribellarsi e rivendicare i propri diritti.

Per questo nelle scorse settimane, di ritorno dalla chiusura estiva, CBM ha tentato di spostare le lavorazioni presso un’altra azienda fornitrice. Subito è scattato lo sciopero ad oltranza dichiarato unitariamente da Fiom e Si Cobas con presidio davanti alla CBM stessa. La rivendicazione era e rimane una e molto semplice. Salvare tutti i posti di lavoro richiamando la committente alle sue responsabilità e quindi garantendo il lavoro per tutti gli operai di questa cooperativa, in attesa che il processo dica se effettivamente CBM è colpevole di intermediazione di manodopera e sia così obbligata ad assumere direttamente questi lavoratori.

Questa vertenza, come quella in Motovario all’inizio di questa estate, ci dice quanto sia importante per difendere i diritti dei lavoratori delle ditte di appalto e/o “fornitrici” il coinvolgimento delle ditte committenti. Sono molte le aziende importanti che hanno appaltato tutta la parte logistica a cooperative di facchinaggio. Da questo emergono due dati importanti. In primo luogo i facchini nella metalmeccanica posso avere un potere contrattuale enorme. Se si blocca la logistica, tutta la produzione si blocca.  Secondariamente, tutto questo ci dice quanto sia importante che l’unità di azione dei lavoratori metalmeccanici e di facchinaggio si saldi. I lavoratori uniti nella lotta possono ottenere grandi conquiste e possono pensare non solo di stare sulla difensiva ma finalmente di tornare a passare al contrattacco contro i padroni. Questo anche in vista del rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici.

Per questo l’unità nella lotta tra Fiom e Si Cobas assume una importanza centrale e speriamo che quello di Carpigiana sia un precedente ed un esempio che si estenda in tutto il paese. L’unità di classe non si costruisce con proclami dall’alto ma nel concreto delle lotte dal basso. In Carpigiana venderemo cara la pelle per difendere tutti i posti di lavoro.


Intervista con Mounssef Lahcen (Si-Cobas, La Carpigiana services)

Domanda: Come avete costruito un sindacato combattivo alla cooperativa Carpigiana?

Risposta: Nel 2014 vengo spostato dal magazzino al montaggio, dove lavorano solo immigrati. Scopro un altro mondo. Mi sembra peggio del Terzo Mondo! Nel reparto c’è un capo che tratta le persone come bestie, criminali. È un problema anche andare in bagno, lui ti aspetta appena fuori. Guai, poi, se chiedi guanti o scarpe da lavoro nuovi una volta all’anno, come prevede la legge… Alla CBM, la ditta mono-committente della Carpigiana, erano senz’altro contenti e da anni vedevano questa situazione. Nel montaggio lavorano molti ragazzi appena arrivati da zone rurali del Marocco, alla prima esperienza nell’industria. All’inizio pensavano che fosse ovunque così. Allora io ho detto agli altri che ci dovevamo svegliare, che qui avevamo dei diritti e c’erano i sindacati. Poi alcuni di noi si sono iscritti al si-Cobas e abbiamo scritto una lettera per chiedere l’allontanamento del caporeparto. Scioperiamo anche. L’azienda promette di allontanarlo ma, dopo un mese di ferie forzate, lui rientra. Torniamo a scioperare, compatti. Siamo convocati con l’azienda dal prefetto che prova a calmare le acque proponendo un mese di prova… Ora questa persona è ancora in azienda, però la nostra forza sindacale lo costringe ad agire in modo più coperto e indiretto.

Domanda: E scommetto che quella lotta contro il capo-reparto non è stato che l’inizio…

Risposta:Certo, anche perché ne abbiamo scoperte tante di cose che non andavano. Le buste-paga erano inferiori al dovuto – una ventina di operai hanno 175mila € non versati – e lo abbiamo pure denunciato alla Guardia di Finanza, che però non si è ancora vista in azienda a un anno dalla prima denuncia. Allo stesso tempo, abbiamo iniziato una causa legale per intermediazione di manodopera – dopo aver documentato come gli ordini ci arrivassero direttamente dai capi della CBM – e per passare sotto il contratto metalmeccanico, perché nei fatti non siamo mai stati facchini ma veri e propri addetti alla produzione. Ora siamo considerati metalmeccanici ma la cooperativa non ci paga i contributi corrispondenti, perché dice che non ha i soldi.

Domanda: Questo c’entra col recente sciopero di due giorni di fila a settembre?

Risposta: Da alcuni mesi vediamo che si fa di tutto per portare la cooperativa al fallimento. A gennaio hanno spostato verniciatori, montatori, carrellisti e sabbiatori nello stabilimento di via dei Tornitori per fare il solo montaggio, è chiaro che la conseguenza sarebbe stata la cassa integrazione, in deroga e durata fino a maggio. Dopo le ferie, scopriamo pure che la CBM ha iniziato a dare circa metà dei nostri ordini ad un’altra cooperativa. È chiaro che il problema siamo noi, un gruppo di operai che ha alzato la testa e si è organizzato. Lo sciopero duro con blocco delle merci era l’unica nostra arma.

Domanda: Come si è sviluppato lo sciopero?

Risposta: Abbiamo deciso che dalla nostra azienda non sarebbe dovuto uscire niente. L’unità tra i lavoratori è stata alta, favorita dall’unità d’azione tra il Si-Cobas è la FIOM-Cgil, che ha alcuni iscritti nell’azienda. Per rafforzare lo sciopero, il secondo giorno abbiamo anche bloccato le merci in uscita dalla CBM, che non poteva continuare a fare finta di niente come se la vicenda non la riguardasse. Ci siamo organizzati in turni sui due stabilimenti e, anche con l’aiuto militante di altri lavoratori venuti a sostenerci, la lotta ha segnato un punto per noi.

Domanda: Quale accordo avete strappato?

Risposta: La CBM si è impegnata a riportare in Carpigiana tutto il lavoro passato all’altra cooperativa e la direzione della Carpigiana a cancellare dal suo statuto la voce n. 602, che ci impedisce di usufruire di ammortizzatori sociali come i Contratti di Solidarietà. Sia noi come Si-Cobas che la FIOM abbiamo accettato l’accordo, pronti però a tornare in sciopero se di nuovo il padrone avesse provato a ingannarci.

Domanda: E lo ha fatto?

Risposta: Dell’accordo l’azienda ha applicato, e solo a metà, il primo punto e basta. In più, la Carpigiana ha depositato al ministero per lo Sviluppo Economico una dichiarazione che apre la procedura fallimentare. Ormai la situazione è arrivata in fondo. Entro la fine dell’anno ci aspettiamo che una nuova cooperativa venga a sostituire la Carpigiana. Noi rivendichiamo la riassunzione per tutti alle stesse condizioni. Non devono essere nuovi o vecchi capi a decidere chi rientrerà in questa nuova cooperativa. Eventuali buonuscite possono essere accettate su base puramente volontaria. Sennò, sarà di nuovo “guerra” contro la CBM.

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