Il rogo dei rifiuti a Mortara (Pavia)

L’incendio scoppiato all’alba di mercoledì 6 settembre 2017 alla ditta Eredi Bertè di Mortara (Pavia) non si era ancora spento la domenica successiva. Sotto i rifiuti che hanno preso fuoco, si sono scoperti cumuli di pneumatici che bruciavano lentamente. Il risultato è stato il superamento della soglia di attenzione per la concentrazione di diossine e furani nell’aria nella zona circostante. Per giorni, in via precauzionale, scuole e uffici sono stati chiusi a Mortara e nei paesi limitrofi, mentre la nube tossica si estendeva per molti chilometri e il materiale sollevato dall’incendio contaminava i campi.

Il business dello stoccaggio rifiuti

La Eredi Bertè non si occupa di riciclare, incenerire o seppellire i rifiuti speciali ma soltanto di smistarli. Tra i rifiuti speciali (cioè prodotti da aziende) che raccoglie si trovano gomma, plastica, carta, rifiuti ingombranti e rifiuti pericolosi. Il suo ricavo dunque proviene dal prezzo che paga chi le consegna i propri rifiuti. Viceversa, subisce costi ingenti dal conferimento di questi rifiuti ad altre imprese che si occupano dello smaltimento vero e proprio.
Se una ditta di questo tipo accumula rifiuti in grande quantità, senza conferirli allo stesso ritmo, può realizzare un profitto gonfiato trasformandosi di fatto in una sorta di discarica; proprio per questo motivo la legge stabilisce dei limiti all’altezza dei cumuli, un tempo massimo di permanenza del rifiuto nel centro di smistamento e dei criteri di separazione dei cumuli per evitare che, se un cumulo va a fuoco, l’incendio si estenda a tutti gli altri. Le foto dalla strada e aeree sembrano proprio mostrare il mancato rispetto di questi criteri: c’è chi ha detto che l’aspetto del centro di stoccaggio era quello di una pura e semplice discarica abusiva.

E non è tutto. Legambiente di Pavia scrive: «Ci sono elementi che ci spingono a pensare al fatto che alcuni operatori del settore possano beneficiare di questi incendi al fine di far sparire le prove di comportamenti al di fuori della legge». Già nel 2004 alla  Eredi Berté c’era stato un incendio riconosciuto come doloso, ma le cui motivazioni erano rimaste ignote. L’Osservatorio Antimafie di Pavia parla apertamente di un settore rifiuti che in provincia è dominato dalla ‘ndrangheta coi suoi metodi sbrigativi.
Una terra dei fuochi
La Lomellina (zona ovest della provincia di Pavia, tra il Ticino e il Po) sembra sia diventata una “terra dei fuochi”. Da maggio a oggi ci sono stati, con questo, tre incendi in aziende che si occupano di rifiuti: altri due si sono verificati alla Aboneco di Parona. Anche altri incendi industriali hanno minacciato l’ambiente: due alla raffineria ENI di Sannazzaro, uno in un calzaturificio a Castello d’Agogna e un altro in una fabbrica che lavora il legno sempre a Mortara. La Lomellina è anche diventata una destinazione privilegiata di rifiuti speciali e fanghi provenienti da tutta la Lombardia e da regioni vicine. La popolazione della Lomellina è esasperata da questi frutti avvelenati (si può ben dirlo) della deindustrializzazione, che hanno consegnato il territorio al capitalismo più parassitario e alle attività più nocive, trasformando la zona in una delle più inquinate d’Italia.

L’ARPA è ora sotto accusa da parte dell’opinione pubblica per l’inefficienza dei controlli, ma non sembra proprio sia stata l’unica istituzione a “guardare dall’altra parte”. Nel 2009, la Provincia di Pavia ha concesso alla Eredi Bertè l’autorizzazione a procedere ad un ampliamento dell’azienda – con il triplicamento del volume di rifiuti recuperabili e un raddoppio dello stoccaggio – senza alcuna Valutazione di Impatto Ambientale. Peraltro come poteva l’azienda essere certificata contro il rischio incendio se, durante lo spegnimento del rogo, la pressione dell’acqua è risultata insufficiente, al punto da aver fatto perdere la fornitura ad alcune case del paese? Neanche il Comune di Mortara, a guida leghista, si è mai accorto di qualcosa di strano, nonostante pagasse 80mila euro all’anno alla Eredi Bertè per servizi vari.

Espropriare i padroni dei rifiuti!

Gli interrogativi sulla colpa o sul dolo sono interessanti, ma dal nostro punto di vista non cambiamo la questione politica di fondo. Quale che sia stata l’esatta combinazione di eventi e responsabilità che ha portato a mettere a rischio la salute di migliaia di persone – sia che lo scopo di chi ha appiccato l’incendio fosse ritardare un controllo oppure prendere tempo o ancora mandare un avvertimento; sia che il rogo si sia esteso o meno oltre le intenzioni del colpevole o se addirittura sia scoppiato davvero in modo accidentale – la sostanza non cambia.

Finché la filiera dei rifiuti sarà nelle mani del business privato, l’interesse della collettività sarà sempre in aperto conflitto con le ragioni del profitto. Un settore come quello dei rifiuti,se lasciato in mano a privati, per sua stessa natura attira illegalità, mafie, imbrogli di ogni genere. Spargere nel terreno o nell’aria rifiuti sarà sempre economicamente più redditizio rispetto alle spese necessarie per organizzare il riciclaggio in modo armonico e ordinato.
La Eredi Bertè aveva meno di dieci addetti; è impensabile che una rete caotica di piccole aziende possa agire con efficienza e rispettando le norme: basti dire che il prefetto ha dichiarato che non esiste ancora nemmeno una mappatura completa dei siti di stoccaggio. Del resto anche i grandi operatori del settore non sono da meglio e sono in grado di piegare la politica di un intero territorio al giro di interessi legati agli inceneritori e allo smaltimento.

In questo giungla è difficile risalire alle responsabilità individuali e per questo l’azione della magistratura risulta particolarmente inefficace: in genere i responsabili se la cavano a buon mercato e dopo qualche tempo riprendono a far profitti allo stesso modo.

La prima rivendicazione immediata da avanzare in Lomellina deve essere l’esproprio della ditta andata a fuoco, in modo che non possa ricominciare a nuocere. Questo però non basta: bisogna fermare il proliferare dei siti di stoccaggio e smaltimento e strappare l’intera filiera al business privato. Queste aziende vanno nazionalizzate e poste sotto il controllo dei lavoratori e di comitati eletti dalla popolazione delle zone circostanti.

Tutti a Mortara il 16 settembre!

Bisogna far sentire il fuoco sul collo ai padroni dei rifiuti. Un passo importante è senz’altro la manifestazione che cittadini e associazioni di Mortara hanno convocato sabato 16 settembre (alle 15 in piazza del Teatro). La rabbia popolare può dimostrare che non siamo più disposti a subire in silenzio!

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