Il governo Tsipras, un governo contro i lavoratori

Sono passati oltre due anni dalla capitolazione di Tsipras davanti alla Troika. I dati economici diffusi dai media sembrano sorridere alla Grecia, ma la realtà per le masse è ben altra, ed è fatta di attacchi alle condizioni di vita e ai diritti dei lavoratori.

Il caso più eclatante è quello dell’attacco al diritto di sciopero. Come ci spiega Stamatis Karagiannopoulos, direttore di Epanastasi, la rivista della tendenza marxista in Grecia. “La richiesta di limitare il diritto di sciopero è una vecchia richiesta della borghesia internazionale fatta ripetutamente ai governi di Atene fin dal 2010, anno in cui cominciarono le mobilitazioni contro le misure di austerità. Già nel 2015 il governo Tsipras aveva fornito assicurazioni alla borghesia che si sarebbe occupato della questione.

Ora, con la firma del Terzo memorandum imposto dalla Troika, Atene si trova di nuovo sottoposta a forti pressioni. Lunedì scorso il governo ha provato a far passare surrettiziamente, all’interno del testo di una legge secondaria, la norma secondo cui i sindacati a livello aziendale per dichiarare uno sciopero avrebbero avuto bisogno dell’appoggio, con un voto, del 50% più uno della forza lavoro (oggi è sufficiente il 20%).

Finora nessun governo, nemmeno quelli della destra di Nuova democrazia, aveva osato tanto. La cosa più interessante è stata la risposta a livello di piazza. I sindacati hanno convocato una manifestazione per martedì 5 dicembre che è stata partecipata. Il Pame, il fronte sindacale del KKE, ha fatto irruzione nel ministero del lavoro con i suoi manifestanti. Un azione che è stata molto popolare fra le masse. Dopo solo due ore il governo è stato costretto a ritirare il provvedimento!

L’attacco tuttavia, è solo rimandato, perché il governo ha assicurato che proporrà una nuova legge, per regolamentare il diritto di sciopero ,fra qualche mese.

L’accaduto dimostra tuttavia quanto il governo Syriza -Anel sia impopolare e allo stesso tempo, debole. Cerca di uscire da questa debolezza assumendo provvedimenti dal carattere sempre più bonapartista.

Gli attacchi non si fermano qui. Il governo ha dato via libera alle aste degli immobili pignorati ai cittadini che non riuscivano a pagare più il mutuo. In queste settimane si sono verificati duri scontri davanti ai tribunali: gli attivisti dei movimenti “non pago” scesi in lotta a fianco degli insolventi, sono finora riusciti a bloccare i tribunali nei giorni delle aste. Allora, per evitare le proteste, il governo ha autorizzato le aste elettroniche degli immobili pignorati!

Nel momento della sottoscrizione del primo memorandum Syriza si era impegnato a non toccare le prime case, ma ora ha ceduto alle pressioni del sistema finanziario internazionale.

La Troika è seriamente preoccupata per la sostenibilità del sistema bancario greco. I crediti deteriorati equivalgono a 103 miliardi di euro, il 60% del Prodotto interno lordo, quando la media dell’Eurozona è il 6,3%.

Assisteremo dunque a un escalation dei pignoramenti e alle vendite all’asta delle case delle famiglie lavoratrici e della piccola borghesia, un fatto che potrebbe creare le condizioni per lo sviluppo di un movimento di massa.

Le privatizzazioni, intanto, procedono senza sosta. Il governo, sordo davanti alle proteste dei lavoratori e del sindacato Genop-Dei, ha avviato la vendita di quattro importanti centrali elettriche, mentre lo Stato ormai possiede solo una quota di minoranza in quella che era un tempo l’azienda elettrica statale, la Dei. Tsipras ha anche proceduto recentemente alla privatizzazione del secondo aeroporto di Atene, Ellinikon.

L’affidabilità del governo Syriza per il capitalismo internazionale si denota inoltre dalla politica estera di Atene. Nell’ottobre scorso Tsipras si è recato in vista a Washington e ha ripetutamente elogiato Trump, spiegando che i due governi “condividono valori e principi democratici comuni”. Secondo il Primo ministro greco, l’amministrazione Usa “promuove la cooperazione con il Medio oriente e i Balcani, fattori che contribuiscono alla sicurezza e alla crescita dell’area” (Kathimerini, 17 ottobre 2017)

La visita si è conclusa con l’acquisto di attrezzature militari “made in USA” per 2,4 miliardi di euro da parte dell’esercito greco. Non è una caso che l’ambasciatore Usa ad Atene consideri “la Grecia come un pilastro per la stabilità nella regione” (Kathimerini, 30 novembre)

Quando firmò il primo memorandum, nel 2015, il governo Syriza- Anel assicurava come i sacrifici fossero solo temporanei e che, appena possibile, le misure di austerità sarebbero finite. In realtà, non si intravede alcuna luce in fondo al tunnel. Se il rapporto tra il debito e il Pil nel 2015 era del 176,8%, le previsioni dellla Commissione europea per il 2017 lo fissano al 179,6%!

Nonostante le illusioni governative, non ci sarà alcun “secondo tempo” quello della redistribuzione, per le masse greche. Accettando di legarsi mani e piedi alla troika e ai vincoli del sistema capitalista, i dirigenti di Syriza hanno decretato “l’austerità senza fine” per i lavoratori e le loro famiglie.

Non si possono conciliare gli interessi delle banche e delle grandi multinazionali con quelli delle classi oppresse. “Un’altra Europa” nel capitalismo non è semplicemente possibile. Questo ci insegnano gli avvenimenti di questi ultimi anni in Grecia.

Chi, ancora oggi, a sinistra in Italia, crede che si possa indicare Syriza come un esempio da seguire non rende un buon servizio al movimento operaio di questo paese.

La verità, come spiega il compagno Karagiannopoulos, quello di Tsipras “è probabilmente il governo più odiato nella storia della Grecia dai tempi della giunta dei colonnelli.”

E, come ci insegnava Gramsci, “dire la verità è rivoluzionario”.

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La manifestazione è avvenuta nonostante il fatto che in Grecia è in vigore il lockdown e nonostante il fatto che il governo abbia proibito qualsiasi riunione pubblica per la durata di una settimana. Il governo ha usato la scusa della pandemia per vietare qualsiasi manifestazione, minacciando l’intervento delle forze dell’ordine e multe contro i manifestanti.

Questo ha fatto infuriare i giovani, che sono scesi in strada senza paura. Il sindacato degli insegnanti OLME e il sindacato dei dipendenti pubblici ADEDY hanno chiesto apertamente ai lavoratori e ai giovani di sfidare i divieti e di scendere in piazza.

La legge che il governo sta cercando di far passare in parlamento finirà per ridurre drasticamente il numero di studenti che possono studiare nell’università pubblica. E, naturalmente, gli esclusi saranno principalmente gli studenti della classe lavoratrice più povera che non hanno soldi per pagare l’istruzione privata e sono costretti a lavorare.

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(ndt:
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