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Il governo Macron è sull’orlo del baratro… Prepariamo lo sciopero generale!

Il movimento dei gilet gialli rappresenta un terremoto sociale di una forza eccezionale. Si tratta di un cambio di passo importante nella lotta di classe in Francia, nonché fonte d’ispirazione per i lavoratori del mondo intero. Vi sarà un impatto profondo e duraturo nella vita politica del paese.

Le centinaia di migliaia di sfruttati che si sono mobilitati, il 17 novembre, lo hanno fatto nella maggior parte dei casi per la prima volta nella loro vita. Non si è trattato di una mobilitazione del settore più organizzato della classe. Non è stata nemmeno una mobilitazione limitata ai lavoratori salariati, poiché a prendervi parte sono stati anche gli artigiani, i lavoratori agricoli, i pensionati, i disoccupati ect. Pertanto, questo movimento era, in principio, politicamente eterogeneo.

Coloro che negano la portata di massa di questo movimento e sognano una rivoluzione pura, come lo spiegava Lenin, non capiscono niente di che cosa sia una vera rivoluzione, che per definizione mobilita i settori più larghi di una società (Il fallimento della II Internazionale) La presenza di numerose donne sui presidi alle rotonde e nelle manifestazioni, ne è una dimostrazione evidente.

Durante le settimane successive al 17 Novembre, l’orientamento politico dominante nel movimento si è chiaramente affermato: contro la tassazione dei poveri, per la tassazione dei ricchi, per l’aumento dei salari e delle pensioni, per un maggior stato sociale e per finire, contro “il governo dei ricchi” per “il potere al popolo”.

La rivendicazione del RIC (Referendum d’iniziativa popolare)1 è un’espressione immediata, transitoria, di quest’aspirazione delle masse a prendere il loro destino nelle proprie mani. Nel fuoco della lotta collettiva, la loro coscienza politica ha fatto dei passi da gigante. Ed è solo l’inizio.

Questo orientamento del movimento verso la sinistra a suscitato l’ostilità di tutte le forze reazionarie, compresi quei politici di destra e di estrema destra che, all’inizio, hanno portato il loro sostegno, velenoso e ovviamente non disinteressato. Laurent Wauquiez2 si è velocemente tolto il gilet giallo e poi a pure negato di averlo indossato. Marine Le Pen si è dileguata, come sempre quando il popolo lotta. Al contrario, i migliori militanti della sinistra e del movimento sindacale hanno portato con entusiasmo il loro sostegno ai gilet gialli. Ed è la France Insoumise che è apparsa, nonostante tutto, come l’organizzazione politica più in sintonia con il movimento. Tutto ciò avrà delle implicazioni politiche a breve.

Il punto di vista della borghesia

Non è possibile prevedere lo sviluppo delle mobilitazioni nelle prossime settimane.3 È possibile che il movimento continui. Ad ogni modo, un movimento di questa natura e di questa portata non potrà essere una semplice parentesi tra due fasi di relativa stabilità sociale. Si tratta, al contrario, dell’inizio di un processo di accelerazione della lotta di classe in Francia.

La borghesia ne è consapevole. Le Figaro del 2 gennaio s’interrogava scrivendo: Macron potrà portare avanti le sue riforme nel 2019?  Ottima domanda, alla quale il politologo Jérôme Sainte-Marie risponde: « Tutte le riforme liberali che imporranno sacrifici immediati faranno ripartire la mobilitazione. Nei prossimi mesi Macron si ritroverà a dirigere un paese sotto la minaccia costante del blocco totale.» Precisamente : nel 2019, il governo a previsto di sferrare un attacco alle pensioni, al sussidio di disoccupazione, e al pubblico impiego (tra gli altri settori già colpiti). Ognuno di questi attacchi può riaccendere il fuoco della lotta, poiché tutti mirano all’imposizione di nuovi sacrifici alle masse, con il solo obiettivo di difendere i profitti del grande padronato.

Alcuni osservatori suggeriscono a Macron di fare «una pausa» nelle riforme, o addirittura di mettere in campo qualche politica sociale. Ma per la borghesia francese la questione non si pone. Quest’ultima infatti non può tollerare nemmeno una minima pausa nella distruzione sistematica delle conquiste sociali: ne andrebbe della competitività del capitalismo francese, che ha già perso colpi negli ultimi tre decenni su tutti i piani (mondiale, europeo e nazionale) . In altre parole, anche se la borghesia vorrebbe evitare delle nuove esplosioni sociali, non ha altra scelta se non quella di correre il rischio. Per la borghesia non ci sono alternative valide a Macron e inoltre, non vi è alcuna garanzia se si optasse per delle elezioni anticipate, poiché da queste non uscirebbe mai un governo di destra solido. Allora, nei prossimi mesi, la classe dominante si stringerà attorno al suo presidente della repubblica, non essendoci nulla di meglio, nonostante la sua arroganza viscerale, le sue uscite pericolose, l’odio che suscita nelle masse, e non ultime le novità su Alexandre Benalla4 , il Rasputin dell’Eliseo.

Il movimento sindacale

La classe dominante conta anche sulla moderazione dei dirigenti sindacali. Purtroppo per loro i gilet gialli non sono dotati di dirigenti così “ragionevoli”, “aperti al dialogo” e al “compromesso”, non si accontentano di organizzare delle inoffensive “giornate d’azione”. Il 12 dicembre, Le Figaro scriveva : la CGT ha « canalizzato per un secolo la rabbia popolare. La crisi dei gilet gialli ha mostrato come questo savoir-faire era prezioso; nonché la gravità della crisi generale del sindacalismo e i problemi che questa solleva ».

In effetti, le direzioni sindacali non hanno esercitato il minimo controllo sul movimento dei gilet gialli. Laurent Berger (CFDT) lo ha chiaramente insultato. Investita da una crisi interna, la direzione di FO (Force ouvriere) è stata completamente assente dal dibattito. Quanto alla direzione della CGT, è venuta completamente meno al suo dovere, che sarebbe stato quello di appoggiarsi alla dinamica positiva innescata dai gilet gialli, per mettere all’ordine del giorno una mobilitazione generale della classe operaia, sotto forma di movimento di scioperi generali riconducibili (a oltranza, nella tradizione del movimento operaio francese votati di volta in volta dalla base dei lavoratori). Al posto di fare questo, Martinez (segretario generale della CGT) ha moltiplicato le prese di distanza rispetto ai gilet gialli e alla fine ha offerto i suoi servizi al governo per mettere in campo un tavolo di concertazione tra le parti ragionevoli e «non violente». L’atteggiamento di Martinez ha suscitato delle enormi critiche da parte della base del sindacato, dove molti militanti hanno compreso la necessità di sostenere il movimento dei gilet gialli, ma anche di appoggiarsi sulla sua formidabile energia per suonare la carica contro l’insieme delle politiche del governo. L’opposizione interna alla direzione della CGT andrà crescendo, intensificandosi nei prossimi mesi, in particolare in vista del congresso di maggio

Ma nell’immediato, la sinistra del movimento sindacale deve valutare la situazione politica e trarne delle conclusioni pratiche. Il governo Macron è sull’orlo del baratro. Si deve e si può spingerlo giù dal burrone! Come? Se il movimento dei gilet gialli continua e si intensifica non possiamo escludere la possibilità che Macron sciolga l’assemblea nazionale. Ma il movimento operaio non deve aspettare passivamente quest’eventualità. Bisogna passare all’offensiva. Non si dica, questa volta, “i lavoratori non hanno voglia di lottare”. I gilet gialli hanno polverizzato queste argomentazioni. Il problema non è la combattività delle masse, ma il conservatorismo delle direzioni sindacali. In qualche settimana, i gilet gialli hanno strappato al governo molto più di quanto i sindacati abbiano mai fatto attraverso decine di giornate d’azione. Per cominciare la parola d’ordine dello sciopero generale deve essere seriamente discussa nei sindacati , ma anche nelle organizzazioni politiche della sinistra. Ci vuole una campagna di massa nei luoghi di lavoro, nei quartieri, nelle università, nelle scuole superiori e ovviamente anche nelle assemblee dei gilet gialli. In altri termini lo sciopero generale va costruito e preparato seriamente.

I gilet gialli hanno provato che Macron è molto meno forte di quanto lui pensasse. Lo sviluppo di uno sciopero ad oltranza gli darebbe il colpo di grazia.

3 gennaio 2019

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Note

1)Ricordiamo che attualmente nell’ordinamento francese la titolarità del potere di indire referendum è riconosciuto dall’art. 11 al solo Presidente della Repubblica.

2)Leader dei repubblicani, centro-destra. 

3)Questo editoriale è stato chiuso in redazione prima delle manifestazioni del 12 Gennaio (atto 9) che ha visto centomila persone in piazza in tutto il paese, nonché il lancio di una nuova data di mobilitazione nazionale per il prossimo 19 gennaio.

4)Alexandre Benalla è accusato di avare usurpato la funzione di poliziotto, durante la manifestazione del primo maggio a Parigi, e di aver usato violenza contro due persone dopo che queste avevrebbero lanciato degli oggetti contundenti contro degli agenti. Benalla è un membro del gabinetto del Presidente della Repubblica, molto vicino alla persona di Macron come provato da diverse intercettazioni telefoniche.

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