Il Coronavirus e la prossima recessione mondiale

Il settimanale “the Economist”, uno dei più prestigiosi a livello mondiale, in prima di copertina raffigura un pianeta che indossa la mascherina e titola “Quanto sarà pesante?”. L’editoriale è ancora più esplicito: “Rallentamento virale”.

Il Coronavirus non spaventa solo per il timore di una pandemia globale, ma anche per il pericolo di una recessione economica mondiale. Alcuni paragonano gli effetti del Coronavirus con quelli della Sars nel 2003, ma diciassette anni fa il ruolo della Cina nell’economia internazionale era ben diverso. Allora Pechino equivaleva al 4% del Prodotto interno lordo del pianeta, oggi ne vale ben il 16%. Il Pil cinese è cresciuto di ben otto volte dal 2003, ed oggi la Cina è il secondo paese importatore nel mondo.

Nel 2003 l’economia cinese cresceva a ritmi sostenutissimi, oltre il 10%; nel 2019 la crescita è stata del 6,1% (il livello più basso degli ultimi 29 anni). La scorsa settimana la Deutsche Bank prevedeva che bel primo trimestre di quest’anno il Pil cinese diminuirà dell’1,5%, l’economia mondiale dello 0,5%.

Tali dati sono destinati a peggiorare, perché gli indicatori economici del gigante asiatico erano già in declino. Come spiega il Corriere economia (3 febbraio) “Nel solo mese di dicembre, gli utili delle principali imprese industriali sono diminuiti del 6,3% rispetto al 2018.”

La regione attorno a Wuhan è la sede di importanti aziende per la componentistica dell’automobile. Oggi sono alla paralisi, e ciò ha comportato la chiusura di tutti gli stabilimenti Volkswagen in Cina fino al 17 febbraio e al blocco di quelli Hyundai in Sudcorea. Anche Fca potrebbe subire pesanti ripercussioni. Per la prima volta dal 2009, la produzione mondiale di greggio subirà un calo nel primo trimestre 2020, causato dal crollo del 20% della domanda da parte della Cina.

Il Coronavirus è dunque quel fatto accidentale che, inserendosi in un’economia già debilitata (e minacciata dalla guerra dei dazi), potrebbe farla piombare in una recessione.

Gli effetti politici del Coronavirus in Cina potrebbero essere ancora più deflagranti. L’epidemia sta infatti mettendo in luce le modalità spietate con cui il regime tratta il dissenso. L’oftalmologo Li Wenliang aveva avvertito fin dall’inizio di gennaio dei pericoli del virus. Denunciato dal regime, è stato poi riabilitato, ma era ormai troppo tardi: Li è morto, dopo essere stato infettato, il 6 febbraio scorso. L’emozione in Cina è stata fortissima. Il giorno della morte di Li, l’hashtag #IwantFreedomOfSpeech ha raggiunto i 2 milioni di click in poche ora su WeiBo (il principale social cinese) per poi essere cancellato dalle autorità.

Pechino ha scaricato tutte le responsabilità dei ritardi sul governo del Wuhan, rimuovendo i principali dirigenti locali. Ma potrebbe non bastare. Almeno 60 milioni di cinesi sono oggi in quarantena e il governo ha dimostrato di non essere in grado di proteggerli pienamente dal virus. Domani potrebbe dimostrare di non essere in grado di proteggerli dalla crisi economica. E allora il proletariato cinese esigerà che a saltare siano teste ben più importanti del sindaco di Wuhan.

18 febbraio 2020
(da Rivoluzione n.66)

Articoli correlati

Internazionale

“Questa pandemia condurrà a rivoluzioni sociali” – I veri timori della borghesia

Davanti ad una crisi che non comprendono, privi come sono di strumenti efficaci per risolverla, i più intelligenti strateghi del capitale oggi stanno arrivando a conclusioni incredibilmente simili a quelle dei marxisti. Lo fanno naturalmente sulla base di interessi di classe diametralmente opposti, nel tentativo di allontanare lo spettro di un rivolgimento sociale che temono più della crisi stessa e di armare politicamente la propria classe nella battaglia in difesa del privilegio e dell’oppressione.

Cina

In Cina si prepara una profonda crisi economica

Dopo il 2008 la Cina ha prevenuto una depressione economica globale accumulando una massiccia quantità di debito. Nonostante ciò, non ha evitato che si facesse largo una crisi ben più grande. Questa volta la crisi sarà assai più profonda visto che la Cina non può più coprire questo ruolo.

Internazionale

“Guerra totale economica e finanziaria” – Le sanzioni mandano in pezzi il mercato mondiale

La “globalizzazione” capitalista, già entrata in stallo dopo il 2009, inizia a disfarsi a un ritmo sempre più accelerato. Ovunque il capitale scarica sui lavoratori il prezzo della lotta per l’egemonia, tanto che parlano di razionamento, di “economia di guerra”, di autarchia (autosufficienza), dei “necessari” sacrifici per difendersi da un nemico minaccioso e difendere la “libertà”.

Economia

Una nuova recessione mondiale è alle porte

Il Fondo Monetario Internazionale è stato costretto, non solo a ridurre ripetutamente le sue previsioni di crescita, ma ora anche a prevedere un calo del PIL mondiale in termini di

Internazionale

Nel mondo si muore di fame, ma ci sarebbe abbondanza di cibo per tutti

Attualmente 800 milioni di persone non mangiano una quantità di cibo sufficiente, e 45 milioni sono sull’orlo di morire di fame. Questo è un atto di accusa impressionante nei confronti di una società nella quale i più ricchi hanno guadagnato 4.000 miliardi di dollari durante il primo anno di pandemia globale. 

Gran Bretagna

Esplode la bomba Brexit

Chiunque guardi con obiettività la situazione europea e mondiale può trarne solo una conclusione: il Brexit non è stato altro che il classico fiocco di neve che mette in moto una valanga che non aspettava altro che di precipitare.