5 Ottobre 2020 Grazia Bellamente

Il cimitero dei feti: non è un film horror ma l’ennesimo attacco alle donne

Roma. Cimitero di Prima Porta. Centinaia di tombe contenenti feti con croci bianche sono state trovate nel più grande cimitero della Capitale. Sulle croci ci sono i nomi e i cognomi delle donne che hanno interrotto le gravidanze. A denunciare tutto questo è stata una donna che in estate ha interrotto la gravidanza nell’azienda ospedaliera del San Camillo di Roma. La denuncia di questa donna ha portato alla luce una realtà poco conosciuta in Italia ma che purtroppo continua ad esistere dal 1939, con la legge sui regolamenti cimiteriali di epoca fascista.

Il regolamento della polizia mortuaria del 1990 prevede diverse procedure di smaltimento dei feti: per un feto tra le 20 e le 28 settimane di gestazione, non dichiarato morto, i permessi di trasporto e di seppellimento sono rilasciati dall’unità sanitaria locale. Quindi l’azienda ospedaliera può occuparsi della sepoltura senza che i genitori ne facciano richiesta con l’assoluto anonimato della paziente. Al contrario, se i feti hanno meno di 20 settimane, la sepoltura è facoltativa e la richiesta deve essere compilata dai genitori. Se la richiesta non arriva, gli ospedali devono occuparsi dell’incenerimento. Ecco entrare in scena coloro che si occupano della sepoltura, cioè associazioni ultra cattoliche che stipulano una convenzione con le strutture ospedaliere e con le ASL per inumare i feti sotto le 20 settimane. La più grande associazione cattolica in Italia a praticare ciò è l’associazione Difendere la vita di Maria di Novara. Stipulano contratti con le aziende ospedaliere in tutta Italia e nei cimiteri hanno istituito appositi spazi per queste sepolture denominandoli “I giardini degli angeli”. Ad oggi solo questa associazione ha sepolto oltre 200 mila feti in tutte le regioni. Nel nostro “bel paese” sono oltre 80 i cimiteri dei feti. In alcune regioni, Lombardia, Campania e Marche, c’è l’obbligo della sepoltura anche per i feti con meno di 20 settimane di gestazione.

Il cimitero dei feti non è che l’ennesima strategia adottata da un cattolicesimo oltranzista e bigotto nei confronti delle donne che decidono di eseguire un aborto andando a colpire la loro sensibilità e puntando sui sensi di colpa e di vergogna per quello che hanno commesso.

Una strategia benedetta dal “progressista” Papa Francesco, che nel 2018 celebrò la giornata dei defunti proprio al Giardino degli angeli del Laurentino a Roma.

Questo è uno dei tanti attacchi che in Italia assistiamo ormai da anni al diritto delle donne di interrompere la gravidanza regolamentato dalla legge 194 del 22 maggio 1978. Nel corso di questi 42 anni abbiamo visto smantellare nelle strutture pubbliche sanitarie questo diritto di ogni donna. In Italia il personale medico ha raggiunto il 68,4% di obiettori di coscienza. In regioni come la Basilicata, il Molise, la Sicilia e la Lombardia si arrivano a percentuali oltre l’80%. Gli stessi obiettori che per i propri interessi e guadagni effettuano aborti nelle loro cliniche private. Ogni giorno le donne devono combattere e difendersi dai pregiudizi e da quello che la società in cui viviamo ci impone. Dobbiamo continuare a lottare, organizzarci per difendere il diritto di ogni donna di decidere della propria autodeterminazione e del proprio corpo. In un paese dove ogni anno muoiono decine di donne per violenze e assassini soprattutto tra le mura domestiche, oltre il 70% commessi da mariti, compagni ed ex, si continua a difendere e avallare il concetto di famiglia tradizionale e relegare le donne al solo ruolo di riproduzione.

Quello che è uscito alla ribalta a Roma non deve cadere nel dimenticatoio. Altri attacchi verranno lanciati alle donne e noi saremo sempre in prima linea non solo accanto ma con loro per liberare la società da queste barbarie.

Articoli correlati

Donne

Donne, pandemia e crisi economica – Più colpite, ma anche più combattive

I dati della attuale crisi economica in relazione all’occupazione sono impietosi. Rispetto al periodo pre-Covid si stima a 10 milioni il calo di occupati in Europa, con una previsione di 12 milioni entro la fine dell’anno. Ma all’interno di questo dato sta emergendo nelle ultime settimane un’ulteriore carneficina. E cioè che questa crisi sta pesantemente facendo regredire in particolare la condizione delle lavoratrici.

Donne

Manifesti Pro Vita: giú le mani dai nostri corpi!

La scorsa settimana Pro Vita, un’associazione cattolica integralista che promette di difendere la famiglia tradizionale da ogni forma di anche minimo progresso, ha lanciato la campagna contro la pillola abortiva RU486.

Donne

Schiave d’Italia – Donne, caporali e sfruttamento disumano

Quando si parla di lavoro agricolo si pensa ad un’occupazione prevalentemente maschile. La realtà è tutt’altra. Le braccianti costituiscono un segmento significativo e certamente più sfruttato rispetto agli uomini. In particolare se ci riferiamo alle straniere, che sono in assoluto il settore più oppresso del proletariato di casa nostra.

Donne

Il diritto all’aborto si difende con la lotta!

Il disegno di legge presentato da Gasparri per riconoscere la “capacità giuridica del nascituro” è solo un’anticipazione degli attacchi che la destra porterà al diritto all’aborto e più in generale ai diritti delle donne.
A questa offensiva reazionaria, rispondiamo con la lotta!

Donne

Per essere belle chi deve soffrire? – Una testimonianza sullo sfruttamento delle lavoratrici nel settore cosmetico

Dopo la crisi del 2008, il cremasco, zona settentrionale della provincia di Cremona, ha assistito al boom dell’industria cosmetica: dalla produzione, al packaging; dal riempimento, al confezionamento. Sul territorio coesistono tanto la grande multinazionale cosmetica che si occupa di tutti i vari processi produttivi, quanto la piccola azienda a gestione familiare che si occupa principalmente di confezionamento in conto terzi.

Donne

Adelina è morta. Le sue idee meritano rispetto

Adelina Sejdini è morta. Si è lanciata da un ponte, non ce la faceva più a combattere, malata, la sua battaglia disperata per ottenere la cittadinanza italiana, lei che grazie al fatto di essersi ribellata ai suoi aguzzini aveva consentito l’arresto di 40 persone coinvolte nel racket della prostituzione e della mafia albanese.