I metalmeccanici vogliono soldi veri!
Il 4 settembre Fim-Fiom-Uilm hanno approvato la piattaforma unitaria per il rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici.
La nuova piattaforma richiede un aumento salariale sui minimi dell’8% (pari a circa 153 euro) a fronte dei tre anni passati in cui a malapena si sono ottenuti 30 euro. È la presa d’atto del fallimento del precedente accordo del 2016, al quale ci opponemmo sia nella Fiom che nelle fabbriche.
Gli altri tre punti rilevanti della piattaforma sono i seguenti: 1) L’aumento a 700 euro (dagli attuali 485) dell’“elemento perequativo” e la sua estensione a tutti i lavoratori che non avendo contratti aziendali non percepiscono un premio di risultato. 2) La limitazione dell’utilizzo del lavoro precario sia stabilendo una percentuale massima inferiore a quella di legge, sia con l’inserimento di meccanismi di stabilizzazione che siano in coerenza col decreto dignità. 3) Clausola sociale (ossia garanzia del posto di lavoro) per i cambi d’appalto e riconoscimento per i lavoratori delle aziende appaltatrici dei diritti sindacali e dei servizi comuni (es. mensa) alle stesse condizioni dei diretti.
Qualsiasi lavoratore capisce che questa piattaforma è in netto contrasto con l’ultimo e fallimentare contratto del 2016. È per questo che abbiamo dato un sostegno critico, votando a favore nonostante diversi punti negativi che non sottovalutiamo.
Il più pericoloso è l’inserimento ipotetico di “finestre contrattuali” in base alle tipologie di settori produttivi. Benchè la formulazione sia piuttosto generica, questa logica rischia di portare dritti all’introduzione delle deroghe al Ccnl. Così come, pur chiedendone una regolamentazione, sono negativi il riconoscimento dell’alternanza scuola/lavoro e l’ipotesi di coinvolgimento dei dipendenti attraverso “l’azionariato diffuso”, punti già presenti nel contratto precedente e ora riformulati in maniera larvatamente più restrittiva. Altrettanto pericolosa è la richiesta di un aumento di 50 euro dei “Flexible Benefit”. Richiesta che va in contrasto con quella dell’ingente aumento sui minimi e che potrebbe essere usata in contrapposizione ad essa dai padroni e dalla Fim.
Federmeccanica ha già fatto sapere che ritiene le richieste sindacali “incomprensibili” e fa appello al rispetto degli accordi firmati in precedenza, ossia in sostanza al congelamento dei salari.
La domanda è solo una: come pensiamo di ottenere questa piattaforma dal momento che i padroni non vogliono dare un euro? I lavoratori hanno diritto a un aumento vero, e non al solito gioco delle tre carte con le defiscalizzazioni e il “cuneo fiscale” (non a caso nel programma del nuovo governo), che alla fine significa dare con una mano e togliere con l’altra colpendo lo stato sociale e la previdenza.
Inutile girarci intorno, un contratto di questo genere si può ottenere solo se lo imponiamo ai padroni con la forza, organizzando con coerenza una lotta nelle fabbriche come da molto tempo non se ne vedono. Lasciando perdere le manifestazioni testimoniali degli ultimi anni, organizzando scioperi che colpiscano realmente i profitti, coinvolgendo i lavoratori in maniera attiva, diretta e cosciente nella gestione di una battaglia che può assumere connotati di svolta generale nella conflittualità della classe lavoratrice.
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