Francia – Tutte le sfide per il movimento contro la riforma delle pensioni

Mentre scriviamo queste righe, l’esito del movimento di scioperi iniziato in Francia il 5 dicembre è incerto. Il governo di Emmanuel Macron sta dimostrando la sua determinazione a mantenere gli elementi fondamentali della sua “riforma” (in realtà, una contro-riforma) delle pensioni. Dall’altro lato, i lavoratori mobilitati stanno dando prova di un coraggio e di una combattività esemplari. Quale che sia l’esito immediato di questa lotta, i lavoratori delle ferrovie e i dipendenti della RATP (il trasporto pubblico della regione di Parigi) – che ad oggi sono la spina dorsale del movimento – stanno mostrando a tutta la classe operaia come combattere. Questo è già un primo risultato di questo movimento, che avrà un effetto sul corso della lotta di classe in futuro.

Uno sciopero popolare

Un conflitto di questa natura dimostra quanto sia ampio il divario tra le due principali classi sociali del paese: la borghesia e i lavoratori salariati. La prima sostiene pienamente il governo Macron e lo ribadisce ogni giorno grazie ai suoi media, dove si rincorrono senza sosta bugie e calunnie contro il movimento. La riforma delle pensioni viene presentata come il massimo della «giustizia» e del «progresso sociale», gli scioperanti come «privilegiati» senza fede e senza legge.

Nonostante questa continua propaganda reazionaria, gli scioperi godono di un forte sostegno tra le masse lavoratrici. Non c’è da stupirsi. I lavoratori non hanno avuto bisogno di leggere il rapporto Delevoye (un documento con le linee guida per riformare il sistema pensionistico stilato da un Alto Commissario nominato appositamente dal governo) per sapere che questa riforma è in continuità con tutte le politiche finora condotte dall’esecutivo Macron. Essa mira ad arricchire ulteriormente i più ricchi a scapito di tutti gli altri, a partire dai più poveri. Il governo ha cercato di confondere la situazione rivelando solo una parte della sua proposta di riforma. Ma i lavoratori non sono stupidi. Nessuno crede che, improvvisamente, il presidente dei ricchi stia lottando per migliorare le sorti dei poveri e dei lavoratori.

Quali rapporti di forza?

Se il governo può sperare di portare a compimento la sua proposta di riforma delle pensioni, non è perché è riuscito a convincere con le sue proposte la maggioranza dei lavoratori. La motivazione va ricercata nel fatto che ad oggi, all’inizio di gennaio, il livello di mobilitazione della classe lavoratrice non è sufficiente a far indietreggiare il governo. Come abbiamo già scritto in un nostro precedente articolo: ” Macron si tirerà indietro solo se il movimento di scioperi riconvocabili sarà capace di estendersi a nuovi settori di lavoratori. Questo accadrà solo nel momento in cui il governo inizierà a temere che il movimento di massa diventi incontrollabile e si diriga verso uno sciopero generale ad oltranza. Cioè quando, in altre parole, la classe dominante inizierà a temere che si possa aprire una crisi rivoluzionaria.”.

Questo concetto può sembrare esagerato, ma è la conclusione che si può trarre dalle esperienze di lotta degli ultimi vent’anni, ed in particolare dalle grandi mobilitazioni in Francia del 2010 e del 2016. La crisi organica del capitalismo sta spingendo la classe dominante francese ad attaccare tutte le conquiste sociali della classe lavoratrice. Potremmo dire che il padronato è quasi costretto a procedere in questo modo. In questa implacabile offensiva, la borghesia è pronta ad affrontare sfide di ogni tipo.

Proprio perché ci muoviamo in questo contesto, da solo lo sciopero dei lavoratori delle ferrovie e dei dipendenti della RATP non può far cedere il governo. Questi lavoratori, per quanto combattivi, non possono resistere all’infinito. Il governo lo sa e conta su una graduale diminuzione del livello di mobilitazione nel settore dei trasporti. La chiave della vittoria, quindi, non è tanto la capacità del movimento di resistere nel tempo, quanto la sua rapida diffusione in altri settori dell’economia. Ad esempio, uno sviluppo ed un consolidamento degli scioperi nelle raffinerie sarebbe già un passo molto importante, ma è improbabile che di per sé sia sufficiente. Altri settori – sia nel pubblico che nel privato – si dovranno mobilitare per far sì che il governo tema che lo scontro sociale diventi generalizzato. Inoltre, anche una massiccia mobilitazione di giovani e studenti contribuirebbe a questa dinamica.

Quale strategia?

Respingiamo fermamente gli attacchi alla CGT (il principale sindacato che sta promuovendo le mobilitazioni) da parte della destra e del governo. Attraverso la CGT, questi attacchi prendono di mira gli elementi più combattivi della classe lavoratrice. Tuttavia, questo non ci impedisce di criticare la strategia e il programma della leadership della CGT. Così facendo, il nostro unico obiettivo è quello di dire quali sono, a nostro avviso, le condizioni per la vittoria.

Il 19 dicembre, Philippe Martinez (segretario della CGT) ha annunciato una nuova «giornata di azione interprofessionale» per il 9 gennaio. Senza concedere ufficialmente una pausa delle mobilitazioni per le feste natalizie, Martinez di fatto ha posticipato di tre settimane la possibile estensione del movimento ad altri settori. Ciò ha creato un comprensibile disagio nella base del movimento, in particolare tra gli scioperanti della RATP e della SNCF, che avevano già accumulato 14 giorni di sciopero.

Lo sciopero dei trasporti ha retto durante le feste. Ci sono state anche alcune manifestazioni molto combattive. Ma resta aperta la questione delle prospettive della lotta. Non basta dire che «il movimento continuerà» finché il governo non ritirerà la riforma, perché di per sé non è una prospettiva realistica. Non si può chiedere ai lavoratori di mobilitarsi all’infinito. Ancora una volta, di fronte al movimento attuale, che coinvolge solo alcuni settori specifici della classe lavoratrice, il governo non cederà. Macron fa affidamento sul progressivo esaurimento delle forze degli scioperanti per vincere lo scontro sulla riforma delle pensioni. Questo è ciò che la direzione della CGT dovrebbe spiegare sistematicamente a tutti i lavoratori.

Meglio ancora, la direzione della CGT avrebbe dovuto spiegarlo ben prima del primo sciopero del 5 dicembre, nell’ambito di una vasta campagna di agitazione che cercasse di coinvolgere tutta la forza lavoro. Nel corso di questa campagna, gli attivisti della CGT avrebbero potuto farsi un’idea chiara della combattività dei diversi settori della classe lavoratrice. Poi, se le condizioni fossero state quelle giuste, la confederazione avrebbe potuto elaborare un piano di battaglia preciso, mirato a mobilitare prima i settori più disponibili alla lotta, poi a trascinare gli altri nel movimento e cosi via.

Niente di tutto questo è stato tentato o addirittura neanche preso in considerazione. Invece, per 18 mesi, la direzione della CGT ha partecipato a innumerevoli incontri di concertazione con il governo. Per Macron, l’unico scopo di questi incontri era quello di far credere alle masse che il governo stava «discutendo», «ascoltando», «negoziando». In breve, che la «democrazia sociale» procedeva a gonfie vele e che dunque i lavoratori non avevano bisogno di prepararsi alla battaglia.

Anche oggi la direzione della CGT non dovrebbe più partecipare a questi incontri, che da parte del governo si svolgono con il medesimo intento di sempre. Questo è solo controproducente. I dirigenti sindacali devono rivolgersi alle masse, spiegare loro le condizioni per la vittoria e fare tutto il possibile per estendere lo sciopero a nuovi settori della classe lavoratrice. Tenendo in considerazione che il tempo a disposizione per il movimento non è infinito!

Quale programma?

L’altra debolezza della leadership del movimento è il suo programma. Limitando l’obiettivo delle mobilitazioni al solo ritiro della riforma pensionistica, i leader della CGT e dei partiti di sinistra limitano il potenziale della lotta. Infatti, per molti lavoratori, mobilitarsi in uno sciopero rinnovabile (cioè riconvocabile giorno per giorno) implica non solo la perdita del salario, ma anche possibili sanzioni. Quindi il gioco deve valere la candela. In questo quadro si inserisce l’azione del governo che si è preoccupato di dare «garanzie» ai lavoratori più anziani per quanto riguarda l’applicazione della riforma delle pensioni. In questo modo l’esecutivo tenta di rompere il fronte della mobilitazione su base generazionale. Contando sul fatto che i lavoratori più vicini all’età pensionabile siano fuori dalla riforma, mentre i più giovani siano riluttanti a mobilitarsi contro un attacco i cui effetti non li minacciano immediatamente, mentre hanno molti altri problemi quotidiani da affrontare.

In un contesto di profonda crisi del capitalismo e di diffusa regressione sociale, la maggior parte dei lavoratori comprende che la lotta contro questa o quella controriforma non sarà sufficiente a risolvere i loro problemi. Molti simpatizzano con il movimento in corso, ma aspirano a un cambiamento radicale della società. Per mobilitare questi strati di lavoratori in una forma di lotta impegnativa come uno sciopero rinnovabile, bisogna dare loro la prospettiva di un cambiamento profondo delle loro condizioni di vita. In altre parole, la lotta deve essere combattuta sulla base di un programma offensivo (e non solo difensivo), che mira ad un rapido e significativo miglioramento del tenore di vita delle masse. Inoltre, poiché è chiaro che il governo Macron non realizzerà un tale programma, quest’ultimo deve includere l’obiettivo di rovesciare l’attuale esecutivo e sostituirlo con un governo dei lavoratori.

A nostro parere non c’è niente di utopico in queste rivendicazioni. Anzi riteniamo che nel contesto attuale, questi sono l’unica strategia e l’unico programma veramente realistici. L’esperienza lo dimostrerà.

3 gennaio 2020

(Questo articolo è la traduzione de “Comment vaincre ?” l’editoriale dell’ultimo numero di Revolution, la rivista dei marxisti in Francia)

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