Fondamentalismo cristiano, la teologia e la visione di Josef Ratzinger

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Fondamentalismo cristiano, la teologia e la visione di Josef Ratzinger

Il 31 dicembre scorso è morto Benedetto XVI, al secolo Josef Ratzinger. Nel 2013 era salito alla ribalta per aver rassegnato le dimissioni da Pontefice, un fatto clamoroso che rivelava la crisi del cattolicesimo e le profonde divisioni all’interno della Chiesa.

In questi giorni assistiamo a una canonizzazione a reti unificate della sua figura, raramente interrotte da qualche accenno ad alcune sue “incertezze”, come la copertura data a numerosi casi di pedofilia fra i sacerdoti quando era vescovo a Monaco di Bavera.

Se molti sono ormai coscienti di come all’interno della Chiesa gli abusi nei confronti dei minori non sono casi isolati, ma endemici, meno conosciuta (e anzi accuratamente celata dai media), è l’ideologia, reazionaria e oscurantista, difesa dal Papa tedesco.

In questo articolo scritto nel 2007 ne tracciamo le linee fondamentali.

L’attuale papa, Ratzinger o Benedetto XVI, come ha deciso di chiamarsi, lungi dall’essere un papa “di transizione” non solo sta seguendo le orme di Giovanni Paolo II, ma sta accelerando verso le posizioni del fondamentalismo cristiano. Anche se parla di riconciliazione, promuove conflitti, appoggia le posizioni reazionarie di politici tipo Bush e condanna chiunque voglia davvero cambiare le condizioni materiali di milioni di poveri e lavoratori.

Il nuovo papa è stato relegato inizialmente a rango di figura di transizione ma diventa sempre più chiaro che non è affatto un peso leggero. L’obiettivo di Joseph Alois Ratzinger, papa Benedetto XVI, è di imprimere una direzione risolutamente conservatrice alla politica della chiesa cattolica. Le idee di Ratzinger manifestano una versione cattolica del fondamentalismo, una tendenza presente in tutte le principali religioni oggi. Dopo l’ascesa del cristiano battista intransigente George W. Bush, con il riesplodere del fondamentalismo islamico ed ebraico, anche il mondo cattolico ha ora il suo fondamentalista: il mastino della fede Ratzinger, epiteto datogli dai media prima che diventasse papa. Durante il papato di Giovanni Paolo II, l’allora cardinale Ratzinger era a capo della Congregazione per la Dottrina della Fede che gioca, nell’apparato odierno del Vaticano, lo stesso ruolo che giocava la santa inquisizione nell’estirpare l’eresia. In tale ruolo, Ratzinger è stato il responsabile ideologico dello sviluppo della linea politica e spirituale ufficiale del Vaticano. Questo lavoro, condotto sotto Giovanni Paolo II, può ora essere portato a termine da Ratzinger stesso come papa. Ratzinger non è una copia sbiadita di Giovanni Paolo II, come molti giornalisti borghesi hanno erroneamente osservato. È il suo consigliere anziano. In questo senso si può dire che era Giovanni Paolo e non Ratzinger che poteva essere visto come papa di transizione. Giovanni Paolo II introdusse un nuovo conservatorismo al vecchio quadro del suo predecessore Giovanni XXIII; la continuazione di questo prende la forma di un avanzamento e perfezionamento totali del fondamentalismo sotto papa Ratzinger.

Il nuovo papa è, sotto ogni aspetto, “il grande inquisitore” che sembra seguire il vecchio slogan conservatore “parla con calma ma porta con te un grosso randello”! non è un mistico, né è carismatico, piuttosto è uno studioso brillante. Egli è in grado di criticare ogni nuova corrente teologica e ogni critica nel loro linguaggio. Proprio perché ha formulato queste posizioni basate sull’approfondimento dei fondamenti conservatori stabiliti durante il pontificato precedente.

Ratzinger è anche un tattico abile e sfuggente, che calcola in anticipo e accuratamente le conseguenze pratiche e politiche delle sue svolte teologiche. Anche nei bagni di folla pieni di sorrisi la sua faccia mantiene un’aria calcolatrice. Per questo, forse, tra i suoi colleghi all’università era stato soprannominato “il topo”. Viene in mente subito “il grande inquisitore” del classico di Dostojevskij “I fratelli Karamazov”. È colui che arresta Gesù che risorge nella Spagna feudale del sedicesimo secolo e poi lo va a trovare in prigione. Senza dubbio Ratzinger non esiterebbe a dare questo ordine se venisse fuori che Gesù era un rivoluzionario comunista e non una costruzione astratta definita come “figlio di Dio”.

Nomen est omen

Ratzinger ha calcolato tutto in anticipo. Come teologo di massimo rango del Vaticano ha avuto oltre vent’anni per prepararsi all’incarico. Solo il principe Carlo d’Inghilterra è più tempo che si prepara al trono. Alcuni di questi preparativi sono evidenti dalla sua scelta del nome “Benedetto”. Tale scelta segue la tradizione del Vaticano secondo cui il nome del papa ne riflette il programma. San benedetto da Norcia (480-547 d.C.) è stato il campione del movimento monacale dell’Europa cristiana. La scelta esprime una prospettiva secondo la quale i popoli europei hanno perso la loro fede, soprattutto durante l’epoca comunista e la rivoluzione culturale del 1968, e perciò devono essere “ricristianizzati”. Così la scelta del nome “Benedetto” spicca come grido di battaglia per la ricristianizzazione dell’Europa. Sotto questo profilo, è importante capire che Ratzinger ha anche in mente una ricristianizzazione della stessa chiesa cattolica.

Ratzinger ritiene che la maggior parte dei cristiani lo sia solo “sulla carta” (come ama definirli) e non siano per nulla veri cristiani. La chiesa cattolica in questo senso deve essere purificata con un ritorno ai suoi fondamenti. Per ottenerlo, occorre invertire la secolarizzazione e l’annacquamento che sono cominciati dopo il Concilio Vaticano II sotto Giovanni XXIII. Se ciò comporterà la perdita di molti membri della chiesa, comunque erano solo cristiani “sulla carta” e non sarà una grande perdita. Nel panteon cattolico, Benedetto da Norcia è il santo patrono d’Europa. La scelta di Ratzinger del nome sembra dunque anche un riflesso del suo desiderio di integrare la chiesa cattolica nella politica del progetto di unificazione europea, così dando alle sue politiche un’impronta cattolica. Contrariamente al precedente papa, Ratzinger si è opposto all’ingresso della Turchia nell’Unione Europea. Questo, unito alla sua posizione (dichiarata nella sua recente visita in Austria) secondo cui l’Unione Europea deve avere un ruolo dirigente nella lotta per la pace e la povertà lo pongono chiaramente come un sostenitore tattico dell’imperialismo franco-tedesco.

La scelta del nome pontificale riflette le priorità del nuovo papa. Ratzinger ha scelto Benedetto per onorare il lavoro di Benedetto da Norcia (di cui si è detto) ma anche di Benedetto XV. Prendendo il suo nome di papa indica le sue priorità e ciò richiede che analizziamo da vicino il suo immediato predecessore nella linea benedettina.

Benedetto XV, un papa di guerre, rivoluzioni e controrivoluzioni

Benedetto XV, il predecessore di Benedetto XVI, è stato papa tra il 1914 e il 1922, in un periodo di guerre, rivoluzioni e controrivoluzioni. Sviluppò l’idea originale di una necessaria ricristianizzazione d’Europa. La sua chiamata per una crociata contro la rivoluzione russa ispirò l’attacco brutale dell’autoritario clero polacco contro la giovane repubblica sovietica.

La visione politica di Benedetto XV si basava sulla creazione di una superpotenza cattolica europea. Se soprattutto Francia e Germania avessero fatto la pace, avrebbero potuto formare un blocco contro il bolscevismo russo e il protestantesimo anglosassone. Almeno in un certo senso può essere visto come una sorta di architetto della futura unificazione reazionaria europea.

Benedetto XV descriveva il modernismo teologico come una “piaga corrosiva” e si dichiarò contro ogni forma di democrazia. Considerava l’apostasia dal cristianesimo come la ragione dei grandi mali del suo tempo: guerre, rivoluzioni, socialismo, democrazia. L’apostasia cristiana era, per lui, responsabile del collasso della civilizzazione borghese.

Come ai tempi di Benedetto XV, oggi ci troviamo di nuovo in un periodo di guerre, crisi, tumulti, rivoluzioni e controrivoluzioni. Le guerre in Iraq e Afghanistan, le carestie, le epidemie, l’instabilità economica, il risorgere della povertà e della disoccupazione di massa nel mondo industriale, la rivoluzione in America Latina, tutto ciò caratterizza il nostro tempo. Le religioni sono anch’esse in stato di crisi, come riflesso del sorgere fondamentalista nei tre sistemi di credenze più diffusi. In effetti questi sono tempi perfetti, fatti su misura per un nuovo salvatore cattolico fondamentalista Benedetto XVI. La decadenza può di fatto essere sentita in tutti i pori della società. Ma non è la decadenza della civilizzazione in quanto tale, è la decadenza della barbarie capitalista.

Benedetto XVI: il papa di un nuovo (dis)ordine mondiale

Benedetto si riferisce più e più volte alla crisi onnipresente del capitalismo. Scrive nel suo ultimo libro “Gesù di Nazareth”, per esempio: “di fronte alle crudeltà del capitalismo, che degrada l’essere umano a una merce, capiamo di nuovo, ciò che Gesù voleva dire con il suo ‘ammonimento sulla ricchezza’ del Dio Mammona che distrugge gli essere umani e che domina su gran parte del mondo”, parla anche del mondo come di un “deserto di povertà, un deserto di fame e di sete. Un deserto di solitudine, di abbandono e di amore distrutto”. Ma l’unica via di uscita da questa valle terrestre di lacrime per Ratzinger è attraverso Cristo il liberatore e nel salvare l’anima. Il benessere materiale dell’umanità non è nulla rispetto alla salvezza spirituale.

Nella sua visita in Brasile, il papa ha detto che la popolazione indigena ha aspettato silenziosamente per il Dio della chiesa cristiana molto prima che Colombo arrivasse nelle Americhe. Ed è stata la loro conversione a Cristo che li ha liberati dal bisogno spirituale. Dato il genocidio che accompagnò questa conversione, la salvezza appare assai dubbia! Ma questa opinione è la conseguenza logica del pensiero teologico di Ratzinger. Il problema dunque diventa di che cosa si considera più importante: la “salvezza” dell’anima con la conversione forzata o l’attenzione verso le concrete condizioni materiali della popolazione? A Ratzinger la risposta appare ovvia, la “salvezza” spirituale viene in cima alla lista.

Ratzinger sa molto bene che la svolta della chiesa verso il fondamentalismo si inserisce molto bene nella tendenza generale in tutto il mondo che è sempre più modellato dalla polarizzazione sociale, dall’instabilità e dalla crisi. Le persone cercano risposte e una via di uscita dalle contraddizioni intollerabili del mondo di oggi.

“La caduta nel nulla”

Nei suo primo lavoro “Introduzione al Cristianesimo”, Ratzinger si occupa dell’imminente caduta della fede nel nichilismo. Ratzinger ama tuonare contro la dittatura del relativismo. Quando parla del declino della morale, della perdita di senso, e della decadenza dei valori incontra di nuovo l’importante caratteristica della crisi capitalista, una crisi delle relazioni umane.

Per Ratzinger, il relativismo non sono solo il nichilismo e lo scetticismo del post-modernismo (un concetto filosofico alieno anche al marxismo). Per lui, il relativismo è anche ogni corrente ideologica che si oppone alla concezione del giudizio universale. L’uomo deve essere controllato dalla paura di Dio e da quella del giudizio universale; altrimenti degenererà in una folle bestia selvaggia.

Con questa concezione, Ratzinger cerca di spiegare la crescente instabilità sociale, le guerre, il terrorismo. L’unico problema è che le guerre di oggi e gli attacchi terroristi sono in effetti organizzati da gente che crede nel giudizio universale. In realtà, per Ratzinger, il relativismo è ogni sistema di pensiero umanista che pone l’uomo stesso anziché Dio al centro dell’universo.

Che la teoria di Ratzinger sia profondamente antiumanista si mostra nell’opinione che solo Gesù sia “veramente umano”. Questa posizione rivela una credenza che l’uomo materiale di carne e sangue sia un feticcio della figura di Cristo, una figura che non può mai divenire “veramente umana”. Solo attraverso Cristo si pu realizzare la propria umanità. In questo modo, Ratzinger nega l’essere umano nella sua umanità. Questa posizione è profondamente inumana e fondamentalista. È stata usata per scusare storicamente, di fatto, le crudeltà perpetrate dalla chiesa cattolica, come la conversione forzata dei popolo indigeni dell’America Latina.

“Satana attacca la chiesa dall’interno e dall’esterno”

Questo commento dell’ex vescovo di Salisburgo sulle dimissioni del vescovo reazionario dell’Austria meridionale dopo uno scandalo sessuale sembra in linea col pensiero di Ratzinger. Papa Benedetto XVI finora ha scritto due opere: l’enciclica “Dio è amore” e il libro “Gesù di Nazareth”. Nel tipico stile del “grande inquisitore” dietro questi titoli innocenti si nasconde un contenuto ardito diretto contro i “nemici” della chiesa sia all’interno sia fuori dai suoi confini.

L’obiettivo di “Dio è amore” è di dipingere il Dio cattolico come l’unico Dio amorevole, in profonda contraddizione con l’islam, la religione giudaica e il protestantesimo. Inoltre, per Ratzinger il Dio dei cattolici è l’unica figura divina che si accorda con la concezione occidentale di “ragione”. Come ha ben chiarito nel suo famoso discorso a Ratisbona, nel 2006, l’islam in particolare è incompatibile con la “ragione”. Nello schema di Ratzinger il Dio islamico è arbitrario e irrazionale.

Ratzinger ha fatto questi commenti immediatamente dopo la querelle seguita alla pubblicazione delle vignette di Maometto sul giornale danese “Jyllands-Posten”. In una atmosfera molto tesa ha gettato benzina sul fuoco, sollevando uno “scontro tra civiltà” artificiale. Ha sostenuto dopo che non era stato capito. Si è trattato di una scusa infantile e particolarmente superficiale per un leader assoluto della principale religione mondiale. Una risposta assurda, specialmente visto che nello stesso tempo pretende di volere un dialogo e la pace tra tendenze religiose in un periodo di duri conflitti.

Il libro di Ratzinger “Gesù di Nazareth”, pensato tutto per i teologi, specialmente quelli che lavorano per qualche cambiamento qui e là. Ratzinger accusa quelli che sostengono la teologia della liberazione di non capire il “significato della povertà”. È una condizione che nell’ideologia di Ratzinger esiste solo per formare la scena della liberazione spirituale in cielo.

Ci si potrebbe chiedere come la povertà possa avere un qualunque significato. E che tipo di pensiero perverso nasconda una simile idea morbosa. In questo contesto la povertà non ha nessun “senso” pratico ma, per noi, la liberazione dalle conseguenze reali della povertà è l’obiettivo qui e ora.

Nel libro Ratzinger scrive: “l’interpretazione della Bibbia può in effetti diventare strumento dell’Anticristo!”. Questa è una dichiarazione di guerra contro tutti gli oppositori religiosi del “grande inquisitore”.

Quando i giornalisti borghesi lodano la scelta di Ratzinger di chiedere un’analisi critica del suo libro a tutti i teologi, si dimenticano che questa richiesta contiene una minaccia nascosta. Criticare la sua posizione significa esporsi come “strumento dell’Anticristo”.

Bush e Ratzinger, fratelli nello spirito

Ratzinger e il suo circolo di amici parlano con ammirazione dei movimenti cristiani negli Stati Uniti. Lo vedono come esempio di come sia possibile “ricristianizzare” una società altamente tecnologica.

La potente lobby della società cristiana protestante dei battisti e degli evangelici negli Stati Uniti, con il loro esercito di telepredicatori e pseudo-scienziati fondamentalista, suscita invidia. In effetti, il cardinale austriaco Christoph Schönborn, stretto amico di Ratzinger, ha cominciato un dibattito sul “disegno intelligente” sul New York Times. Questa teoria reazionaria sull’evoluzione è mirata contro il punto di vista scientifico materialista. Avanzando questa idea il cardinale austriaco sostiene la lotta della società cristiana contro la scienza moderna per il dominio della coscienza popolare.

Il protestantesimo è un rivale della chiesa cattolica. Ma contro la minacciosa caduta della fede nel nulla, e con il prodursi dello “scontro di civiltà”, ogni fondamentalista cristiano diviene un alleato. Lo “scontro di civiltà”, che prepara la strada a ogni tipo di fondamentalismo religioso, è proprio ciò che Ratzinger desidera accada. All’interno dello “scontro di civiltà” iniziano a sorgere differenze artificiali tra i popoli e la gente comincia a radunarsi impaurita attorno a concetti come “civiltà”, “nazione”, “identità” e anche “religione”. Per Ratzinger questo scenario è la salvezza della chiesa cattolica.

In questa relazione è interessante che Ratzinger entri sfrontatamente nella politica americana sostenendo nella sua campagna per la rielezione di Gorge W Bush a presidente americano. Come capo della Congregazione per la Dottrina della Fede, Ratzinger nel bel mezzo della campagna elettorale, spedì una lettera pastorale da leggersi in tutte le chiese cattoliche degli Stati Uniti. La lettera stabiliva che i cattolici che non si opponevano strettamente all’aborto non dovevano essere accettati alle funzioni religiose. Questa dichiarazione era diretta contro il candidato democratico John Kerry, che sosteneva una posizione di libera scelta su questo tema. Per la prima volta nella storia del paese, una grande parte dei voti cattolici andò ai repubblicani, ossia alla posizione antiaborista di Bush. Questa interferenza da parte della chiesa cattolica nella politica americana non ha precedenti nella storia moderna di quel paese.

Ratzinger e il marxismo

Non c’è nulla che Ratzinger odi più delle idee marxiste. Nella sua visita in America Latina si appellò al popolo per metterlo in guardia dal marxismo che sta danneggiando la Bolivia e il Venezuela. Venti anni dopo la caduta del Muro, quando tutti i media urlano festanti che il marxismo, il socialismo e la lotta di classe sono morti, il capo della più diffusa religione del mondo mette in guardia contro i pericoli del marxismo e della lotta di classe. E naturalmente, dal suo punto di vista di classe, ha ragione a farlo.

Le idee marxiste presentano il pericolo maggiore per Ratzinger, perché mostrano una via di uscita dalla miseria capitalista fuori dal “deserto della fame e della sete, dal deserto della solitudine, dell’abbandono e di amore distrutto” nel qui e ora, una società dove le persone sono padrone delle proprie relazioni sociali ed economiche, piuttosto che cose, dove possiamo diventare veramente esseri umani in un’economia pianificata democraticamente che produce per i bisogni e non per i profitti. Chiamiamo questa prospettiva socialismo. In America Latina questa idea muove già milioni di persone. Tale prospettiva di un paradiso qui e ora è sempre stata il pericolo più grande per tutti quelli che predicano che la gente dovrebbe aspettare per la salvezza un mondo migliore nel regno dei cieli.

5 dicembre 2007

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