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Facciamola finita con l’alternanza scuola-lavoro

Dopo Lorenzo Parelli, ieri ha perso la vita in uno stage di formazione professionale anche Giuseppe Lenoci, un ragazzo di soli 16 anni. Morto in uno dei centri di formazione professionale propositi dalla nuova riforma del ministro Bianchi, i quali hanno lo scopo di fornire manodopera a basso costo alle imprese italiane.

A chi si affretterà a dire che il ragazzo è morto sulla strada, come tanti ne muoiono il sabato sera, vorremo ricordare che quel furgone era di un’azienda termotecnica e che a condurlo c’era un operaio sottoposto alle pressioni e ai ritmi di lavoro incessanti che in questi anni hanno prodotto un’impennata dei morti sul lavoro. Il fatto che si muoia schiacciati da una trave, cadendo da una gru o su un mezzo dell’azienda, non cambia di un millimetro il problema, parliamo di un ragazzo che si sarebbe dovuto trovare a scuola.

Giuseppe è la seconda vittima dell’alternanza scuola lavoro e questo ci spingerà a rivendicarne con ancora più forza l’abolizione, a partire dalla manifestazione del 18 febbraio.

Di seguito, l’articolo che troverete nel nuovo numero di Rivoluzione, in uscita nei prossimi giorni.

Lorenzo Parelli, studente di 18 anni, è morto di stage, è morto di sfruttamento, è morto di scuola e di lavoro. Schiacciato da una trave d’acciaio il 21 gennaio mentre lavorava gratis alla carpenteria metallica Burimec di Lauzacco, in provincia di Udine.

L’alternanza scuola-lavoro è stata introdotta in modo sistematico dalla “Buona Scuola” di Renzi nel 2015. Negli anni le hanno cambiato il nome in PCTO (Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento), ma questo non ha cambiato una realtà fatta di numerosi casi di sfruttamento, infortuni, coercizione e persino molestie sessuali sui luoghi di lavoro.

Anche se ci viene propinata come “opera buona che argina il problema della disoccupazione giovanile’’, ci troviamo di fronte ad uno dei più alti tassi di disoccupazione degli ultimi decenni e a condizioni di lavoro sempre peggiori rispetto al passato.

Non c’è nulla di formativo nell’alternanza scuola-lavoro, è solo sfruttamento non pagato. Inoltre, accentua ulteriormente la divisione classista già esistente nelle scuole, la divisione in licei, istituti tecnici e professionali. Gli stage riguardano soprattutto i figli delle famiglie che non possono permettersi, anche per via dei contributi scolastici sempre più dispendiosi e obbligatori, percorsi di studio più prolungati e prestigiosi. In pratica, i giovani che nascono nelle famiglie meno abbienti non possono, per lo Stato, ambire a qualcosa di più di una vita di sfruttamento e gli stage educano ad accettare questa condizione. Al preside dell’istituto Nautico di Genova è stata posta la domanda se ci fosse sfruttamento degli studenti nelle aziende. La sua risposta è stata: “Può succedere, il mondo è vario ed è vario anche il mondo del lavoro.’’ Questo è il livello di presa in giro.

Con gli anni c’è stato un processo cosciente di aziendalizzazione della scuola, sorretta principalmente dall’autonomia scolastica, che è semplicemente un modo per provvedere con fondi privati agli innumerevoli tagli fatti all’istruzione pubblica da parte dei vari governi. Gli istituti si fanno finanziare da aziende private e come moneta di scambio utilizzano gli studenti.

L’alternanza è un prodotto del sistema capitalista, il quale ricerca continuamente manodopera a basso prezzo o addirittura gratuita per assicurarsi più profitti. È in nome del profitto che gli studenti vengono inviati in aziende che considerano la sicurezza sul lavoro un optional. Negli scorsi anni si erano già verificati incidenti gravi che avevano coinvolto studenti in stage PCTO, ciò nonostante non è stato preso alcun provvedimento né si è messo minimamente in discussione il modello dell’alternanza scuola-lavoro nel suo complesso.
Anzi il ministro Bianchi sta ulteriormente potenziando questo modello, promuovendo una riforma per cui nei professionali si dovrà passare metà del tempo in azienda invece che a scuola: Lorenzo Parelli frequentava proprio uno degli istituti al centro del progetto di riforma Bianchi.

Tutto questo è inaccettabile ed è fondamentale che il movimento studentesco sviluppi una posizione precisa su questo tema. Non possiamo limitarci a chiedere generici tavoli di trattativa per “migliorare” l’alternanza o che gli stage avvengano in modo più “sicuro”, con più controlli. Queste proposte sono state già portate avanti per anni dalle organizzazioni studentesche e la morte di Parelli ha dimostrato che non funzionano. Sono buoni propositi che non tengono conto della realtà del mondo del lavoro in Italia, dove nel 2021 sono morte 1.404 persone per infortunio sul lavoro e dove il ministro Brunetta ha rassicurato i padroni, garantendo che non ci saranno più controlli a sorpresa sulla sicurezza sul lavoro: praticamente si farà una telefonata alle aziende per dare il tempo di mettere tutto a norma prima dei controlli!

Proprio per questo l’alternanza scuola-lavoro deve essere abolita in tutte le sue forme. La formazione professionale non deve svolgersi nelle aziende sotto il controllo dei padroni, ma nelle scuole, sotto il controllo di rappresentanti democraticamente eletti dagli studenti. Devono essere aumentati i finanziamenti alla pubblica istruzione, in modo da dotare tutte le scuole di laboratori, materiale e personale per svolgere attività di formazione pratica. Se proprio vogliono farci conoscere la “realtà del mondo del lavoro”, organizziamo incontri tra gli studenti e gli Rls, i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza nelle aziende. Questi sì che saranno esperienze “istruttive” su quello che ci aspetta quando diventeremo lavoratori.

Per ottenere questo obiettivo è necessaria una mobilitazione degli studenti in tutte le scuole, che si unisca ad una mobilitazione più generale dei lavoratori, promossa da tutti i sindacati, in cui la battaglia contro l’alternanza si unisca a quella contro gli infortuni e i morti sul lavoro.

È questo l’unico modo per impedire che in futuro ci siano altri casi come quello di Lorenzo. La scuola deve essere un luogo in cui i giovani imparano, si formano e si relazionano, non palestra di sfruttamento, precarietà e morte.

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