Elezioni in Campania: l’eterno ritorno del sempre uguale e l’alternativa da costruire!
La Campania è l’unica regione che alla prossima tornata elettorale è ritenuta non contendibile dal centrodestra. I sondaggi in maniera unanime certificano l’avvenuto recupero di De Luca nei confronti del suo avversario, quando solo pochi mesi fa la sua stessa candidatura era contestata da pezzi importanti del PD.
Abbiamo già sottolineato come le dichiarazioni roboanti siano servite al governatore per costruire un’immagine di sè assai distante dalla realtà e nascondere cinque anni di gestione della sanità fatta di tagli draconiani, riduzioni dei presìdi e dei servizi, che hanno avuto come inevitabile conseguenza il ricorso sempre maggiore al privato e ai viaggi della speranza verso altre regioni. Il clima terroristico alimentato da De Luca nei giorni del lockdown, e che continua ancora in questi giorni di campagna elettorale, è stato funzionale ad occultare questa fragilità del sistema sanitario, che ha caratterizzato anche il contrasto alla pandemia. Il numero di tamponi rimane stabilmente sotto la media nazionale e la loro organizzazione è avvenuta con bandi di affidamento quanto meno opachi; i covid center, costati 18 milioni, non sono mai entrati in funzione; la campagna di test per gli insegnanti è stata caratterizzata dalla disorganizzazione più assoluta, contribuendo ad alimentare quel clima di incertezza per cui lo stesso governatore, dopo avere rinviato la data di inizio delle lezioni, si dichiara scettico sulla possibilità che la scuola possa riprendere entro la fine del mese. Insomma, il cavallo di battaglia di De Luca è evidentemente zoppo, e lo stesso vale per gli altri capitoli della sua amministrazione.
Il trasporto pubblico, messo in ginocchio dal suo predecessore, è stato da lui definitivamente distrutto. La Campania ha infatti i treni e le metropolitane più vecchi del paese, quasi vent’anni di media, ed è l’unica regione ad aver visto negli ultimi 5 anni un peggioramento della situazione. Non stupisce dunque che il numero degli utenti sia crollato nello stesso periodo del 43%, il maggiore calo del paese, in controtendenza con quanto è avvenuto nelle altre regioni. Una linea di grande importanza per i pendolari campani, la Circumvesuviana, è risultata la peggiore del paese per pericolosità e disservizi. Non c’è azienda dei trasporti in ogni angolo della regione che non abbai visto un peggioramento del servizio.
L’altro problema storico della regione riguarda la raccolta dei rifiuti e anche in quest’ambito i risultati testimoniano la malagestione di De Luca. Nei fatti in questi giorni si assiste ad una riproposizione delle stesse identiche proposte programmatiche di cinque anni fa, già sbagliate allora e ancora di più oggi: nuovi inceneritori, impianti di compostaggio, eliminazione delle ecoballe ecc. Più che un programma elettorale sembra un mantra che i cittadini campani sono costretti a sentire periodicamente mentre assistono impotenti ad un peggioramento dei servizi di raccolta e alla devastazione dei territori, con conseguente diffusione di malattie respiratorie e tumorali. La realtà è che l’obiettivo del 60% di raccolta differenziata entro il 2019 non è stato raggiunto e, anzi, in alcune aree decisive, come quella metropolitana di Napoli, si è scesi al di sotto del 30%. Nessun nuovo impianto è stato costruito e di quelli che servirebbero, come quelli per il compost pulito, non si parla nemmeno. Il piano di eliminazione delle ecoballe accumulate nei diversi depositi della terra dei fuochi va a rilento, con meno di mezzo milione di tonnellate rimosse, mentre 3,8 milioni restano ancora lì a inquinare un territorio già devastato.
Un bilancio sotto gli occhi di tutti, che dovrebbe indurre De Luca a non ripresentarsi, ma che, invece, non ne impedirà la probabile rielezione. Questo perché, da un lato, ha saputo guadagnare terreno presentandosi con atteggiamenti paternalistici, come garante della salute pubblica, sceriffo implacabile verso le più piccole inadempienze; dall’altro perchè i suoi avversari sono del tutto impalpabili. Il 20 e il 21 si confronteranno per la terza volta gli stessi candidati di centrodestra e centrosinistra, per la seconda volta si presenterà la stessa candidata dei 5S. Se quest’ultima ambisce a difendere i voti presi la volta scorsa, sperando di non essere eccessivamente coinvolta nella crisi che il Movimento sta sperimentando da un paio di anni, il centrodestra arriva alle elezioni in una situazione di debolezza mai vista prima, il tentativo di alcuni esponenti di salire sul carro della Lega non sarà privo di ostacoli, ne sono un esempio tangibile le numerose contestazioni a Salvini di questi giorni. Una coalizione che si è costruita nel tempo sulla gestione del potere, legandosi a pezzi di potere criminale, è letteralmente implosa quando il potere lo ha perso. Ci sono continui riposizionamenti tra i vari partiti che compongono la coalizione e anche un pezzo che, vista la situazione, ha preferito traslocare nel centrosinistra, dove De Luca ha accolto tutti (De Mita, Mastella, fascisti, ecc.), arrivando a mettere insieme 15 liste che lo sostengono.
Non vanno meglio le cose a sinistra del PD, dove sono presenti due liste. La prima di queste, Terra, ha tutte le caratteristiche degli aggregati che abbiamo imparato a conoscere negli ultimi dieci anni: espressione politica di un’impossibile unità della sinistra, costruita sulla ricerca di un elemento catalizzatore – in questo caso l’ambientalismo – che sia anche spendibile sul “mercato” elettorale. Ancora una volta si tratta di una lista creata in laboratorio per le elezioni senza un reale progetto condiviso, il cui collante è la speranza di un ceto politico, ormai ultra-minoritario, di essere eletto. Questa volta, inoltre, l’operazione risulta ancora più maldestra. La lista, promossa anche dai disobbedienti, ha tra i suoi proponenti Sinistra Italiana – forza che sostiene ed è presente nell’attuale governo Conte con un sottosegretario, peraltro proveniente proprio dalla Campania. Dal nostro punto di vista la lotta e l’opposizione a questo governo è il presupposto per la costruzione di qualsiasi alternativa di sinistra. La lista, che ha tra gli altri anche il sostegno di Rifondazione, vede pure alcuni candidati di DeMa, che però ha anche un proprio esponente candidato in una lista a sostegno di De Luca, a testimonianza della profonda crisi di prospettiva politica di De Magistris e della sua formazione.
L’altra lista, quella di Potere al Popolo, ha il pregio di collocarsi più apertamente all’opposizione dell’attuale governo nazionale, presentando una proposta politica più riconoscibile. Questi sono anche i motivi per cui invitiamo i nostri sostenitori a votare per questa lista alle prossime elezioni, rimarcando, però alcune differenze con i compagni di PaP, ancora di più per come emergono in questa campagna elettorale, valga su tutte la scelta di ridimensionare nella propria propaganda la centralità del conflitto di classe, preferendo battere su altri argomenti. L’enfasi posta sulla composizione giovanile della lista e sull’età del candidato presidente sembra voler dirottare la lotta tra classi in confronto tra generazioni. Uno scontro tra ‘vecchio’ e ‘nuovo’, in cui una certa retorica populista sostituisce le rivendicazioni classiste, a cui assistiamo da tempo, da quando, cioè, questa organizzazione ha individuato nelle elezioni un momento decisivo di costruzione della sua linea politica.
Per quanto le elezioni rappresentino un passaggio importante per milioni di lavoratori, non è a partire da queste che si ricostruirà una seria alternativa all’attuale status quo.
Queste elezioni regionali non scioglieranno il nodo della rappresentanza politica dei lavoratori e dei giovani che ad oggi non hanno un partito politico che li rappresenti e ne difenda coerentemente gli interessi. La stantia campagna elettorale che stiamo vedendo in Campania e l’eterno ritorno del sempre uguale possono essere spazzati via solo dalla mobilitazione di massa. L’esplosione della pandemia ha agito come un gigantesco acceleratore per tutte quelle contraddizioni che si sono accumulate negli ultimi anni e che oggi iniziano ad emergere. È solo a partire dai conflitti che si produrranno nella scuola, nella sanità, sui posti di lavoro e tra le nuove generazioni, martoriate da una disoccupazione giovanile che sfiora il 50%, che può arrivare il riscatto sociale.
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