Domeniche lavorative in Esselunga, dalla padella alla brace!

Il 26 e 27 febbraio vota No al referendum sull’accordo
Il 22 gennaio del 2016, presso l’hotel NH di Bologna, Esselunga, Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs-Uil, hanno siglato una ipotesi di accordo sulla programmazione del lavoro domenicale.

Le parti si dicono soddisfatte dell’accordo. Esselunga perché ha una totale programmazione domenicale e l’inclusione della domenica come “normale” giornata lavorativa, mentre da parte sindacale si sottolinea che si è obbligato l’azienda a sedersi al tavolo, a firmare un accordo e soprattutto si è lavorato ed ottenuto un accordo di solidarietà tra chi aveva la domenica obbligatoria, in quanto assunto con contratto individuale e chi non aveva la domenica obbligatoria.

Sarà davvero così ? Un contratto a favore di noi lavoratori?

Vediamo nel dettaglio il contenuto dell’accordo.

L’accordo entrerà in vigore dal primo maggio 2016, con prova di un anno, se approvato dal referendum del 26 e 27 febbraio 2016 tra tutti i lavoratori Esselunga.

Si tratta di una programmazione trimestrale che riguarderà tutti i lavoratori senza obbligo di lavoro domenicale. Si darà precedenza alle disponibilità volontarie, ma laddove non ci sarà adeguata copertura, i responsabili indicheranno chi dovrà lavorare. Si lavorerà in turno con un orario minimo di 5 ore e mezza. Per gli scaffalisti (reparti DRO e GEM) l’azienda potrà chiedere fino ad un massimo di 22 domeniche l’anno, mentre per il personale dei reparti fino a 24.

Nei casi di assenza nelle domeniche programmate, tranne per chi fosse in infortunio, oltre a giustificare l’assenza con un certificato medico, dovrà recuperare la giornata alla prima domenica utile (!!).

A seguito di questa obbligatorietà domenicale estesa a chi non l’aveva, i lavoratori che già oggi hanno la domenica obbligatoria, “[..] L’azienda si impegna a prevedere la possibilità di usufruire di 3 riposi domenicale all’anno [..]“. Questo per i full time, mentre per i part time sono 2 riposi all’anno.

Si noti la miseria dell’offerta, ma soprattutto la vacuità della proposta, infatti l’azienda “si impegna”,  quindi nulla di certo. Insomma, a chi non ha la domenica obbligatoria la certezza del lavoro domenicale, mentre chi ha già l’obbligatorietà la possibilità di un misero riposo se l’azienda, bontà sua, lo vorrà.

Ai lavoratori che non avevano l’obbligo domenicale sarà prevista una maggiorazione dal 30 percento, fino ad un massimo dell’80 percento a salire di scaglione in scaglione da un minimo di 3 domeniche fino alle oltre 29 domeniche l’anno. In compenso perderanno la maggiorazione del 130 percento previsto per le domeniche e festività di dicembre (!!). Cosa cambierà per chi già oggi ha l’obbligo domenicale? NIENTE! Oggi hanno una maggiorazione del 30 percento e continuerà ad essere così.
Sempre nell’accordo si legge che “[..] l’azienda si rende disponibile a valutare [..]” l’entità della maggiorazione domenicale in un futuro rinnovo del CIA (contratto integrativo aziendale). Anche qui si noti l’incertezza della possibilità degli aumenti.

I sindacati dicono che le RSU/RSA acquistano dignità ed importanza, perché, dove presenti, potranno fare accordi di negozio. Come? Per i lavoratori che oggi hanno normalmente il riposo di domenica l’accordo recita: “Potranno valutare e concordare [..]”, dopo dieci domeniche lavorate, un riposo di 2 giorni, sabato e domenica. Cioè, per avere 2 giorni di riposo consecutivi,  devi lavorare 10 domeniche e per arrivare a fare questo week end devi lavorare 12 giorni consecutivi.

Per gli altri, cioè chi ha già la domenica lavorativa obbligatoria, la possibilità, non la certezza, di ulteriore sconto di lavoro domenicale di 3 giorni per i full time e 2 per i part time. L’azienda, però, potrà chiedere di estendere l’obbligo di lavoro domenicale da 24 a 28 giorni per il personale dei reparti. Anche in questo caso va sottolineata la miseria dell’offerta e l’incertezza del risultato.

A peggiorare le cose, si dice nell’accordo, riprendendo il CIA, che la trattativa può durare al massimo 10 giorni, trascorsi i quali l’azienda, in parole povere, farà ciò che riterrà più opportuno. Insomma, è un po’ come se si facesse la trattativa con la pistola alla tempia!
Ma non finisce qui, c’è infatti nell’accordo un ulteriore “regalo” dell’azienda. Sei part time e vuoi consolidare il tuo orario di lavoro? Bene, però muoviti perché concediamo questo “privilegio” a soli 120 lavoratori, e comunque devi accettare la domenica come insita nel contratto individuale e quindi esci dalla programmazione, perché te le farai tutte e perderai le varie maggiorazioni domenicali, perché avrai solo il 30%. L’accordo è valido sia per chi lavora in negozio e sia per chi lavora nei centri di distribuzione dell’azienda.

Insomma, a mio modo di vedere c’è più di un motivo per rigettare l’accordo e votare NO.

Per concludere una ultima valutazione.

Fermo restando la nostra contrarietà al lavoro domenicale, vogliamo parlare di solidarietà tra lavoratori?

I nostri dirigenti sindacali avrebbero dovuto fare una forte autocritica per aver permesso all’azienda di fare ben quattromila contratti individuali con la domenica obbligatoria (tra nuovi e consolidamento di vecchi). Chiedere, come contropartita alla programmazione domenicale, l’eliminazione della domenica obbligatoria a questi contratti individuali e mettere nero su bianco che non avrebbero fatto altre assunzioni del genere, cosa che nell’accordo non si dice e che quindi l’azienda continuerà a fare, e la parificazione dei trattamenti economici tra i lavoratori.

Con questo accordo, invece, l’azienda ha ottenuto il lavoro domenicale per tutti, lasciando condizioni economiche e di diritti differenti tra lavoratori della stessa azienda, dello stesso negozio e dello stesso reparto. In questo modo si acuisce la lotta tra (noi) poveri. Grazie mille!

Chi scrive è un lavoratore Esselunga, un delegato sindacale della FILCAMS CGIL, un componente del direttivo lombardo della Filcams-Cgil e farà ciò che sarà possibile per convincere TUTTI i colleghi che questo accordo non è cosa buona e votare NO  al referendum del 26/27 febbraio 2016.

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