Difendiamo i salari con una nuova scala mobile!
L’editoriale del nuovo numero di Rivoluzione
I dati pubblicati dall’Istat a fine gennaio certificano un balzo impressionante dell’inflazione. I prezzi aumentano come non facevano dal 1996, +1,6% su base mensile, +4,8% su base annuale. Per quanto questo fenomeno sia determinato in buona parte dall’aumento del gas e dell’energia elettrica è chiaro che c’è una dinamica dell’aumento dei prezzi al consumo generalizzata. Il Codacons stima che una famiglia media arriverà a spendere 1.474 euro in più all’anno. Una batosta, la cui prima rata è già arrivata in bolletta e dal benzinaio e che presto si vedrà anche nello scontrino del supermercato, come si vede dal costo della pasta, già aumentata del 38% in pochi mesi.
Un aumento del costo della vita che va a colpire salari già indeboliti da anni di contrattazione a perdere. Le statistiche dicono che l’ultimo anno è stato un anno di ripresa economica (+6,5% del Pil), ma la maggiore ricchezza prodotta è andata a finire in poche tasche, e sempre le stesse. I salari sono rimasti fermi al palo (+0,1% su base annua), perdendo quindi potere d’acquisto. Niente di nuovo sotto il sole: come ha certificato l’Ocse in una ricerca dell’anno scorso, i salari dei lavoratori italiani dal 1990 sono diminuiti del 2,9%. Trent’anni di indietro tutta!
La causa di questo arretramento è da cercare principalmente nel fallimento delle politiche sindacali avviate proprio all’inizio degli anni ’90, quando la scala mobile dei salari venne abolita in favore della cosiddetta “concertazione”.
La scala mobile era un meccanismo automatico che ogni tre mesi garantiva l’adeguamento automatico dei salari all’inflazione registrata. Conquistata nel 1975, all’apice delle lotte operaie, fu da sempre nel mirino del padronato che nel 1992 ruppe l’accordo mentre i dirigenti sindacali capitolavano senza lottare.
La promessa era che con la contrattazione nazionale si sarebbero difesi i salari in modo più efficace. Dopo trent’anni, il fallimento di questa politica risulta chiaro e clamoroso. Non solo i salari non sono aumentati, ma si sono aperte enormi differenze, col dilagare di un sottosalario che colpisce milioni di lavoratori e ancora più di lavoratrici.
L’argomento principale che i padroni hanno sempre utilizzato contro la scala mobile è quello della cosiddetta “spirale prezzi-salari”, che infatti stanno rispolverando. Secondo loro, se all’aumentare dei prezzi aumentano anche i salari, seguirà inevitabilmente un ulteriore aumento dei prezzi, innescando così una dinamica a spirale. Ma questa è pura propaganda.
Quello che vogliono i padroni è sempre e solo scaricare sui lavoratori il costo della propria inefficienza e della propria ingordigia. Conta solo che i loro profitti aumentino. Il governatore della Banca d’Italia Visco ha avuto il coraggio di dire che si deve evitare una “futile” rincorsa dei salari all’aumento dei prezzi.
Non risulta che abbia detto ai padroni di contenere i profitti…
Ora che i prezzi esplodono non si può continuare sulla stessa strada, affidandosi solo a una contrattazione nazionale che ha già mostrato tutti suoi limiti. Basta guardare all’ultimo contratto dei metalmeccanici per rendersene conto. Il rinnovo firmato nel 2021 prevede un aumento di 110 euro in quattro anni, cioè di 50 euro tra l’anno scorso e quest’anno, praticamente già cancellato dall’inflazione e dal caro-bollette.
Serve quindi uno strumento che sia davvero efficace, che difenda i salari dei lavoratori da un’erosione costante. Bisogna ripristinare la scala mobile, bisogna conquistare un meccanismo che adegui le retribuzioni al costo della vita reale, partendo da un aumento generale che ci ripaghi del potere d’acquisto perso in questi anni e stabilisca un minimo uguale per tutti. I salari servono per vivere, e devono essere tali da poter garantire una vita dignitosa a tutti.
Apriamo una discussione nei luoghi di lavoro e nelle organizzazioni sindacali sulla necessità di questa rivendicazione, per arrivare a una mobilitazione capace di invertire la rotta. Scuotiamo gli apparati sindacali dal loro letargo e prepariamo una controffensiva ogni giorno più necessaria per difendere le nostre condizioni di vita.
14 febbraio 2022
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Di fronte a uno scempio simile sarebbe naturale che il sindacato fosse sul piede di guerra.