Conte “salvatore della sinistra”?
Negli ultimi mesi Giuseppe Conte ha imposto una sterzata a sinistra alla linea del Movimento 5 Stelle. Si è sottratto all’abbraccio mortale del governo Draghi e ha concentrato la campagna elettorale su temi come la difesa del reddito di cittadinanza, il salario minimo e la lotta alle diseguaglianze sociali. Ha partecipato al corteo nazionale della CGIL dell’8 ottobre e aderito alla manifestazione contro la guerra del 5 novembre. Come si spiega questa sorprendente svolta da parte di una figura come Conte, che non ha alcun retroterra di sinistra e anzi in passato ha pure guidato un governo in cui Salvini era il ministro degli Interni?
Un uomo per tutte le stagioni
L’ascesa di Giuseppe Conte nella politica italiana è dovuta in gran parte ad elementi casuali. Salvini e Di Maio lo tirarono fuori dal cilindro nel 2018 come uomo di paglia da mettere a Palazzo Chigi, una figura del tutto sconosciuta per non mettere in ombra i due veri leader nel governo Lega-5Stelle. Eppure quando la coalizione giallo-verde è naufragata nel 2019, proprio la sua totale mancanza di un profilo politico ben definito gli ha consentito di riciclarsi e ritrovarsi premier anche nel successivo governo giallo-rosso, passando con disinvoltura dal ruolo di “garante” del populismo a quello di collante del nuovo centro-sinistra. Nel 2021, con la nascita del governo Draghi, sembrava che fosse finalmente arrivato il momento per “l’avvocato del popolo” di tornare nell’anonimato. E invece, ritrovatosi alla testa di un Movimento 5 Stelle totalmente alla deriva, ha avuto abbastanza fiuto per intuire che l’unica via di salvezza per il suo partito – e soprattutto per se stesso – era quella di occupare il vuoto politico alla sinistra del PD.
Con Letta impegnato a suicidarsi politicamente in nome dell’“Agenda Draghi” e Fratoianni legato a triplo filo al PD, lo spazio a sinistra non mancava di certo e Conte, senza il fardello di solide basi politiche ad intralciarlo, ci si è buttato a capofitto senza pensarci due volte. L’operazione ha avuto successo: una parte della classe lavoratrice italiana, in mancanza di un’alternativa migliore, ha cercato di portare avanti le proprie istanze dando il proprio voto a Conte, l’unico politico che diceva qualcosa – per quanto in maniera generica – a favore dei settori più poveri della società.
Illusioni a sinistra
Ora che si è ritagliato uno spazio, Conte è ben deciso a proseguire su questa linea, incalzando il PD da sinistra e strappandogli consensi. Il corteo del 5 novembre contro la guerra è stato emblematico in tal senso: erano presenti 100.000 persone appartenenti alla CGIL, alle realtà dell’associazionismo di sinistra e dell’associazionismo cattolico, tutte forze che tradizionalmente hanno sempre fatto riferimento al PD; eppure Letta è stato contestato e allontanato in malo modo dal corteo, mentre Conte stava in prima fila.
I 5 Stelle rappresentano oggi un polo d’attrazione anche per le residue forze della sinistra in Italia. Già prima delle elezioni, Unione Popolare di De Magistris aveva provato a formare una coalizione con loro e non ci è riuscita solo per il rifiuto di Conte. Anche all’interno di Sinistra Italiana c’è un settore significativo che propone di allearsi con il M5S invece che con il PD.
Le sirene di Conte potrebbero diventare irresistibili anche per gli apparati sindacali che non trovano più una sponda nel PD. Soprattutto se nel congresso del PD dovesse prevalere l’opzione più a destra (quella di Bonaccini) e la linea dell’alleanza con Calenda, sarebbero in molti in CGIL, da Landini in giù, a valutare di passare nel campo del M5S.
Sarà dunque attorno a Conte che si ricostruirà la sinistra italiana dopo una traversata nel deserto durata quasi quindici anni?
I limiti di Conte
La verità è che un conto è scippare un po’ di voti al PD, un altro è costituire un partito di riferimento per la classe lavoratrice italiana. Un conto è accreditarsi presso qualche pezzo di sinistra in disarmo o qualche burocrate sindacale in cerca di copertura politica, un altro è organizzare milioni di lavoratori e giovani che cercano una via d’uscita da una situazione insostenibile. Da questo punto di vista i 5 Stelle presentano tutt’oggi dei limiti enormi.
Per prima cosa tutto il loro passato catastrofico non può essere cancellato con un colpo di bacchetta magica e inevitabilmente pesa sulle prospettive future. è dura lottare contro la guerra dopo che Conte, nei suoi due governi, ha aumentato le spese militari e i deputati pentastellati, durante il governo Draghi, hanno votato a favore di ben tre decreti sull’invio di armi in Ucraina. L’opposizione contro la destra parte in salita, se il governo Conte I ha avallato il decreto sicurezza di Salvini e il blocco dei porti contro i migranti.
In secondo luogo, per quanto si sia spostato a sinistra, l’orizzonte del M5S rimane quello interclassista delle origini, quello della conciliazione degli interessi delle diverse classi sociali in nome dell’interesse generale del “popolo”, per cui i provvedimenti a favore dei ceti popolari si accompagnano necessariamente agli “aiuti alle imprese”.
C’è inoltre un problema di carattere organizzativo. Ad oggi i 5 Stelle non hanno una struttura organizzata sul territorio. Recentemente Conte ha lanciato i “gruppi territoriali”, ma bisogna vedere quali effetti concreti sortirà il suo appello. Al momento tutto si limita al piano elettorale e parlamentare: votate i nostri candidati e tutto andrà per il meglio. È una prospettiva di totale passività che non ha nulla da offrire a tutti quei lavoratori e giovani che avrebbero invece bisogno di un ambito per attivarsi politicamente, discutere e organizzarsi.
Oggi Conte annuncia mobilitazioni di piazza contro il governo per difendere il reddito di cittadinanza. Molto bene, ma il punto è che nella sua concezione la lotta di classe è integralmente sostituita dall’assistenzialismo statale. Misure come il reddito di cittadinanza sono anzi concepite proprio per evitare esplosioni di rabbia sociale. Quello che serve non è però salvaguardare la “tenuta sociale” in un contesto di peggioramento continuo delle condizioni di vita, bensì farla saltare con una mobilitazione di massa generalizzata.
Per tutte queste ragioni non possiamo certo accontentarci delle formulazioni superficialmente progressiste di Conte. La battaglia fondamentale per una politica indipendente della classe lavoratrice deve continuare!
2 dicembre 2022
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