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Congresso Cgil – Da Landini nessuna risposta, i lavoratori devono riprendere la parola!

Il congresso della CGIL è alle sue battute finali ed è tempo di trarne un bilancio. Nel corso di questi mesi si sono confrontate due mozioni contrapposte, quella di Landini Il Lavoro crea il futuro e Le radici del sindacato. La commissione congressuale nazionale ha certificato 1.345.107 votanti, meno di un terzo degli iscritti. 1.305.702 voti sono stati assegnati al documento di Landini, 32.240 al documento di minoranza, cioè il 2,41%.

Va constatato però che la partecipazione reale alle assemblee di base è stata la più bassa nella storia dei congressi della CGIL. La stragrande maggioranza dei voti sono stati raccolti nei giorni successivi alle assemblee, attraverso i seggi, senza nessuna possibilità per il secondo documento di spiegare le proprie ragioni. Molto spesso i lavoratori non sono neanche venuti a conoscenza dell’esistenza di una posizione alternativa. Al di là dei risultati ufficiali registrati sui verbali, quello che emerge è un divario senza precedenti tra il vertice sindacale e la base degli iscritti. Anche la fiducia nel gruppo dirigente è ai minimi.

Questo lo si era già capito con lo sciopero del 16 dicembre, che è stato uno “sciopero generale” solo di nome. Opporsi alla legge di Bilancio del governo Meloni era sacrosanto, ma è semplicemente irresponsabile convocare uno sciopero e poi non fare niente per prepararlo, né con un’adeguata piattaforma di rivendicazioni né sul piano organizzativo. L’adesione è stata bassissima da parte dei lavoratori, degli iscritti e in molti casi anche dei delegati.

 

La distanza tra i lavoratori e l’apparato sindacale

Il problema è che in molti casi il congresso CGIL è sembrato una realtà parallela rispetto alla condizione concreta che i lavoratori vivono quotidianamente. Da oltre un anno e mezzo l’inflazione ha raggiunto livelli che non si vedevano dagli anni ’70. Il 90% dei contratti di lavoro stipulati negli ultimi due anni sono precari. Eppure Landini non riesce ad andare oltre la “defiscalizzazione” del lavoro, senza mettere in campo alcuna proposta di mobilitazione.

Nel resto d’Europa stiamo vedendo lotte straordinarie per gli aumenti salariali. In Gran Bretagna da mesi si stanno mobilitando infermiere, lavoratori del trasporto pubblico, ferrovieri, insegnanti e postini. Erano quarant’anni che non si vedevano scioperi di tale portata. Stessa situazione in Francia dove da tre settimane i lavoratori stanno scioperano contro l’attacco alle pensioni di Macron.

Di tutti questi avvenimenti internazionali al congresso non s’è parlato e, quando abbiamo sollevato la questione, è stata lasciata cadere nel vuoto. La CGIL preferisce una strada diversa per risolvere l’emergenza salariale: aspettare i prossimi rinnovi contrattali, con i loro tempi biblici, come se i lavoratori potessero permettersi di aspettare… Peraltro non si contano i contratti già scaduti che i padroni non intendono rinnovare.

I salari erano già bassi ben prima che scoppiasse l’inflazione, sono trent’anni che subiamo politiche salariali moderate e ora abbiamo perso ulteriore potere d’acquisto. Grandi sono le responsabilità del sindacato ed è per questo che negli ultimi 10 anni si sono persi mezzo milione di iscritti.

Per non parlare del precariato. I vertici sindacali sono sempre pronti a indignarsi per le condizioni dei precari, ma non si mette mai in campo una vera mobilitazione per costringere i governi ad assumere almeno i precari nel pubblico impiego e nella scuola. Figuriamoci nelle aziende private…

 

Il nostro intervento al congresso

Nel corso del congresso abbiamo posto la questione della guerra in Ucraina, perché pensiamo che una presa di posizione forte del movimento operaio contro le politiche di guerra occidentali (riarmo, invio di armi, sanzioni, ecc.) sia fondamentale per spezzare la spirale del conflitto. Abbiamo anche presentato ordini del giorno per impegnare la CGIL in vista dell’8 marzo, per rimettere le condizioni concrete delle lavoratrici al centro e non lasciare la lotta delle donne nelle mani dei gruppi femministi borghesi che presentano l’oppressione femminile come un fatto meramente culturale.

Come area Giornate di Marzo abbiamo conquistato più di 5mila voti per il documento alternativo. Oltre 3mila voti in Emilia Romagna tra metalmeccanici, impiego pubblico, scuola e commercio; più di 500 voti in Campania, in particolare tra i metalmeccanici; 600 voti nella logistica e altri 400 in Lombardia… Possono sembrare cifre piccole rispetto a quelle trascritte sui verbali congressuali, ma si tratta di voti veri, conquistati sul campo, frutto di anni di radicamento sui posti di lavoro. La nostra battaglia per un sindacato degno di questo nome riparte da qui!

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