Comer Cavriago – La lotta è stata sconfitta, ma era inevitabile?
Sabato 4 Luglio è si è conclusa la vertenza alla Comer Industries di Cavriago (Reggio Emilia), dopo 19 giorni di sciopero, e 26 di presidio con 10 notti con blocco delle merci. Fin dal 9 giugno, giorno nel quale l’azienda (che a Cavriago impiega 150 dipendenti) ha comunicato di voler chiudere lo stabilimento e trasferire tutti a Reggiolo, si era capito che si trattava di licenziamenti mascherati, sapendo che per tante persone sarebbe stato impossibile conciliare tempi di vita con una trasferta che può arrivare anche a 100 km. Fiom e Uilm lo hanno giustamente denunciato e giustamente ai presidi hanno dichiarato che l’unica soluzione sarebbe stata la marcia indietro dell’azienda e il ritiro della proposta di trasferimento. Altrettanto corretto è stato dire che questa vertenza avrebbe assunto una valenza quantomeno regionale, vista l’importanza della posta in gioco.
Purtroppo l’accordo raggiunto in prefettura legittima nei fatti la linea dell’azienda, seppur con qualche aggiustamento. Infatti la metà degli addetti sarà trasferita subito a Reggiolo, con indennità di viaggio e servizio navetta a carico azienda. L’altra metà rimarrà a Cavriago fino a settembre 2021, momento nel quale lo stabilimento chiuderà e tutti i lavoratori rimanenti saranno trasferiti. I licenziamenti mascherati sono di fatto accettati anche delle organizzazioni sindacali, tant’è che l’accordo prevede “uno scivolo capace di accompagnare al pensionamento i lavoratori più anziani e un incentivo all’esodo per i lavoratori che non si recheranno nello stabilimento di Reggiolo”.
Se i lavoratori hanno dato tutto quello che potevano dare, le responsabilità di questa sconfitta è da ricercare nella direzione sindacale della lotta.
Innanzitutto si doveva rompere l’isolamento dello stabilimento di Cavriago organizzando la lotta anche negli stabilimenti di Reggiolo e Pegognaga, cosa che sembrava fosse iniziata con le 4 ore di sciopero del 23 giugno ma di cui poi non si è fatto nulla. E non solo, anche il blocco delle merci andava esteso a quegli stabilimenti, rafforzando così quanto fatto a Cavriago. Ma la cosa più importante che è mancata è la volontà di allargare la vertenza almeno a tutto il settore, con una campagna di assemblee provinciali in tutte le aziende metalmeccaniche per uno sciopero generale di categoria che portasse a un presidio davanti agli stabilimenti Comer. Solo l’unità di tutti i lavoratori avrebbe potuto tener testa all’arroganza dell’azienda.
Sarebbe presuntuoso e irrispettoso verso i lavoratori dire che sicuramente si sarebbe vinto. Ma non provarci nemmeno certamente porta a questi risultati.
Non serve alla fine nascondersi dietro al voto favorevole dei lavoratori (con un solo contrario e un astenuto). Sono i dirigenti sindacali che hanno il compito di guidare le lotte e portare il miglior accordo possibile. I lavoratori avevano detto chiaramente, tramite un questionario fornito dai funzionari sindacali, che non erano disponibili ad accettare alcuna forma di trasferimento, con o senza navetta, con o senza incentivi. Oggi, stremati da quasi un mese di lotta e senza un’alternativa, hanno accettato quello che gli è stato proposto. Ma come fanno i sindacalisti a dire che “La mediazione finale… tiene conto sia delle esigenze produttive dell’azienda sia delle condizioni di vita e del punto di vista dei lavoratori raggiungendo un equilibrio confermato dai lavoratori con il voto alla ipotesi di accordo” ? La verità è che si è accettato alla meno peggio quello che fin da subito voleva l’azienda, e i funzionari sono contenti come al solito solo di essere stati riconosciuti dalla controparte, come dimostrano le lodi per il prefetto che avrebbe, secondo Fiom e Uilm “mantenuto un alto profilo istituzionale, permettendo il raggiungimento di una mediazione tra le parti costituzionalmente orientata e di equilibrio, nonostante la evidente asprezza dello scontro delle settimane precedenti”. Tutti contenti, tutti bravi, ma chi nei fatti viene licenziato e deve ingoiare il rospo (chiamiamolo così) come sempre sono gli operai.
Questa vertenza dimostra che per salvare i posti di lavoro dai licenziamenti, nel prossimo periodo non saranno più sufficienti lotte “normali” ma servirà alzare il livello dello scontro, dotarsi di un piano generale, cioè confederale, di tutta la CGIL, coordinare e generalizzare le lotte tramite un’unica piattaforma rivendicativa, coinvolgendo tutti i lavoratori, anche chi in quel momento non è direttamente coinvolto. In un contesto di crisi economica senza precedenti, col blocco dei licenziamenti in scadenza il 17 Agosto e con ammortizzatori sociali totalmente inadeguati l’alternativa sarà un’ecatombe di posti di lavoro.
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