Cgil dopo il congresso – Per una svolta necessaria
Il 25 gennaio, dopo un percorso di otto mesi, si è concluso il 18° Congresso della Cgil con l’elezione di Landini a nuovo segretario col 92,7% dei voti. Alla vigilia di una nuova crisi economica, preannunciata da molti indicatori, nel paese europeo con la peggiore dinamica salariale, ciò che avviene nel principale sindacato del paese ha una certa rilevanza.
La crisi della Cgil e il voto di marzo
Il congresso ha confermato ed approfondito la crisi del sindacato e del suo gruppo dirigente, nonostante il documento presentato dalla segreteria nazionale abbia raccolto il 97,9% dei voti. In termini di partecipanti al voto c’è stato un calo di circa 300mila iscritti, ben il 20 per cento in meno dallo scorso congresso.
Vi è poi una significativa differenza tra i lavoratori che prendono parte alle assemblee e i votanti, anche in relazione ad un regolamento che incentiva un voto passivo piuttosto che la partecipazione al dibattito. Tutti gli strumenti sono stati utilizzati per tener lontani i lavoratori da voci critiche presenti nelle assemblee. La bassa partecipazione è dovuta alla sfiducia e alla distanza sempre più profonda tra i lavoratori e l’apparato, che si riflette anche dal calo degli iscritti. Un crollo di credibilità di chi, in questi anni, a causa del suo immobilismo è stato giustamente visto come responsabile del peggioramento delle condizioni di vita di milioni di persone su tutti i terreni, lavoro, contratti, salari, pensioni, servizi sociali, diritti.
La sconfitta del Pd e dei partiti dell’austerità del 4 marzo ha reso poco praticabile anche per i vertici della Cgil la strada di un nuovo centrosinistra. La “sponda politica”, il partito amico, non c’è più, se non altro perché suscita un odio profondo tra i lavoratori e questo ha ridotto al lumicino la presa del Pd nei confronti dello stesso apparato.
È questa la vera ragione che ha spinto la Camusso a sostenere la candidatura dell’ex segretario della Fiom Landini, e che ha condannato alla sconfitta la candidatura alternativa di Vincenzo Colla, sostenuto dai pensionati e da un settore più moderato dell’apparato su posizioni di fiancheggiamento del Pd.
Landini “movimentista”?
Lo scontro tra Landini e Colla non si è espresso in una chiara divisione politica. Oltre ad aver sostenuto entrambi lo stesso documento congressuale, in tutto il percorso non si sono differenziati su nessuna delle questioni fondamentali. Anche perché il neosegretario, prima della sua elezione, si era completamente astenuto da qualsiasi chiara presa di posizione pubblica. Nello stesso congresso di Bari la maggioranza della Cgil, unitariamente, ha sostenuto un ordine del giorno (confuso e inconcludente) in contrapposizione a quello della delegazione di Riconquistiamo Tutto! contro la Tav. Analogamente un ordine del giorno di maggioranza è stato contrapposto alla richiesta della proclamazione dello sciopero generale per l’8 marzo in difesa dei diritti delle donne.
Il documento conclusivo, contro il quale chi scrive ha dichiarato la contrarietà a nome dei compagni della minoranza, è in piena continuità con la strategia della Cgil degli ultimi anni guidata dalla Camusso.
Landini ha la grande responsabilità di avere interrotto la dinamica di lotta della Fiom partita da Pomigliano contro l’attacco ai lavoratori della Fiat. È stato il sottoscrittore del peggior contratto dei metalmeccanici di sempre. Le sue critiche alla linea della maggioranza sono state abbandonate ormai da diversi anni.
Tuttavia è indubbio che Landini trasmetta una grande speranza e la suggestione di una svolta, essendo ancora identificato tra un largo settore di lavoratori come un sindacalista combattivo, munito di un linguaggio semplice e diretto.
L’elezione a segretario generale ha generato fiducia ed entusiasmo nella base. Un clima positivo che ha contribuito ad alimentare il successo della manifestazione del 9 febbraio, che ha visto una partecipazione al di sopra di ogni aspettativa, nonostante una piattaforma modesta che ha convinto persino la Confindustria romagnola ad inviare una delegazione. È stata però, la più grande manifestazione promossa dal sindacato dopo quelle del 2014 e 2015 contro Jobs act e Buona Scuola. Proprio per l’assoluto discredito che investe il Pd, c’è fra un settore di massa una ricerca di punti di riferimento più combattivi e credibili, e oggi Landini inizia ad essere investito da tale richiesta.
La sinistra sindacale ad un bivio
Anche in questo congresso la sinistra sindacale coincideva col documento alternativo Riconquistiamo tutto! Il documento ha proposto un programma radicale che puntava a dare una prospettiva alle lotte del futuro. Conflitto che, in questi anni, è stato totalmente assente e che rappresenta l’unico strumento in grado di rimettere al centro della scena politica gli interessi dei lavoratori e di tutti gli sfruttati.
Ma il risultato al congresso è stato al di sotto delle potenzialità. Salvo alcune importanti eccezioni dove delegati e lavoratori hanno sviluppato in questi anni il radicamento e il conflitto, il calo dei consensi in termini assoluti è significativo. Il motivo è semplice, se l’apparato si sposta a destra, la demoralizzazione tocca anche i settori più avanzati e combattivi. Se ora si apre una nuova fase per la mobilitazione e i lavoratori mostrano fiducia, anche per noi si aprono degli spazi. Viceversa, non c’è futuro per un’area che si considera più forte e pensa di avere più consensi se la Cgil è immobile.
È necessario e doveroso opporsi all’inadeguatezza della strategia della Cgil, ai lavoratori non dobbiamo offrire illusioni né tacere le nostre critiche a Landini, ma è altrettanto sbagliato vedere come un problema la fiducia che i lavoratori riacquistano dopo anni di arretramenti. Dobbiamo essere in prima linea tra i lavoratori a pretendere che dagli annunci, che troppo spesso rimangono lettera morta, si passi ad azioni concrete.
La crisi del capitalismo, come si è visto in questi dieci anni, non fa sconti a nessuno. Leader di ogni tipo sono saliti alla ribalta e caduti nell’oblio.
La nuova fase che si apre nel conflitto sociale vedrà i lavoratori, i giovani, protagonisti. Il nostro compito, come sempre abbiamo fatto, deve essere di sfidare i dirigenti sul terreno concreto della mobilitazione stando a fianco dei lavoratori.
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