Politica generale
Il governo dichiara guerra ai poveri
Con la legge di bilancio, il governo Meloni ha dimostrato in maniera lampante – nel caso ce ne fosse stato ancora bisogno – quali sono gli interessi che intende portare avanti.
L’attacco più pesante viene condotto contro il settore più povero della società, i disoccupati che percepiscono il reddito di cittadinanza.
Governo Meloni: una banda di reazionari
Il governo più a destra della storia repubblicana. Lo si capisce già dalla nuova denominazione di diversi ministeri.
La destra si combatte nelle piazze
Sono passati pochi giorni dal voto ma già il copione del prossimo governo inizia a profilarsi. Ci sono tre padroni che hanno in mano un bel guinzaglio: l’imperialismo USA, l’Unione Europea con la BCE e il padronato italiano. E sono fiduciosi di poter facilmente guidare Giorgia Meloni e i suoi alleati facendone in poco tempo dei cagnolini presentabili nei salotti buoni.
La destra vince e i piagnistei non servono: organizziamoci e lottiamo!
La vittoria della destra alle ultime elezioni, per quanto fosse ampiamente preannunciata da tutti i sondaggi, ha provocato smarrimento e costernazione negli ambienti di sinistra, oltre che in un certo numero di lavoratori e giovani, preoccupati da quello che potrà fare il prossimo governo guidato da Giorgia Meloni. Piangersi addosso però non serve. Bisogna piuttosto mantenere il sangue freddo, analizzare seriamente le ragioni del risultato elettorale e soprattutto tracciare una prospettiva chiara di quale sarà lo scenario politico dopo le elezioni.
La palude elettorale e la tempesta che si avvicina
Le elezioni del 25 settembre dovrebbero in astratto suscitare una grande attenzione. Sono chiamate a risolvere una crisi parlamentare che, per la prima volta nella storia repubblicana, ha portato a un voto in autunno e decideranno il governo che dovrà affrontare un tracollo economico di portata storica. Invece, saranno le elezioni con la più bassa affluenza della storia repubblicana.
La caduta di Draghi e la tempesta che si avvicina
Il dibattito al Senato di mercoledì scorso ha segnato la fine del governo Draghi. Il “governo dei migliori”, intensamente voluto e sostenuto dalla borghesia, godeva fino a due settimane fa di una larghissima maggioranza parlamentare di 554 deputati su 630 e 265 senatori su 321. Si è sbriciolato in quattro ore di discussione lasciandosi alle spalle una frammentazione insolubile.
La coperta di Draghi è sempre più corta
Il governo italiano è sempre più invischiato nella guerra in Ucraina, con tutte le contraddizioni che questo comporta. Al pari degli altri paesi europei, l’Italia ha dovuto ubbidire agli Usa, ma ora ne paga le pesanti conseguenze economiche. Sul fronte interno il governo Draghi ha adottato le misure minime necessarie per evitare un’immediata esplosione di rabbia sociale: ma è una coperta sempre più corta e già oggi si aprono le prime crepe.
NO alla guerra, NO ai sacrifici
La guerra in Ucraina prosegue, si fa sempre più crudele e soprattutto non se ne vede la fine. Una soluzione del conflitto sembra allontanarsi tanto sul piano militare che su quello diplomatico. La Russia non appare in grado di ottenere un successo militare risolutivo in tempi brevi e in questo hanno giocato un ruolo decisivo le armi inviate all’esercito ucraino dagli Stati Uniti e dagli altri paesi NATO.
Mattarella-bis – La distanza siderale tra le istituzioni e il mondo reale
L’elezione del Presidente della Repubblica, prima carica dello Stato e garante dell’ordine costituzionale, ci viene spiegata a scuola come un alto momento istituzionale, con aulici discorsi e senso di responsabilità collettivo. 60 milioni di italiani lo ricorderanno invece come un teatro grottesco di intrighi, teatrini e grettezza. C’è chi si preoccupa che questo dia una brutta immagine delle istituzioni; tuttavia, proprio questa immagine è la più fedele che se ne possa dare.
Difendiamo i salari con una nuova scala mobile!
I dati pubblicati dall’Istat a fine gennaio certificano un balzo impressionante dell’inflazione. I prezzi aumentano come non facevano dal 1996, +1,6% su base mensile, +4,8% su base annuale. Un aumento del costo della vita che va a colpire salari già indeboliti da anni di contrattazione a perdere.