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Blocco degli scrutini – Un bilancio critico

Dopo lo sciopero della scuola del 5 maggio, che ha ottenuto un grande successo fra gli insegnanti con una adesione nazionale intorno al 70 per cento, i vertici sindacali di tutte le organizzazioni non sono stati in grado di mantenere attiva la lotta ed indicare un percorso di mobilitazione coerente, dettandone modalità corrette e tempi certi. Dopo il 5 maggio i vertici sindacali hanno messo la lotta nel congelatore. Al termine delle trattative, ormai ad anno scolastico concluso, l’ultimo colpo di coda è giunto con lo sciopero “durante” gli scrutini (cioè la riunione del consiglio di classe dove si attribuiscono i voti di fine anno scolastico).
In breve, si è trattato di uno sciopero non dello “scrutinio” in sé, vietato da una legge italiana antisciopero (L. 146/90), ma di uno sciopero, della durata di due giorni, da attuarsi durante la prima ora di ciascun scrutinio. Sempre la stessa legge antisciopero impone anche che lo scrutinio sospeso sia recuperato entro cinque giorni dalla sua data di proclamazione: dunque, il massimo che la protesta poteva ottenere, anche con una adesione di tutti gli insegnanti, sarebbe stato lo spostamento di alcuni giorni della pubblicazione dei giudizi di fine anno. Senza entrare nei tecnicismi è importante sapere che gli scrutini hanno normalmente una durata di due ore ciascuno, dunque, secondo la modalità di proclamazione fatta da Cgil, Cisl e Uil, gli insegnanti potevano assentarsi per la prima ora ma dovevano poi essere presenti per la seconda.
Questa modalità li ha costretti ad essere sul luogo di lavoro nella normale giornata dello scrutinio e, successivamente, nella data in cui lo scrutinio è stato recuperato. Questo ha costretto molti insegnanti ad un vero tour de force, effettuando anche 10-12 ore consecutive di scrutini che si sono protratti fino a tarda sera. In conclusione, si è trattata di una modalità di sciopero ben strana dove chi ha scioperato è stato costretto ad essere presente sul luogo di lavoro per un tempo doppio rispetto a quello normale: prima per recuperare il lavoro non svolto e poi per svolgere quello programmato.  Questo è quanto è successo anche all’Iis “B. Russell” di Guastalla in provincia di Reggio Emilia, dove gli insegnanti hanno mostrato una grande compattezza nel voler lanciare un ultimo messaggio di contrarietà alla riforma al governo, tanto che nell’indirizzo liceale tutti gli scrutini sono stati sospesi. Nonostante l’unità dei lavoratori però, tutti hanno condiviso l’idea che si sia trattata di una modalità di lotta errata e sterile dove chi protesta si sobbarca una doppia mole di ore lavorative. Sicuramente una modalità di lotta che poteva essere pensata solamente da chi non lavora all’interno della scuola e che, ad esclusione di qualche breve passaggio televisivo, non ha avuto alcuna visibilità esterna dato che lo sciopero si è svolto nel periodo di chiusura della scuola e la tanto attesa esposizione dei tabelloni con i giudizi di fine anno, è avvenuta nei tempi previsti, senza che gli studenti o le loro famiglie si rendessero conto dell’ultimo e soffocato grido di protesta degli insegnanti a difesa della scuola pubblica.
A fronte dell’attacco rivolto alla scuola sarebbe servita una modalità di lotta più incisiva, capace di rispondere colpo su colpo e, se necessario ad oltranza, alle false promesse di apertura del governo e capace di mobilitare in uno sciopero unitario tutti i lavoratori colpiti dalle controriforme degli ultimi mesi.

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