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Arianna Mancini: le ragioni della mia uscita dall’USB

L’emergenza sanitaria che stiamo attraversando approfondisce con estrema rapidità le contraddizioni insite nel capitalismo, trasformandosi in una crisi di sistema. Nell’arco di un tempo brevissimo milioni di lavoratori, nel nostro paese e nel mondo, prendono coscienza di cosa significhi dover scegliere tra salute e occupazione, tra sicurezza e salario. In questo scenario la risposta spontanea della classe non si è fatta attendere e gli scioperi nelle fabbriche e nelle aziende hanno segnato l’inizio di una presa di coscienza che potrà aprire scenari interessanti. Alla fine dell’emergenza i lavoratori, in particolare nel comparto sanità, presenteranno il conto a chi ha massacrato il servizio sanitario nazionale e peggiorato le condizioni di lavoro.

In una fase come questa un sindacato che si definisce di classe ha dei compiti precisi. Compiti che, tuttavia, possono essere assolti unicamente se si è coltivato in modo adeguato in anni di riflusso come quelli che abbiamo ormai alle spalle. Compiti per essere all’altezza dei quali è necessario che la dicitura “sindacato di base” non sia una mera etichetta formale, ma un’impostazione cui dare seguito con analisi, scelte di orientamento tattico e metodi ben precisi.

Sono stata un’attivista e delegata dell’Unione Sindacale di Base per dieci anni.

In questo tempo mi sono impegnata ed esposta venendo a contatto con molti lavoratori e delegati onesti e combattivi che cercavano nell’USB un’alternativa alla rassegnazione e alla compromissione dei sindacati concertativi.

Ho provato a dare il mio contributo ai percorsi dell’USB in termini di militanza e di organizzazione di vertenze nel mio luogo di lavoro e nel mio comparto, partecipando attivamente alla vita dell’organizzazione.

In questo lungo tempo ho anche avuto modo di maturare delle idee critiche sulle posizioni politiche, l’orientamento e i metodi dell’USB che non hanno potuto trovare spazio di espressione in un dibattito interno che di democratico non ha nulla.

Attraverso questo comunicato intendo sottolineare i motivi per i quali ritengo che questo sindacato, egemonizzato da una dirigenza sorda e autoritaria, indisponibile ad un sano confronto con la propria base, alla ricerca di scorciatoie politiche, capace unicamente di assurgere a teoria i propri profondi limiti, non sia più uno strumento utile al rilancio di una mobilitazione di massa della classe lavoratrice.

In questi anni, già prima dell’ultimo congresso, abbiamo assistito ad un cambio profondo della tattica dell’organizzazione, al quale si è tentato di dare una dignità con una serie infinita di concezioni sbagliate e dannose sulla scompaginazione delle “vecchie stratificazioni di classe”, funzionale unicamente ad elevare a teoria i limiti di una direzione incapace di radicarsi nei luoghi di lavoro e di attirare a sé gli elementi più coscienti della classe lavoratrice. Un coacervo di idee già sentite che, oggi, crolla come un castello di carte travolto dal vento delle mobilitazioni in difesa della salute nelle quali, a parte qualche rara eccezione, il ruolo dell’USB è stato a dir poco marginale.

Sulla base dell’idea che era necessario rendersi promotori di un processo di ricomposizione di classe, si è scelto di modificare la propria piattaforma investendo nel lavoro privato e nella Federazione Del Sociale.

Il terreno tradizionale di radicamento, il pubblico impiego, veniva posto in secondo piano, nonostante la sua capacità di esprimere ottimi quadri e delegati. In questo scenario le esperienze maturate nel settore della sanità venivano messe da parte e veniva lasciato alla buona volontà di singoli delegati e attivisti validi il compito di ricostruire un settore che, soprattutto nel Lazio, pur vantando un passato glorioso, veniva lasciato senza direzione dalla Federazione romana. Inutile sottolineare quante di quelle strutture, negli anni svuotate da un atteggiamento di sordità e indifferenza della dirigenza alle richieste della base, avrebbero potuto giocare un ruolo in una fase tanto delicata come quella che stiamo vivendo. Ma tant’è.

L’investimento sul lavoro privato sarebbe stata una scelta condivisibile a patto che per realizzarlo non ci si affidasse a delle scorciatoie: un approccio che privilegiava la visione mediatica rispetto al radicamento reale, lo scontro frontale con le altre organizzazioni sindacali non solo confederali ma anche di base (il deteriore scontro con il Sì Cobas nel settore logistico a Piacenza ne è un esempio) e l’illusione, peraltro già sfumata, che alcuni funzionari fuoriusciti dalla CGIL potessero essere l’inizio di un’ascesa dell’USB. Tanto entusiasmo ha prodotto la pia illusione che fosse possibile svuotare la più grande organizzazione sindacale del movimento operaio con un cucchiaino da tè, salvo poi richiamare i nuovi funzionari e delegati provenienti dalla Cgil a più miti consigli nel corso del nostro Congresso Confederale Nazionale, durante il quale, senza mezzi termini, si ribadiva ai “nuovi arrivati” la necessità di integrarsi all’interno dell’USB e di comprendere che era ora di abbandonare le vesti dell’opposizione per abbracciare senza remore, nei metodi e nei contenuti, un sindacato che una piattaforma conflittuale ce l’aveva già.

E qui veniamo al tema (un sempreverde nella storia dell’USB) della democrazia interna. Nell’ultima tornata congressuale, l’assoluta mancanza perfino di spazi formali di democrazia si è imposta in tutta la sua imbarazzante evidenza. In quasi tutti i gradi di quel congresso si è assistito a relazioni iniziali e finali estremamente lunghe, a fronte di spazi molto ristretti concessi a lavoratori e delegati, con più di una manifestazione di imbarazzo e agitazione da parte della presidenza nei (rarissimi) casi di interventi critici o che tentassero di ricordare vanamente che i congressi si tengono anche per fare un bilancio del lavoro fatto, non unicamente per presentare documenti che, di fatto, per il regolamento congressuale è quasi impossibile emendare, riducendo il tutto ad una manifestazione di assenso acritica.

L’imposizione di una linea politica discussa ai vertici e rispetto alla quale gli organismi di base sono chiamati semplicemente a prendere atto, passa per un certo clima di “informalità” volto a promuovere l’idea che “si decide tutti insieme”, salvo poi marginalizzare delegati non allineati, fino all’epurazione in pubblica piazza come accaduto alla sottoscritta.

Non è questa la sede per approfondire una vicenda personale in merito alla quale ho già chiarito la mia posizione a chi di dovere, tuttavia, pur considerando la mia espulsione dal Coordinamento Confederale Provinciale di Roma soltanto l’ultima prova dei metodi antidemocratici utilizzati dai vertici dell’USB, credo sia utile spiegare brevemente l’accaduto, ritenendolo grave e inaccettabile.

Il giorno 18 marzo mi veniva letteralmente impedito da un dirigente, o forse sarebbe più appropriato dire monarca, della Federazione romana di partecipare all’attivo del Coordinamento Provinciale Confederale, organismo di cui faccio parte essendo stata eletta nel corso dell’ultimo congresso. Alla richiesta di spiegazioni mi veniva risposto che dovevo considerami decaduta dall’incarico, non avendo più partecipato agli attivi e alla vita dell’organizzazione. Accusa falsa come dimostra il fatto che la mia richiesta di inviarmi copia delle convocazioni degli attivi che avrei “disertato” è stata fatta cadere nel vuoto. Di fronte alle mie motivate rimostranze mi veniva gentilmente offerta la possibilità di “riallacciare le relazioni” a livello personale in una fase successiva, ma intanto mi veniva impedito di partecipare al dibattito, pur essendo un mio diritto insindacabile. Un atteggiamento che non era altro che un misto di orribile paternalismo e burocratismo. In tale circostanza è stato inutile ribadire che, dalla mia elezione nel Coordinamento Provinciale Confederale, avevo partecipato a tutti gli attivi regolarmente convocati, tranne uno, che non avevo ricevuto comunicazione di convocazioni ulteriori e che non mi era stata notificata alcuna comunicazione formale di decadimento per motivazioni comprovate.

Non ritengo necessario dilungarmi nei particolari, la goffaggine di questa operazione si commenta da sé.

Del resto l’estromissione forzata, non motivata formalmente, non discussa collettivamente e senza possibilità di contraddittorio non è altro che la punta di un immenso iceberg sommerso di delegati e militanti marginalizzati perché non allineati.

Il dato interessante di questa vicenda è la reazione scomposta e al di fuori di qualsivoglia statuto o regolamento, di una dirigenza in evidente crisi di strategia.

In una fase di ripresa della lotta di classe il fatto che un’organizzazione, invece di preoccuparsi di allargare le proprie fila e mettersi al servizio dei lavoratori contribuendo alla fase sul piano sindacale, organizzativo e politico, si sbracci in modo maldestro per blindare (ulteriormente) il dibattito è segno di profonda debolezza, nonché la prova definitiva del fatto che l’Unione Sindacale di Base non è né potrà essere un’organizzazione di massa e rischia seriamente di rimanere confinata, come in una triste farsa, in un recinto di inutile residualità.

È il prezzo che si paga quando, sul piano politico, si tenta la strada delle “scorciatoie” facili.

Negli anni della crisi, invece di spendersi in un paziente lavoro di costruzione capillare dell’organizzazione, raccogliendo il malcontento di migliaia di lavoratori, utilizzando i propri punti di forza e suoi delegati per costruire fronti di mobilitazione e sfidare l’apparato confederale, l’USB ha preferito lanciarsi in ogni tipo di strettoia politica, alla spasmodica ricerca di espedienti per ottenere visibilità, peso politico e per accreditarsi come interlocutore presso le istituzioni. Le prove generali di questo teatrino si sono tenute prima a Roma, con la giunta Raggi, e poi con il governo giallo-verde sul piano nazionale.

Ogni genere di espediente politico è stato sperimentato: la piattaforma Eurostop, l’esperienza di Potere Al Popolo, qualsiasi cosa pur di non scendere sull’unico terreno di intervento che a un sindacato, a maggior ragione se di classe, dovrebbe interessare: l’organizzazione dei lavoratori.

L’idea che si potesse utilizzare l’apparato sindacale per dare respiro ad un progetto politico sotteso è miseramente fallita. Non per incapacità dei dirigenti politici e sindacali di condurla a buon termine, ma semplicemente perché scorretta. Il sindacato non è un partito, può contribuire a politicizzare i lavoratori, ma mai può confondersi con esso. I compiti a cui un’organizzazione politica e un sindacato sono chiamati non sono i medesimi, non vanno confusi e soprattutto non si possono utilizzare i lavoratori come masse inermi per la creazione di consenso.

L’errore di questa impostazione emerge in tutta la sua tragicità in questa fase, in cui le condizioni oggettive per la ripresa della lotta di classe nel nostro paese e nel mondo si stanno rapidamente sviluppando e in cui chi si è autocondannato alla marginalità trarrà, almeno ce lo auguriamo, i corretti insegnamenti.

Con questa lettera mi rivolgo ai tanti delegati e lavoratori che in questi anni ho avuto modo di incrociare nel mio percorso, con i quali ho collaborato e che considero onesti politicamente, a loro intendo spiegare i motivi per i quali ritengo conclusa la mia esperienza nell’Unione Sindacale di Base nella speranza che condividano l’analisi e le conclusioni che ne traggo e che vogliano sottoscrivere il presente comunicato, per dare un segnale ad una dirigenza autoritaria e incapace di svolgere il suo ruolo di direzione di un sindacato di classe.

Arianna Mancini

02/04/2020

In qualità di delegati, iscritti ed ex iscritti dell’Unione Sindacale di Base esprimiamo solidarietà alla compagna Arianna per l’attacco che le è stato rivolto e, condividendo l’analisi politica generale espressa nel suo comunicato, lo sottoscriviamo.

  • Davide Toniutti – Iscritto ed ex delegato RSA USB appalti settore pulimento ASL Rm2

  • Francesco Meloni – RLS USB comparto sanità ASL Rm2

  • Federica Tassi – Ex delegata RSA USB appalti servizio di ausiliariato ASL Rm2

  • Elisa Rossi – Ex delegata RSA USB appalti servizio di ausiliariato ASL Rm2

  • Giuseppe Rosario Barberio – Ex delegato RSA USB appalti settore pulimento ASL Rm2

  • Monica Minelli – Ex delegata RSA USB appalti settore pulimento ASL Rm2

  • Claudio Goffi – Ex delegato RSA USB settore appalti pulimento RFI

  • Leonardo De Angelis – Delegato RSU USB Sistemi Informativi

  • Simona Berardi – Iscritta USB Comune di Milano

  • Vania Lucertini – Iscritta USB Coopfidi

  • Lorenzo Semeraro – Ex coordinatore provinciale e regionale metalmeccanici Puglia

 

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